Exeter City, un nome che segna un pezzo di storia: una storia di Inghilterra e Sudamerica, l’inizio di una leggenda destinata a durare nel mondo del calcio ancora oggi.
È il lontano luglio del 1914, il mondo sente l’odore della guerra nell’aria, le varie potenze si stanno schierando per un conflitto che segnerà un’epoca ma nel frattempo l’uomo si è innamorato del gioco del calcio e i palloni rimbalzano in tutto il mondo.
C’è spazio per una storia di calcio, e che storia di calcio, anche in questo contesto. Lo sport del secolo è arrivato in Brasile: i palloni li ha portati tale Charles William Miller, brasiliano paulista figlio di un ingegnere scozzese che nel suo oscillare tra una sponda e l’altra dell’Atlantico ha portato da Southampton a San Paolo il gioco del football.
Il Brasile però è tutt’altro che unito e tra paulisti e carioca ancora c’è poca comunicazione. A Rio il calcio lo porta un altro anglo-brasiliano giramondo, si chiama Oscar Alfredo Cox e fonderà la prima squadra della città del calcio, il Fluminense.
Siamo sotto il governo Hermes Rodrigo da Fonseca: il Brasile è in stato d’assedio, i disordini sociali sono tanti e il regime repubblicano oligarchico, che ha poca simpatia nella politica “latte e caffè” di paulistas e mineiros, tende a sospingere la città di Rio.
Da Fonseca capisce che il calcio è un ottimo strumento per arrivare al popolo e spinge la federazione a mettere in piedi una vera e propria nazionale brasiliana basata sul grande Fluminense di allora più altri giocatori provenienti dalle migliori squadre di San Paolo (paulisti e carioca non giocheranno più insieme fino al Mondiale italiano del 1934).
Come detto siamo nel luglio 1914. Dovrebbe essere inverno ma a Rio l’estate ti dà la sensazione di non passare mai. La nazionale brasiliana è pronta a giocare la prima partita storica della sua vita: siamo all’Estádio das Laranjeiras, lo stadio delle arance, primo storico impianto calcistico e allora casa del Fluminense (oggi è l’impianto per le giovanili del Flu) dove il Brasile non perderà mai (“Aqui o Brasil jamais perdeu” è la scritta ricorrente in questo stadio).
E chi sono gli avversari del Brasile nella prima partita della storia della nazionale? Exeter City. Squadra del sud dell’Inghilterra, nella contea del Devon da dove era facile salpare con le navi per attraversare l’Oceano, era il club invitato dal presidente per una sorta di dimostrazione calcistica dai maestri del football, gli inglesi.
Il Brasile era convinto di trovarsi davanti una squadra avanti anni luce nell’interpretazione del gioco ma in quell’afoso pomeriggio carioca si capì che il calcio era già alegria do povo ed era un monomero fondamentale del DNA brasiliano.
Brasile in completo bianco, colore che terrà fino al tragico pomeriggio del Maracanazo; Exeter in consueta maglia a strisce biancorosse. In 3.000 assistono al trionfo della nazionale brasiliana firmato dalle reti di Oswaldo Gomes e Osman sullo sfondo di una raffinatissima città che rappresenta sempre al meglio le infinite contraddizioni del paese.
La squadra inglese torna ad Exeter inconscia di aver affrontato per la prima volta la nazionale che diverrà padrona del gioco e che cucirà ben cinque stelle sopra il suo stemma.
I Graecians (soprannome dalla discusse origini) rimangono una piccolissima identità del calcio inglese, squadra di quarta divisione con poche sterline da parte ma una bellissima storia di calcio da raccontare. Hanno una sentitissima rivalità con un’altra squadra portuale del sud, il Plymouth, club della città da dove partì la leggendaria Mayflower con i padri pellegrini.
Oggi ad Exeter si gioca un’altra partita che può fare la storia: non c’è il Brasile ma un terzo turno di FA Cup contro il Liverpool e nella coppa delle sorprese c’è sicuramente spazio per un’altra bellissima storia di calcio.
Il Brasile ieri, il Liverpool oggi: Exeter, una storia di Inghilterra e Sudamerica destinata ad essere sempre a stretto contatto con la leggenda.
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