Qualche mese fa vi avevamo raccontato di come Takis Lemonis fosse riuscito a tener fede a una promessa che pareva molto difficile da mantenere (in questo pezzo). Trascorse però le feste natalizie, e con esse pure il capodanno, in pochi avrebbero potuto immaginare che la dirigenza della società biancorossa avrebbe optato per un cambio alla conduzione tecnica dell’Olympiakos. E invece è avvenuto il 4 gennaio, senza che Lemonis abbia potuto festeggiare l’Epifania al comando di una squadra che aveva sensibilmente risollevato dopo la cupa gestione Hasi. Non è bastato l’incredibile rimonta sull’AEK primo in classifica per far restare il 57enne di Kolonos sulla panchina del Θρύλος. Così, giovedì 4 gennaio, un breve comunicato annunciava “L’Olympiakos annuncia la cessazione della sua cooperazione con l’allenatore Takis Lemonis” spiegando come il club l’abbia ringraziato e abbia deciso di mantenere nell’organigramma “un uomo importante per tutta la famiglia biancorossa, in un altro ruolo“. Ne conseguiva che tutti si aspettassero la nomina di un nuovo tecnico, avvenuta il giorno dopo. Sarà dunque lo spagnolo Óscar García a continuare sulla scia tracciata dai sue due predecessori.
All’anagrafe Óscar García Junyent, nato a Sabadell il 26 aprile 1973, è solo l’ultimo prodotto della generazione dei García Junyent, che comprende anche Roger (1976) e Genís (1975). Famiglia catalana, dunque strettissimo legame col Barcellona: l’attuale tecnico dell’Olympiakos è stato formato dalle giovanili blaugrana, poi ha debuttato in prima squadra nel 1992 con Johan Cruijff in panchina e Jordi Cruijff in campo accanto a lui. Come allenatore Óscar ha sin da subito mostrato precocità e appesi gli scarpini al chiodo (2009) ecco l’inizio della sua nuova carriera come vice allenatore della nazionale catalana, questa volta affiancando Cruijff senior. Passato poi alle giovanili del Barça, nel 2012 è arrivata la chiamata dal Maccabi Tel Aviv col quale ha vinto il campionato israeliano lasciando però i gialloblù dopo un anno a causa di non meglio precisati motivi personali. Volato al Brighton, in Inghilterra, le cose non sono andate per il meglio e così nel maggio 2013 sono arrivate le dimissioni dopo l’eliminazione dalle semifinali dei playoff per accedere alla Premier. Tornato in Israele il 2 giugno 2013, s’è dimesso il 26 agosto a causa del conflitto israelo-palestinese tornando in terra d’Albione, al Watford, dove però durerà soli 27 giorni per via di problemi di salute. L’avventura in Austria al Red Bull Salisburgo, dal 2015 al 2017, avrebbe temprato Óscar per un campionato superiore, così ecco nel giugno scorso la sua nomina a tecnico del Saint-Étienne. Ma la squadra biancoverde non ha mai realmente ingranato, e dunque ecco un nuovo esonero dopo 12 turni. Fatale è stato lo 0-5 casalingo con cui l’Olympique Lione ha letteralmente passeggiato sopra Perrin e compagni: cinque vittorie, tre pari e tre ko per Óscar García.
Pare che il suo nome sia stato consigliato da Ernesto Valverde in persona a Evangelos Marinakis: scelta azzeccata ma non troppo, visto che da quando Lemonis ha cambiato ruolo (non più allenatore, ma di fatto resta nell’organigramma con una nuova mansione) la marcia trionfale s’è interrotta. L’apice della parabola toccato a Natale con la vetta in Super League è stato azzerato da un nuovo ritorno sui gradini meno nobili del podio: in sei partite l’Olympiakos ha perso il primato, pur anche con una penalizzazione comminata dopo che il 4 febbraio, in un Karaiskakis friggente per la sconfitta subita dall’AEK, una cinquantina di tifosi aveva invaso il rettangolo di gioco. Tre punti che sono stati tolti, a complicare una situazione già pericolante. In sei partite, dicevo, tre vittorie, due pari e un ko. Lemonis aveva perso solo due sfide su 10, vincendo le altre 8 tra cui il pesantissimo big match contro il PAOK. Contro Asteras Tripolis, AEK e Atromitos il bandolo della matassa è stato smarrito, contro il Panionios è servito un guizzo di Vadis Odjidja-Ofoe per portare tre punti d’oro alla causa. Ora per García serve la svolta immediata, sennò potrebbe pagare per tutti l’impossibilità di gestire un ambiente focoso come quello del Pireo…