L’Italia si gioca il passaggio agli ottavi di finale contro la Svizzera in una condizione nuova, da sfavorita: la nazionale elvetica non ha la meglio sugli azzurri dal secolo scorso. Era il primo maggio del 1993 quando la squadra di Arrigo Sacchi perse 1-0. Allora, erano qualificazioni ai mondiali (quelli del 1994) e la situazione era rimediabile. Questa è una sfida senza un domani che, almeno sulla carta, sorride alla nazionale di Murat Yakin.
Forse, anche senza forse considerando gli ultimi risultati in campo internazionale è la Svizzera più forte di sempre. Murat Yakin non è l’artefice di un miracolo sportivo ma un CT in grado di valorizzare un gruppo che ha un gioco molto moderno, fatto di compiti più che di moduli. Obiettivo di Yakin è occupare spazi di campo lasciandone vuoti altri da riempire con inserimenti senza palla. L’idea di base invece è di controllare la gara, ma senza il possesso esasperato del pallone, piuttosto inaridendo le fonti di gioco avversario per provare a sorprenderlo. Difesa a tre che diventa a cinque con Xhaka a fungere da metronomo in mezzo al campo. Sugli esterni, occhio ad Aebischer, che nelle prime partite si è più comportato da regista aggiunto. Sebbene dirottato sulla fascia con licenza di accentrarsi e fungere da centrocampista aggiunto come l’altra vecchia conoscenza del calcio italiano Ricardo Rodriguez.
Il centrocampo azzurro non vivrà un pomeriggio semplice, dovendo leggere e contenere le iniziative di Freuler e Schar, abili a trovare soluzioni nel traffico, favoriti anche dal movimento del trio offensivo che torna indietro per cercare di creare il famoso spazio da riempire. La ricetta per arginarli? Pressing alto ed evitare che Jorginho sia preso in mezzo. Se deve far correre il pallone, è ancora un top. Se deve rincorrere gli avversari, come ha insegnato la sfida con la Spagna, va in difficoltà. L’Italia, almeno quella vista finora, non ha la forza né la presenza fisica per riuscire a tenere una intensità tale per tutti i 90’ (o anche 120’ di gioco) ma ha gli uomini che possono mettere a nudo i difetti di una squadra che soffre l’essere attaccata alle spalle dei due esterni alti e a volte non legge quando e come coprire campo alle spalle. Anche i due centrali soffrono il gioco aereo e i cross lunghi sul secondo palo. Insomma, i punti deboli, esattamente come i pregi, sono leggibili. Se l’Italia fa l’Italia, può farcela.
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