Derby di Atene domani: Panathinaikos-Aek in pillole

Già fissati data e luogo della battaglia (domenica 15 gennaio 2017, ore 18,30, stadio Nikolaidis), ora bisogna solo aspettare. E’ necessario preparare mentalmente se stessi e i propri giocatori non ad una semplice partita, bensì alla madre di tutte le battaglie. Nella terra degli opliti, dei grandi scontri campali e navali contro i Persiani, della saggezza di condottieri quali Leonida o Temistocle, non c’è da stupirsi del clima rovente venutosi a formare intorno al derby di Atene tra Panathinaikos ed AEK. Certo, si tratta pur sempre del fratello minore di Olympiakos-Panathinaikos, ma non per questo viene sentito meno. Non sarà il “derby degli eterni nemici”, ma comunque  trattasi della sfida tra le due più titolate squadre del campionato, Pireo a parte. Guardacaso, sempre di Atene si tratta: il Θρύλος  ha fatto suoi 43 titoli, mentre il Pana si è dovuto “accontentare” di 20 (l’ultimo dei quali risale al 2010) e l’AEK non trionfa in patria dal 1994 (complessivamente è stato campione 11 volte).

Il Panathinaikos nasce il 3 febbraio 1918, quando Georgios Kalafatis decide di staccarsi dal Πανελλήνιος Γυμναστικός Σύλλογος per crearne una sezione interamente dedicata al football, il Π.Ο.Α. (Ποδοσφαιρικός Όμιλος Αθηνών), poi col tempo divenuto Π.Α.Ο (Παναθηναϊκός Αθλητικός Όμιλος) prima di assumere la denominazione attuale. Questo giorno è la prima vera milestone del calcio nell’Ελλάς: il gioco del pallone trova una sua dimensione, e comincia inesorabilmente la sua forte scalata al vertice della piramide che può rappresentare il grado di interesse e coinvolgimento che i cittadini ellenici posseggono. E’ il primo football club greco, seguito a distanza dagli odiati del Pireo (1925) ai quali rimarcano il fatto di essere “i secondi”. Un’ondata biancoverde ha cominciato poi a riversarsi su Atene, fino ad esondare anche in Europa, più precisamente a Wembley, la sera del 2 giugno 1971 con la sfida tra i Πράσινοι di Ferenc Puskás e l’Ajax di Rinus Michaels e Cruijff.

La terza squadra di Atene è l’AEK (Αθλητική Ένωσις Κωνσταντινουπόλεως, quindi “Unione sportiva di Costantinopoli”), che in un contesto dominato dalle due grandi rivali  ha dovuto accontentarsi delle briciole. Del resto, anche i suoi legami con la città paiono abbastanza sfumati: tra storia e leggenda, si suppone infatti che sia stata fondata nel 1924 da un gruppo di rifugiati greci provenienti da Istanbul dopo lo scoppio della Guerra greco-turca tra 1919 e 1922. La sede del club (che inizialmente neppure possedeva un impianto e si trovava a doversi spostare in varie zone di Atene) è identificata in un negozio di articoli sportivi di proprietà di Emilios e Menelaos Ionas, dove i giovani immigrati potevano studiare e praticare sport. E visto che la grande maggioranza di essi proveniva proprio dall’ex Costantinopoli, ecco spiegati il nome della società e il simbolo adottato (l’aquila bicipite, Δικέφαλος Αετός, che su uno sfondo giallo rimandava immediatamente alla bandiera dell’Impero Bizantino sotto i Paleologi). La squadra è da sempre considerata una delle tre grandi del calcio greco, ma negli anni 2000 ha avuto il momento più basso della sua storia calcistica. Prima ha dovuto rinunciare al suo stadio, il Nikos Goumas, o Nea Philadelphia, gravemente danneggiato dal terremoto del 1999. Poi sono sopraggiunti specifici problemi economici, che hanno portato un indebolimento della squadra fino alla retrocessione nella stagione 2012-13. La situazione era talmente disperata che si è scelto di ripartire direttamente dalla terza divisione. Due anni ed eccoli di nuovo nella Σούπερ Λίγκα Ελλάδα, questa volta con la chiara intenzione di rimanerci.

Detto questo, sugli spalti sarà uno spettacolo. Il calore della torcida qui, ad Atene, non ha eguali il tutto il mondo: sarà una sfida nella sfida, quella che vede contrapposti Gate 13 (http://gate13.gr/) e Original 21 (http://original21.com/). Il trionfo dei trifogli da una parte, l’apoteosi giallonera dall’altra. Un popolo che da sempre ha riversato le proprie emozioni sul calcio, la gente che affolla (o affollava, sicché oggi la situazione non accenna a migliorare) gli stadi nonostante la crisi si faccia sempre più pressante. Perché il calcio ti fa dimenticare tutti i problemi per 90′, e i greci sembrano averlo capito: credetemi, è uno spettacolo agli occhi. Tutta questa passione, che puntualmente sfocia in violenza, che risale nientemeno che dall’antico spirito dell’ἀγών. E certe immagini che trovate nei link qui citati ne sono la perfetta dimostrazione: anzi, non credete a me, andate a vedere voi vostri occhi quello che sono in grado di fare. Vi sfido a non darmi ragione.

Il prestigio a livello storico c’è, due tifoserie estremamente calde anche, mancano solo i giocatori. Qualche barlume di talento è comunque presente, sebbene da anni il campionato sia meta di emigrazione verso ben altri lidi. Marinos Ounounidis può contare su una rosa ben assortita: Luke Steele in porta, una buona difesa (il bulgaro  Ivanov, l’ex Anxhi Samba, lo svedese Hult e il “nostro” Giandomenico Mesto), centrocampo di quantità (la corsa del finlandese Lod, la tecnica di Wakaso, lo scorso allo al Las Palmas, e l’esperienza di capitan Zeca, con 222 presenze all’attivo divisi tra i numeri di maglia 10 e 17) e un reparto offensivo notevole, in cui figurano le ex conoscenze del calcio italiano M’Poku, Ibarbo e Leto, oltre all’ala Vlachodimos (cresciuto nelle giovanili dell’Olympiakos) e al puntero svedese Marcus Berg. Quanto al portoghese Josè Morais, che ad ottobre ha sostituito Gus Poyet (volato in Cina, allo Shanghai Shenhua), i volti di maggior impatto di cui può disporre sono curiosi: tra i difensori ecco Chygrynskiy, ucraino ex Dnipro, il bosniaco Vranjes e l’ex Milan Didac Vilà. A centrocampo spiccano Christodoulopoulos (sì, avete capito bene, il Lazaros di Bologna, Verona e Samp), il venezuelano Ronald Vargas e gli svedesi Johansson e Ajdarevic (appena arrivato dall’Örebro, ha giocato alle Olimpiadi come fuori quota), mentre davanti tutto o quasi passa dai piedi di Hugo Almeida (autore di una breve e deludente parentesi a Cesena nel 2014-15) e Tomas Pekhart: uno che avrebbe dovuto essere tra i migliori prospetti del calcio ceco, uno che ad Euro 2012 aveva dato l’impressione di esser destinato ad una carriera luminosa, uno che purtroppo invece si è perso per strada. E ora, a 27 anni, cerca probabilmente di capitalizzare l’ultima grande chance della sua carriera. Chissà se ci sarà spazio anche per lui, in un derby di Atene. Di certo aspettatevi emozioni. E domani sera torneremo qui a discutere del match.

Matteo Albanese

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