Sarajevo, Capitale della Bosnia Erzegovina e terra che ha sempre visto segnare momenti tragici all’interno della storia. Dall’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando che diede il via alla Prima Guerra Mondiale fino al diventare l’epicentro del dolore durante la sanguinosissima guerra dei Balcani a inizio anni ’90. Non è fatta di sola violenza e dolore, ma anche di grande apertura e tolleranza, tanto da essere soprannominata la Gerusalemme d’Europa per essere in grado di far vivere felicemente svariati rappresentanti delle tre religioni monoteiste, senza dar luogo a particolari problemi conflittuali. Una volta ottenuta l’indipendenza, la città ha potuto godere ancora di più della sua grande rivalità calcistica che è diventata un classico del calcio europeo, quella tra Sarajevo e Željezničar.
La prima delle due a essere fondata fu lo Željezničar che rivoluzionò completamente il modo di approcciarsi a questo sport. Vi erano infatti già diversi sodalizi in città, ma tutti erano pura esclusiva dei ceti sociali più ricchi e che si differenziavano solo ed esclusivamente su base etnica. I biancoblu invece non avevano niente a che fare con l’alta borghesia, ma si trattava di un semplice manipolo di ferrovieri che avevano trovato in questo pallone che rotolava un modo per poter migliorare le proprie giornate anche se i problemi finanziari non mancavano di certo. Vennero infatti organizzate varie serate molto simili alle sagre di quartiere per poter finanziare la propria società e riuscire così a rimanere a galla nel calcio cittadino. Per avere invece una compagine unita e che prendesse il nome della città si dovette aspettare il 1946 con la nascita del FK anche se trovarono una forte opposizione da parte dei ferrovieri che preferirono mantenere la propria indipendenza. Fu per espresso volere delle autorità locali che il Đerzelez, il SAŠK e lo Slavija diventassero un’unica grande realtà chiamata Sarajevo.
A Guerra terminata poté così partire la più grande rivalità di sempre del calcio bosniaco e lo Željezničar riuscì a togliersi un enorme soddisfazione nel 1946 quando vinse il campionato regionale, in attesa che si formasse a tutti gli effetti quello jugoslavo. Il 29 dicembre si giocò quello che viene ricordato come il primo derby di sempre e la grande esperienza dei Plavi permise di ottenere un risultato incredibile, addirittura 9-1. Il nuovo campionato creò sicuramente non pochi problemi alle bosniache che furono molto spesso relegato a ruoli comprimari, nonostante il calcio fosse molto valorizzato e non erano pochi i giocatori a rappresentare la regione in nazionale. Gli anni ’60 furono un momento di luci e ombre, perché iniziarono con il Željezničar coinvolto nello scandalo delle partite truccate, avvenimento che gli costò la retrocessione, ma proseguì nel modo migliore. Dopo il secondo posto del 1965, nel 1967 era finalmente giunto il momento del Sarajevo che riuscì a vincere il suo primo campionato jugoslavo con soli due punti di vantaggio sulla Dinamo Zagabria e si rivelarono fondamentali per il trionfo i due 2-0 nei derby. La Bosnia era finalmente uscita dall’anonimato e furono ben tre i giocatori del FK che presero parte l’anno seguente alla spedizione in Italia per provare a vincere l’Europeo 1968, si tratta di Fazlagić, Musemić e Antić, mentre il solo Osim rappresentò i blu cittadini. Fu il momento più grande di sempre della nazionale jugoslava che portò gli Azzurri padroni di casa alla ripetizione della finale prima di cedere il passo alla fortissima formazione di Valcareggi. Intanto in città qualcuno era fortemente intenzionato a pareggiare i conti e, dopo aver sfiorato il titolo l’anno precedente, nel 1972 toccò anche allo Željezničar vincere il suo primo campionato al termine di una spettacolare lotta al vertice con la Stella Rossa. I Plavi inoltre furono quelli che portarono più in alto la bandiera bosniaca in Europa e nel 1985 venne sfiorata l’impresa con l’approdo in semifinale di Coppa Uefa. Gli ungheresi del Videoton erano l’altra grande sorpresa e il loro trionfo per 3-1 tra le mura amiche rendeva necessaria una straordinaria rimonta balcanica nella gara di ritorno. Dopo solo cinque minuti fu Bahtić a battere Disztl per l’1-0 e nella ripresa ecco il gol qualificazione di Ćurić che fece impazzire di gioia i tifosi che riempivano il Grbavica. La finale con il Real Madrid sembrava ormai essere alle porte, ma a tre minuti dalla fine fu Csuhay a trafiggere Skrba per il dolorosissimo 2-1 che lasciò un enorme amaro in bocca. A termine di quella stagione ci fu anche la beffa finale con il Sarajevo che vinse il suo secondo titolo nazionale portando in quella stagione la Bosnia a vivere il suo più grande momento calcistico di sempre. Con la fine della Jugoslavia fu la fine anche di queste due gloriose squadre, perché la nuova terra indipendente dovette aspettare addirittura il 2000 prima di riavere un proprio campionato e i cinque successi a testa fanno sì che le due siano ancora delle grandi della nazione, ma devono ancora guardare dal basso verso l’alto lo Zrinjski Mostar a quota sei.
Quello di Sarajevo è uno dei derby più equilibrati nel mondo perché, nonostante si siano disputati ben centoquarantuno scontri diretti, la differenza di vittorie è solamente di tre, con lo Željezničar capace di vincere quarantacinque contro i quarantadue del FK. I migliori marcatori di sempre nella storia della stracittadina sono entrambi a quota sei e rappresentano tutte e due le realtà. Il primo ad arrivare a questa quota è stato il bomber dei Bordo-Bijeli negli anni ’60 Asim Ferhatović, mentre tra gli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio è stato Dželaludin Muharemović a far esultare i Plavi.
A livello di tifoseria le due sono sicuramente tra le più calde dei Paesi balcanici e anche nelle loro poche sortite in giro per l’Europa hanno sempre dimostrato grande compattezza e abilità nel caricare la squadra. Lo Željenizčar ha nei “Manijaci” il proprio gruppo principale, mentre il Sarajevo è rappresentato dagli “Horde Zla“.
Due volti della stessa città, una rivalità storica che non tramonterà mai, perché a Sarajevo o sei un Bordo-Bijeli o sei un Plavi.
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