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Dida, il veterano della Confederations Cup

Da ben 25 anni la Confederations Cup è stata passerella di grandi campioni: Thierry Henry, Ronaldinho, Adriano, Batistuta e tanti altri hanno scritto le pagine più belle della competizione a suon di gol e giocate, facendoci rivivere sotto mentite spoglie una sorta di Mondiale in miniatura, una sfilata di stelle rimaste impresse in modo indelebile nel firmamento del calcio internazionale. Se è vero che le prodezze degli attaccanti sono quelle che notoriamente fanno innamorare il pubblico -specie i bambini che attratti da quelle movenze quasi magiche restano incollati alla tv, pronti a studiare ogni singola mossa del proprio beniamino per poi riprodurla quasi fedelmente al parco con gli amici- a scrivere la storia della Confederations Cup è stato anche un portiere con un importante e abbastanza controverso trascorso in Italia: Nelson Dida, prode paladino della porta del Milan per ben otto anni, è uno dei giocatori che può vantare più presenze in questa competizione, ben 22 dalla prima partita disputata nel 1997.

Perché la storia di Dida sia controversa lo si capisce immediatamente dalle reazioni che ha suscitato nel suo pubblico durante il suo lungo soggiorno milanese: amato e odiato, osannato e deriso, l’estremo difensore brasiliano alternava balzi da supereroe a clamorose distrazioni ma, nonostante qualche pallone sfuggito di troppo, il brasiliano è riuscito ugualmente a diventare parte importante di quel Brasile che faceva razzia di trofei.

La sua prima apparizione nella Confederations Cup, dicevamo, fu quella nell’edizione del 1997 disputata a Riyad, capitale dell’Arabia Saudita. In quell’anno il Brasile non lasciò praticamente scampo agli avversari: salvo le due reti subite nella vittoria per 3-2 contro il Messico, Dida mantenne inviolata la sua porta, concludendo la finale in bellezza con un prepotente 6-0 ai danni della malcapitata Australia. Un inizio dunque incandescente per un portiere di appena 24 anni con pochissima esperienza in campo internazionale. Ciò che ne seguì però fu ancora più sorprendente: nell’edizione del ’99 della Confederations Cup tutto sembrava girare per il meglio e Dida si presentò alla finale con una invidiabile media di due reti al passivo, rovinato però dalla vendetta del Messico che, due anni dopo la sconfitta contro i verdeoro, riuscì a rifarsi con gli interessi pietrificando il portiere con quattro palloni e scippando il trofeo dalle mani dei brasiliani.

Dopo il terzo posto conquistato nel 2001 e l’infruttuosa spedizione del 2003 era tempo per il Brasile di rimettere in campo tutta la grinta e la passione per tornare ad essere ancora dominatore assoluto della Confederations Cup, di cui tutt’ora detiene il record di vittorie: il 2005, oltre ad essere l’anno della svolta, fu l’ultima apparizione di Dida nella competizione, salutata nel  migliore dei modi contro uno degli avversari storici, l’Argentina di Zanetti, Riquelme e Figueroa. Quel giorno ci pensarono la doppietta di Adriano, i gol di Kakà e Ronaldinho ed, appunto, i guantoni di Dida a far tornar grande il Brasile, neanche spaventato dal tentativo di Aimar che riuscì a segnare solo il gol della consolazione.

16 reti al passivo in 22 apparizioni sono i numeri che accompagnano il nome di Nelson Dida nella storia della Confederations Cup dove tra voli incredibili, uscite spericolate e qualche distrazione (diventata con gli anni un vero e proprio marchio di fabbrica)è riuscito a scrivere comunque pagine indimenticabili.

 

Ada Cotugno

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