La sera di martedì 11 giugno scorso, all’OAKA di Atene, una sconfitta casalinga della Grecia contro l’Armenia (2-3) costò di fatto la panchina al ct Angelos Anastasiadis. «O noi o lui» disse senza mezzi termini il capitano, Sokratis Papastathopoulos, affiancato da Kostas Manolas. I due difensori, primatisti di presenze in nazionale, chiesero un chiaro segnale dal presidente della Federcalcio, Evangelos Grammenos, che avrebbe dovuto licenziare il ct o rinunciare alla loro presenza nelle successive gare. Ai due si aggiunse un terzo volto noto al calcio italiano, Vasilis Torosidis, non convocato a causa di diverbi proprio con Anastasiadis risalenti alla primavera 2018.
Anastasiadis era salito in carica nell’ottobre 2018, rilevando il posto del tedesco Michael Skibbe, ponendo fine a una lunga tradizione di tecnici stranieri. L’ultimo cittadino greco ct fu Vasilis Daniil tra 1999 e 2001, prima cioè che un altro tedesco – Otto Rehhagel – s’insediasse preparando la trionfale campagna di conquista a Euro2004. Detto questo, la virata su Anastasiadis non era tanto dettata dall’esperienza dell’ex allenatore di PAOK, Iraklis, Panathinaikos e Larissa, già ct peraltro della nazionale cipriota, quanto dalla volontà del presidente della Federcalcio greca, Evangelos Grammenos, di lanciare un segnale. Un segnale di cambiamento, di ritorno alle origini: «Abbiamo assunto un allenatore greco affinché impianti disciplina, impegno e orgoglio nazionale. Abbiamo deciso che proprio un greco sarebbe dovuto diventare il prossimo ct e avrebbe dovuto possedere queste qualità».
Il problema all’origine, dunque nel 2001, era esattamente l’opposto: in un clima di forte competitività, le quattro big del calcio ellenico – Olympiakos, Panathinaikos, AEK e PAOK – primeggiavano una sull’altra per numero di convocati. La Federcalcio ateniese assunse un tedesco (Rehhagel, per l’appunto) per servirsi di una figura super partes, evitando a un greco l’incombenza di convocazioni sulla graticola. Dell’esperienza di Euro2004, peraltro, inizialmente Grammenos conservava memoria dando il benvenuto ad Anastasiadis: «Voglio ringraziare Michael Skibbe e verrà discussa l’introduzione di elementi quali Giorgos Karagounis e Angelos Charisteas nello staff tecnico».
La sconfitta contro l’Armenia, arrivata a tre giorni dallo 0-3 subito contro l’Italia, con un disonorevole 60° posto occupato nel ranking FIFA (peggior posizionamento dal 1992, dietro peraltro a Giamaica, Congo, Scozia e Mali) fece balzare nomi plausibili per la panchina (Marinos Ouzounidis) e la linea ufficiosamente varata fu quella di riportare lo spirito di Euro 2004 in nazionale. Si parlò di Traianos Dellas nelle vesti di traghettatore a interim, ma non se ne fece nulla e il 26 luglio scorso gli ultimi due reduci della gestione Anastasiadis lasciarono il loro posto: Stelios Giannakopoulos e Angelos Basinas, non confermati da John van’t Schip, sarebbero però stati sostituiti da Takis Fyssas (che nel 2008, dopo il ritiro, entrò nello staff di Rehhagel prima e Fernando Santos poi partecipando attivamente alle qualificazioni ai Mondiali 2010 e 2014).
Lo spirito di Euro2004 manca, eppure i collaboratori tecnici reduci di allora furono licenziati. La mancanza di coerenza stupì la stampa greca, tanto che Angelos Charisteas – autore del gol decisivo in finale col Portogallo – s’è nel frattempo accasato all’Aris come ds. Di Dellas non s’è saputo nulla, Theodoros Zagorakis ha continuato la sua carriera da europarlamentare in mancanza di offerte, Nikos Dabizas ha accettato la corte del Panathinaikos alla ricerca di un ds. Il solo Fyssas è stato assunto come ds ma al momento i suoi compiti paiono esclusivamente motivazionali. Presentatosi in conferenza stampa, ha parlato di un’esigenza di «ricostruire la nazionale per qualificarsi a Euro2020», ma quando gli è stato fatto notare che l’obiettivo sia pressoché irraggiungibile, l’ex Benfica ha corretto il tiro: «I giocatori devono sentire la passione, dedicarsi completamente alla nazionale con spirito di squadra, mettendo da parte l’ego. Servono regole, perché la sensazione di rappresentare questo paese è unica».
L’eccezione che conferma la regola è Fanis Katergiannakis, campione d’Europa 2004 inizialmente dirottato all’Under21 ma promosso subito nello staff della nazionale maggiore. Una nazionale allo sbando, che nei 24 mesi di presidenza Grammenos ha cambiato tre tecnici. Una nazionale esautorata, che nessuno stadio vuole ospitare a maggior ragione dopo il disonorevole pari con un Liechtenstein che non faceva punti in gare ufficiali dal luglio 2015 (pari con la Moldavia). E se l’era van’t Schip s’è aperta col diverbio di Papastathopoulos, lo stesso che nel 2014 rischiò di rimandar le sue nozze segnando nell’extratime a Costa Rica, c’è un elemento finale di totale confusione: proprio Sokratis, insieme a Kostas Manolas, Vasilis Torosidis, Andreas Samaris e Kostas Mitroglou, è stato escluso dai convocati.
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