“Guardalo lì Frank De Boer come dirige la squadra, è proprio un allenatore in campo”. Quante volte si è sentito dire frasi del genere l’ex capitano di Olanda e Ajax? Praticamente da sempre, fin da quando nel 1995 alzava al cielo di Vienna l’ultima Champions League di una squadra olandese. E la stoffa del grande allenatore l’ha sempre dimostrata. Difensore o mediano all’occorrenza, elegante come pochi se ne siano visti in quel ruolo e capace pure di tirare calci piazzati. Vero condottiero e vero capitano, cosa si poteva chiedere di meglio?
Forse è stata questa pressione fin da giovane a far avere a De Boer deliri di onnipotenza già dai suoi primi anni da uomo della panchina. È vero che sono arrivati vari titoli in Eredivisie, ma in Europa i suoi lancieri hanno raccolto le briciole e troppe figuracce. Nessuno chiedeva titoli continentali o grandi piazzamenti, anche se a dirla tutta al primo anno lontano da Amsterdam l’Ajax è andato in Finale di Europa League, ma nemmeno eliminazioni contro Spartak Mosca, Dnipro, Steaua Bucarest o Red Bull Salisburgo. E contro gli austriaci ha toccato uno dei suoi punti più bassi perdendo 3-1 in trasferta e 0-3 all’Amsterdam Arena.
Nonostante i pessimi risultati europei, vuoi per il suo nome blasonato, vuoi che in quegli anni l’Ajax ha vita facile in Eredivisie causa il difficile momento del calcio olandese, il nome di De Boer prende quota e viene stuzzicato dal Liverpool e più volte dall’Inter di Thohir. Ma proprio da quando inizia a essere osservato da vicino che inizia a sbagliare tutto. Due titoli persi, clamoroso l’ultimo ormai già vinto, ed eliminazione ai gironi di Europa League per mano dei modesti norvegesi del Molde fanno si che i biancorossi di Amsterdam lo lascino senza lavoro. La stagione 2016-17 di De Boer inizia senza squadra, ma con quel Thohir che vuole lasciare l’Inter con un ultimo acuto. Allora, a due settimane dall’inizio del campionato, via Mancini e dentro l’olandese. Mai azione fu più sbagliata.
Che l’Italia non gli portasse benissimo se ne era accorto già a Euro 2000 quando Francesco Toldo gli parò ben due rigori e contribuì all’eliminazione in semifinale della sua Olanda, ma il peggio doveva ancora arrivare. Catapultato in una situazione difficile, in un campionato e con una lingua che non conosce l’allenatore di Hoorn va nel pallone più totale. Ridà spazio a Santon, Ranocchia che erano ai margini del progetto, lancia con insistenza Gnoukouri e Miangue palesemente non all’altezza e ha un pessimo rapporto con Ivan Perisic che parte quasi sempre dalla panchina preferendogli Eder. Sinonimo della totale confusione di De Boer saranno le parole di Erkin, mandato in fretta e furia al Besiktas, dopo qualche mese:”Per 3-4 giorni non mi ha parlato per poi dirmi che non rientravo nel progetto e di cercarmi un’altra squadra”. Il terzino turco, per sua fortuna, una sistemazione l’ha trovata, ma questo discorso non fu fatto solo a lui. Il problema è che l’Inter non riesce a cedere altre pedine e tutti quei calciatori su cui De Boer non conta più hanno ricevuto lo stesso trattamento. Si può costruire un gruppo così? Si può costruire una squadra così? L’unico suo acuto è la grande vittoria a San Siro contro la Juventus, circondata da prestazioni tra il ridicolo e il patetico. L’ultima sua partita è a Marassi, dove la Sampdoria batte 1-0 i nerazzurri, e a fine gara dal settore ospiti partono cori del tipo “Non perdiamo fino a giovedì” (cosa che in effetti accadrà in quel di Southampton). Molti interisti son rimasti conquistati da questo olandese che, sarà un signore, sarà una bravissima persona, ma ha dimostrato limiti tattici enormi e soprattutto ha dimostrato poca propensione a rimediare ai propri errori.
Ed ecco ora, a meno di un anno di distanza, le quattro sconfitte su quattro sulla panchina di una squadra, il Crystal Palace, che ha speso quasi 40 milioni di euro per accontentare il suo mister. Se la sconfitta ad Anfield è accettabile, gli zero punti contro Huddersfield, Swansea (entrambe in casa) e Burnley non lo possono essere. Non ci è dato sapere se avrà altre opportuunità in campionati di primo livello, ma ormai una cosa è certa, Frank De Boer rientra in quella lunghissima lista che va da Marco Van Basten a Diego Armando Maradona, da Luis Suarez a Gianfranco Zola che dimostra che essere grandi calciatori e grandi uomini squadra non basta per essere un grande allenatore.
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