In Olanda, con l’Ajax, Zlatan Ibrahimović ha vinto quattro titoli. In Italia il doppio, e nel computo è compreso il discusso campionato 2004/05 con la Juventus, poi revocato. In Spagna la lista è ferma a tre, due volte La Liga e una Supercoppa col Barcellona, mentre in Inghilterra ci sono una Coppa di Lega e una Community Shield allo United. A conti fatti è stato il suolo francese quello che a livello di club ha dato più soddisfazioni allo svedese, con dodici titoli quasi equamente divisi tra campionati e coppe. Così, in un contesto monopolizzato dai trofei nazionali, ci si dimentica di Zlatan nelle grandi occasioni: la Supercoppa Uefa e la Coppa del mondo per club nel 2009 li ha vinti a Barcellona, quando già l’ambiente a lui non era più congeniale, mentre l’Europa League del 2017 l’ha alzata Mourinho a Stoccolma ma senza Ibra titolare perché infortunato e armato di stampelle a bordocampo. Sembra che Zlatan abbia una sorta di maledizione pendente sul suo capo, infimo malocchio che gli impedisca di vincere da protagonista un qualche trofeo internazionale (ma non di finire sul dizionario).
In Svezia però, polemiche sulla sua esclusione nella rosa per il Mondiale a parte, Zlatan è comprensibilmente amato e adulato ad libitum. Miglior marcatore nella storia della nazionale gialloblù nonché sesto nella graduatoria per presenze, suona perfino normale che dal 2006 al 2016 abbia monopolizzato il Guldbollen, il Pallone d’oro che il quotidiano svedese Aftonbladet assegna a fine anno insieme alla Federcalcio al calciatore maggiormente messosi in mostra nella stagione. Ibra, che nel suo gigantesco palmarès ha pure un FIFA Puskás Award, vinse anche il prestigioso Jerringpriset, premio riservato al miglior sportivo svedese in ogni disciplina. Non un dettaglio trascurabile che solo in tre occasioni sia stato premiato il calcio e mai prima di Zlatan fosse stato tenuto in mano da un individuo unico. Nel 1982 lo vinse l’IFK Göteborg, autore del triplete campionato-Coppa di Svezia-Coppa Uefa, mentre nel 1994 lo Jerringpriset finì alla nazionale svedese classificatasi terza al Mondiale statunitense. Sulle mensole di casa Ibrahimović c’è però anche un disco d’oro, ed è l’onorificenza che c’entra meno col personaggio. Okay che Zlatan sia un vincente, faccia razzia di trofei e segni gol spettacolari (la rovesciata contro l’Inghilterra il 14 novembre 2012, all’inaugurazione della Friends Arena contro l’Inghilterra, gli valse un premio Puskás), ma siamo davvero sicuri che abbia una bella voce?
Nel gennaio 2014 la Volvo doveva ideare uno stratagemma efficace per presentare la nuova XC70, dunque pensò di chiedere allo svedese più iconico del nuovo millennio un’esibizione canora. Così Re Zlatan, Kung Zlatan lo chiamano a Stoccolma, entrò in una sala registrazioni e si fece riprendere intento a cantare l’inno svedese. A distanza di quattro anni la trovata pubblicitaria ha riscosso immediato successo: 6,8 milioni di views su YouTube, un eco mediatico clamoroso e la rivisitazione di “Du Gamla, Du Fria” issatasi al top delle charts svedesi. Tra le peculiarità del video, oltre ai tradizionali paesaggi scandinavi ritraenti strade innevate e distese interminabili di conifere, ecco anche Ibra con la maglia della nazionale, alternato a sketch in auto e scene di caccia. In breve tempo è divenuto l’inno più ascoltato nella storia, e non solo quella della tradizione svedese. Dulcis in fundo, a premiare la strategia di marketing della Volvo sono arrivate le guld-och platinacertifikat, attestazioni che celebrano rispettivamente le 10mila e 20mila copie vendute, sia in formato fisico che digitale. Un successone, indissolubilmente firmato Zlatan.
Tra l’altro Ibra ha raccontato di aver fatto ascoltare la canzone in anteprima all’amico Maxwell, col quale s’è instaurato un rapporto di forte amicizia, e sebbene il brasiliano non avesse ovviamente compreso il significato del testo fu comunque colpito dall’esecuzione canora: “Gli ho detto di sentire la musica e basta, senza concentrarsi sulle parole. Mentre stava ascoltando s’è emozionato, perché ho visto che gli si drizzavano i peli”. Non sono mancate le polemiche, un po’ perché l’inno in questione non è formalmente riconosciuto dalla costituzione, un po’ perché Zlatan non rappresenta il prototipo di cittadino svedese per eccellenza. Tutte frasi cui Ibra non ha mancato di rispondere, naturalmente a modo suo: “Mio padre viene dalla Bosnia ed è musulmano, mia madre è croata ed è cattolica. Non parlo uno svedese perfetto, ma sono nato qui e sono un cittadino svedese, questo non si può cambiare”. Non è piaciuta però a tutti l’ultima frase proferita da Zlatan, forse rinvigorito dall’affermazione del proprio ego: “Questo nuovo inno nazionale è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno, il vecchio era noioso, spero che questo diventi quello nuovo”. Sì, forse ha esagerato stavolta.
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