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O Dio era in vacanza, oppure dormiva

Agli Europei del 2004 in Portogallo, il denaro servirà a poco: per la prima volta la Grecia vince una grande competizione internazionale. Merito di un allenatore straniero, il tedesco Otto Rehhagel, e di un gruppo di giocatori di cui la maggior parte proveniente dal Panathinaikos.
Nel 2004, Dio, o era in vacanza oppure dormiva. E’ il più grande miracolo da quando gli inglesi hanno inventato il calcio nel 19° secolo. La Grecia batte la Francia, la Francia campione d’Europa. Ci stropicciavamo gli occhi, dicevamo “non è possibile”. Vedevamo Zagorakis giocare come Zidane, non era possibile. Eppure…” [Menios Sakellaropoulos, giornalista]
“A dire il vero è col passare degli anni che comincio a capire l’eccezionalità di quel che abbiamo fatto. All’inizio siamo partiti per giocare un torneo come tanti altri, solo col tempo abbiamo capito l’importanza della nostra impresa” [Giourkas Seitaridis, ex difensore]
Un mese dopo la vittoria agli Europei, Atene ospita le Olimpiadi. Per lo sport greco il 2004 è un anno di successi, uno stadio olimpico ristrutturato, più di 15 miliardi di euro spesi in infrastrutture. E’ un tripudio, il paese prevede grandi cose per il futuro.
“L’immagine della Grecia era quella di un paese in ascesa, dove tutto riusciva al meglio e dove tutto era organizzato. C’era ottimismo ovunque, la gente era felice, ma dopo quei lieti eventi ci siamo svegliati bruscamente da quel sogno” [Ntalis Sotiris, storico]
Tra il 2008 e il 2010, la Grecia diventa il paese simbolo della crisi economica mondiale.

Non c’era ancora il Leicester nel 2004 quando un gruppetto di calciatori neppur troppo bravi tecnicamente riuscì in una Favola, con la f maiuscola. Eppure avevano lo stesso colore, il blu (pur se mischiato col bianco), e condividevano pure la stessa grinta. Tredici anni fa, nella finale di Lisbona, fu scritta una delle pagine certamente più iconiche del calcio mondiale nonché una milestone di quello ellenico. Un miracolo operaio, un amalgama di orgoglio e motivazione, la bellissima storia di un paese che già dall’inizio aveva fatto capire come sarebbero andate le cose. Il 12 giugno 2004 è stato come il 4 luglio 2004: sempre Grecia e Portogallo, sempre vittoria ellenica. Per 2-1, questa volta, in uno scontro più ideologico che futbolistico: la concretezza ellenica contro la marea di fantasisti e mezzepunte lusitane (Figo, Ronaldo e Rui Costa eh!). Karagounis in contropiede e Basinas dal dischetto firmarono l’inizio di un campionato europeo che sarebbe passato alla storia come un trionfo ενάντια σε όλα τα προγνωστικά, ovvero contro ogni previsione.

Il cammino –  La seconda partita del girone è un saggio di italianissimo contropiede e ripartenza: al cospetto della Real Spagna di Fernando Morientes (in gol al 28′) però si presenta una vera e propria nave pirata, Το Πειρατικό, che viene colpita dalle cannonate iberiche ma mai affonda. Anzi, risponde incredibilmente al fuoco nemico con un lancio lungo che, parendo destinato nel vuoto, arriva a Charisteas con la complicità evidente di Helguera. Il resto è poesia, è storia, è un implacabile sinistro del numero 9: poi fino alla fine la Grecia si arroccherà dietro, costruendo un fortino paragonabile a quello che circondava Ilio ma solo per dimensioni (quanto a durata, beh, si arriverà al fischio finale senza variazioni di risultato). L’ultimo ostacolo si chiamava Russia ed era sulla carta il più semplice del girone: siccome però questo Europeo procedeva al contrario, paradossalmente la Grecia ne uscì sconfitta. Dopo 2′ una topica di Katsouranis consentì la rete russa, al 17′ ecco il raddoppio, infine al 43′ una zuccata dell’ariete della Fiorentina Vryzas aveva accorciato le distanze. Il 2-1 finale avrebbe eliminato la Grecia, eppure la differenza reti accorse in aiuto e fornì il pass dei quarti di finale alla nazionale ellenica: ad uscire, la Spagna. Qui, contro la Francia, fu decisivo Charisteas (sempre di testa) su cross di Zagorakis: bastò e avanzò per eliminare i campioni in carica, non ovviamente senza una stoica resistenza fino al triplice fischio. Una partita perfetta, dinanzi ai Zidane, agli Henry, ai Pires e ai Trezeguet. Atene, in festa, già immaginava la semifinale in cui l’avversaria sarebbe stata la Repubblica Ceca. Come al solito la Grecia è un riccio, si chiude, poi la buona sorte ci mette del proprio e costringe Nedved ad uscire causa infortunio. La strada sembra spianata, ma fino al 90′ niente gol. Si va oltre, supplementari: a differenza di Euro2000 (in cui valeva il golden goal, Tregezuet docet) adesso la partita può finire anche dopo il primo tempo extratime se qualcuno riesce a segnare. E puntualmente accade così, all’ultimo minuto utile. E’ il 115′ e Traianos Dellas svetta su tutti e spedisce in porta il delizioso pallone calciato da Karagounis su corner. Non può nulla Cech, Collina invece può e fischia la fine, la finale contro il Portogallo è lì ad un passo.

Traianos Dellas, aka la classe operaia al comando.

