Nel nord della Germania per quanto riguarda il calcio in questi giorni sembra tutto davvero questione di tempo. C’è chi il tempo lo ha fermato dopo quasi 55 anni, l’Amburgo, e chi qualche chilometro più a nord lo vede(va) scorrere inesorabilmente aspettando il proprio momento, la propria occasione per tornare in alto. Perché l’Holstein Kiel in alto ci è già stato, ma prima della fondazione della Bundesliga nel 1963. Quando però si è deciso per il girone unico nazionale togliendo le Oberliga regionali, è precipitato in Zweite, poi in terza divisione, fino a toccare addirittura la quarta, fuori dal professionismo.
Cinquantacinque anni di serie minori, da cancellare in 180 minuti speciali: quelli del playout per l’accesso alla Bundesliga, da disputare contro il Wolfsburg. A cui l’Holstein Kiel si è guadagnato l’accesso con una stagione sorprendente, chiusa al terzo posto in 2.Bundesliga. Da neopromossa.
L’obiettivo doppio salto in avanti è maturato già da inizio campionato. Die Störche (letteralmente “le cicogne”) hanno vissuto una partenza razzo con nove vittorie nelle prime 13 uscite, trovandosi presto in testa al campionato, oltre ogni aspettativa. Le seguenti difficoltà hanno portato Fortuna Düsseldorf e Norimberga, squadre decisamente più attrezzate, ad avanzare e fuggire verso la promozione diretta. Ma l’Holstein Kiel ha tenuto il terzo posto saldo tra le mani, nonostante abbia raccolto nelle successive 21 partite soltanto 27 punti, contro i 29 presi nelle prime 13.
La squadra è costruita su solidissime certezze, con un undici quasi intoccabile che è diventato una specie di mantra. Kronholm, Herrman, Czichos, Schmidt, van den Bergh, Kinsombi, Schindler, Mühling, Drexler, Lewerenz, Ducksch. Con il veterano Peitz primo e vero unico cambio. Dodici giocatori con almeno 1600 minuti di impiego, con tutto il resto della rosa sotto i 900. E il nucleo centrale ha una particolarità: è costato zero, tra prestiti e svincolati.
L’uomo più in vista è sicuramente il centravanti Marvin Ducksch, prodotto del Borussia Dortmund il cui cartellino appartiene al St. Pauli. Arrivato a Kiel in prestito, ha chiuso il campionato con un totale di 18 gol (capocannoniere) e 11 assist all’attivo. Condivide quest’ultimo primato stagionale con Dominick Drexler, il fantasista della squadra, che ha messo a segno anche 12 reti, così come il giovane Kingsley Schindler, ala destra di origini ghaniane.
Non è un caso se l’attacco dell’Holstein Kiel è stato il migliore della 2.Bundesliga con 71 reti, oltre due di media a partita. Merito anche delle idee del 43enne tecnico Markus Anfang, ex centrocampista che ha preso in mano la squadra nell’estate 2016. E, comunque vada il playout, la lascerà perché già promesso sposo del Colonia, la squadra della sua città.
Nonostante sia una squadra apparentemente sconosciuta, l’Holstein Kiel è stata ai vertici del calcio tedesco nei primi anni del ‘900. In bacheca vanta un solo trofeo, un campionato vinto nel 1912, quando batté in finale il Karlsruher per 1-0. Due volte ha perso la finale (1910 e 1930) e nel 1941 è arrivata fino alla semifinale di DFB-Pokal, prima di essere eliminata dallo Schalke 04 con un rotondo 6-0.
Dopo il Terzo Reich, la squadra è riuscita a rimanere ai vertici del calcio tedesco, nella Oberliga Nord. Non ha più rivinto il campionato, ma è rimasta una presenza costante nella massima divisione della sua regione. La creazione della Bundesliga nel 1963 l’ha costretta a prendere parte al campionato di seconda divisione, essendosi classificata quinta nella Oberliga Nord 1962/63. Da lì l’Holstein Kiel ha vissuto un declino che sembrava inarrestabile, arrivando anche a uscire dal professionismo. Dal 1996 ad oggi ha giocato otto stagioni di Regionalliga, la quarta divisione del calcio tedesco. Dall’ultima si è però ripresa al meglio. E ora è a soli 180 minuti da una storica prima volta.
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