Il 3-0 nel derby e la finale di Coppa Italia fanno sorridere. Ma accanto alla gioia resta il rimpianto per una stagione che poteva e doveva essere molto diversa
Ci sono notti in cui tutto va come doveva andare. Il Milan domina l’Inter, segna tre gol, non ne subisce nemmeno uno, manda i cugini in crisi e si prende con autorità la finale di Coppa Italia. Una partita preparata bene, giocata meglio, vinta con testa e gambe. Una di quelle serate che ricordano a chi l’ha dimenticato che il Milan sa ancora far paura.
E vincere un derby così, in una semifinale, con i titoli dei giornali che già parlavano di Triplete altrui, è una soddisfazione che non può essere sminuita. Abraham, Theo, Leao: tutti protagonisti in una sinfonia rossonera che, per una volta, ha suonato con precisione. Ma proprio per questo, lo dico senza paura: questa vittoria fa male.
Perché ci ricorda chi siamo. E soprattutto, ci ricorda chi non siamo stati per troppo tempo, in questa stagione.
Oggi, 24 aprile 2025, il Milan è nono in classifica. A distanza siderale dalla zona Champions. E questa, al netto della finale che ci aspetta, resta una vergogna tecnica e morale. Il Milan visto ieri sera, il Milan che ha annientato l’Inter, non può essere la stessa squadra che ha perso con Verona, Udinese, Cagliari, Empoli.
E allora viene il dubbio: chi è il vero Milan?
La risposta è semplice e brutale: entrambi. Siamo stati capaci di giocare come una provinciale per mesi, e poi trasformarci in una grande d’Europa in una notte sola. Questo non è equilibrio. È disfunzione. E la vittoria di ieri, che dovrebbe essere liberatoria, diventa uno specchio doloroso.
“Non c’è vittoria più triste di quella che arriva troppo tardi,” scriveva Cesare Pavese. E ieri sera, in tribuna, l’eco di quella frase sembrava più forte dei cori.
Ora c’è la finale. E forse, il secondo trofeo stagionale dopo la Supercoppa. Un bottino che, a guardarlo da fuori, potrebbe anche sembrare accettabile. Ma non per noi. Non per chi ha fatto della Champions League un’abitudine. Non per chi ha guardato Madrid, Atene, Manchester da protagonista.
La dirigenza dovrà ripartire da questa consapevolezza: la squadra, in certe notti, c’è. E allora basta con le mezze misure. Basta scommesse, basta promesse mancate. Serve un progetto chiaro, ambizioso, degno di un club che non può accontentarsi di fare un dispetto all’Inter e poi sparire per due mesi.
Oggi siamo felici. E guai a chi ce la toglie, questa felicità. Abbiamo battuto l’Inter, li abbiamo umiliati, abbiamo rotto il loro sogno di gloria. Ma non siamo giustificati.
Non basta una notte per cancellare otto mesi di buio. Non basta un derby per dire che è andato tutto bene.
Perché il Milan, quello vero, non si accontenta di vincere un derby.
Vuole vincere tutto. Sempre.
E fino a quando non torneremo a pensarla così — tutti, dai giocatori ai dirigenti, passando per chi siede in panchina — questo Milan resterà incompleto.
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