Ultimo atto – Meglio una lunga vita ma ordinaria oppure un’esistenza breve ma ricca di fama? Achille scelse la seconda e sappiamo tutti come andò. Otto Rehhagel, invece, è riuscito sia ad ottener la botte piena che la moglie ubriaca: la sua Grecia arriverà in fondo e, non paga di un cammino mitico, riuscirà a sconfiggere i favoriti padroni di casa. Come all’esordio, il Portogallo nutre di una cornice di pubblico naturalmente immensa (anche se pare che vi fossero 18mila greci a Lisbona) e da Atene già pensano a come consolarsi. Bello esser arrivati fin qui, non sempre si vince, specie quanto la bilancia del tasso tecnico in campo parteggia tutta per gli avversari. Già ai tempi delle Olimpiadi c’erano menzioni per i perdenti, perché il sacro vincolo dello sport doveva comunque onorare gli sconfitti. Alla fine, però, nulla di tutto questo: sempre 4-4-2 compattissimo,  sempre ripartenze, palla lunga e sperare nel miracolo, e che mai nessuno attenti ai pali di Nikopolidis. Il Portogallo attacca, ma al 57′ viene punito: corner di Basinas, solito colpo di testa di Angelos Charisteas e Grecia in vantaggio nella notte di Lisbona. Scolari è nel panico, ad Atene comincia il putiferio più infernale, saranno i 30′ più lunghi della storia calcistica greca. Fortunatamente non succede nulla fino al triplice fischio catartico. La Grecia era campione d’Europa, la Grecia era in cima all’Olimpo del calcio europeo.

Rehhagel sul trono – Alla fine, re Otto (così lo chiamavano in Grecia) è stato il primo tecnico “straniero” a vincere un Europeo. Le sue parole dopo il trionfo sono ancora lì, impresse nella storia e incancellabili dall’immaginario popolare: «E’ un momento fantastico, complimenti a chi ha lavorato con me, non è stato facile. Era già un successo la qualificazione, poi abbiamo vinto con il Portogallo e, partita dopo partita, siamo arrivati fin qui. Ormai le differenza tra grandi e piccole squadre non ci sono più. Anche la Corea del Nord ha battuto l’Italia nel 1966, le sorprese ci sono state sempre nel calcio». C’è un bellissimo editoriale, di Beppe Severgnini, che racconta la serata meglio di come io non potrei mai fare, lo trovate qui. Inutile dire altro, la Grecia era nella storia. Grazie al nostro catenaccio, poi. Paradossale, vero?

Capitano, mio capitano…

Epitaffio – Sarebbe troppo semplice parlare della supremazia del gruppo sui singoli, del ritorno alla mentalità catenacciara a discapito del possesso palla, dell’elogio a reti occasionalmente trovare piuttosto che trame pazientemente costruite. Non importa come si arriva all’obiettivo, l’importante è vincere. Andatelo a ricordare al misterioso scommettitore che intascò mezzo milione di euro (332.625 sterline) dopo aver puntato sulla nazionale ellenica.

Il cammino
Girone, 12 giugno 2004, Oporto: Portogallo-Grecia 1-2 (C. Ronaldo 90′ – 7′ Karagounis, 51′ rig. Basinas)
Girone, 16 giugno 2004, Oporto: Grecia-Spagna 1-1 (66′ Charisteas – 28′ Morientes)
Girone, 20 giugno 2004, Faro: Russia-Grecia 2-1 (2′ Kiričenko, 17′ Bulykin – 43′ Vryzas)
Quarti di finale, 25 giugno 2004, Lisbona: Francia-Grecia 0-1 (65′ Charisteas)
Semifinale, 1 luglio 2004, Oporto: Grecia-Repubblica Ceca 1-0 (105′ Dellas)
Finale, 4 luglio 2004, Lisbona: Portogallo-Grecia 0-1 (57′ Charisteas)

La rosa
1  P Antōnīs Nikopolidīs           13 gennaio 1971          Panathinaikos
2 D Yourkas Seitaridis                4 giugno 1981             Panathinaikos
3 D Stylianos Venetidis             19 novembre 1976       Olympiakos
4 D Nikos Dabizas                        3 agosto 1973             Leicester City
5 D Traianos Dellas                     31 gennaio 1976          Roma
6 C Angelos Basinas                     3 gennaio 1976          Panathinaikos
7 C Theodoros Zagorakis           27 ottobre 1971            AEK Atene
8 C Stelios Giannakopoulos      12 luglio 1974              Bolton Wanderers
9 A Angelos Charisteas               9 febbraio 1980          Werder Brema
10 C Vassilis Tsiartas                12 novembre 1972        AEK Atene
11 A Demis Nikolaidis               17 settembre 1973        Atlético Madrid
12 P Konstantinos Chalkias       30 maggio 1974          Panathinaikos
13 P Fanis Katergiannakis         16 febbraio 1974          Olympiakos
14 D Takis Fyssas                          12 giugno 1973          Benfica
15 A Zisis Vryzas                          9 novembre 1973        Fiorentina
16 C Pantelis Kafes                        24 giugno 1978          Olympiakos
17 C Giorgios Georgiadis             8 marzo 1972              Olympiakos
18 D Yannis Goumas                  24 maggio 1975            Panathinaikos
19 D Michalis Kapsis                   18 ottobre 1973            AEK Atene
20 C Giorgos Karagounis             6 marzo 1977              Internazionale
21 C Kostas Katsouranis               26 giugno 1979          AEK Atene
22 A Dimitrios Papadopoulos    20 settembre 1981      Panathinaikos
23 C Vasilīs Lakīs                          10 settembre 1976      AEK Atene

Matteo Albanese

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