Il talento brasiliano con il nome di un grande argentino: Gabriel Veron, il cowboy nato col pallone nel segno della Brujita. Suo padre, mandriano del nordest del Paese, scelse di chiamare il figlio come uno dei suoi grandi idoli calcistici, nonostante fosse argentino.
Juan Sebastián Verón d’altronde nel 2002, anno di nascita del giovane Gabriel, era già al suo secondo Mondiale, affermato come uno dei migliori centrocampisti al mondo.
Gabriel Veron fa tutt’altro ruolo in campo, ma mostra un talento che promette anche di poter raggiungere quello fantastico dell’ex Lazio leggenda dell’Estudiantes: non inventa passaggi e aperture, ma dribbling e accelerazioni da incanto. È una delle due grandi eredità della sua carriera, quella onomastica, che si contrappone a quella tecnica, in un Palmeiras che ha dovuto rinunciare a uno dei suoi grandi idoli, Dudu, destinato all’Al Duhail, la squadra dove ha giocato Mandzukic in Qatar.
Dudu ha rappresentato l’eccellenza tecnica del Palmeiras di questi anni, un talento incredibilmente non consacrato nel calcio europeo dal grandissimo valore che però non ha voluto scegliere di giocarsi le sue carte nel calcio che conta. Le speranze del Verdão sono dunque riposte in questo altro eccellente talento, uno degli esponenti principali della nuova generazione di fantasisti brasiliani, che vanta nomi dal grande futuro come Kaio Jorge, Pedrinho e Antony.
Gabriel Veron è un’ala a tutti gli effetti: destro di piede ma sa partire benissimo anche da sinistra, visto che con il suo cambio di passo riesce a fare fuori spesso gli avversari. Grande controllo di palla, soprattutto in corsa, ama i dribbling e le giocate a eludere la marcatura, insomma il brasiliano tipo. Il potenziale per diventare un grande c’è tutto, ma bisogna vedere come riuscirà a imporsi in una prima squadra che avrà fortemente bisogno di lui.
A consacrarlo è stato l’ultimo Mondiale Under 17 dove è stato eletto miglior giocatore del torneo. Come se non c’entrasse nulla con i suoi coetanei e fosse già pronto per giocare in mezzo ai grandi, dove però deve fare ancora esperienza: in prima squadra ha giocato solamente tre volte nello scorso Brasileirão, pur trovando una doppietta contro il Goiás che ha subito illuminato la sua stella.
Tra il finale del Paulistão e l’inizio del nuovo campionato nazionale dovrà far vedere di essere effettivamente una potenziale risorsa anche per la nazionale olimpica, che abbonda di calciatori di enorme talento e che potrà contare fino ai 23enni. Lui, classe 2002 ancora minorenne per qualche settimana, ora è uno degli osservati speciali di tutto il movimento verdeoro.
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