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Derby del mondo: Boca Juniors-River Plate

Buenos Aires è da sempre una delle città più rinomate e conosciute dell’intero continente, una popolazione prevalentemente di origine europea arrivata in Sud America per cercare la fortuna che la propria terra di origine non riusciva concedergli. Vi sono quarantotto diversi tipi di quarteri, o per meglio dire di Barrios, e con una popolazione di oltre quindici milioni di abitanti è facile intuire come anche il calcio abbia beneficiato di questo fatto. La passione per questo sport raggiunge livelli difficilmente pareggiabili nel resto del pianeta e proprio nella Capitale argentina sono nate tantissime squadre, ma sono due a essere entrate maggiormente nel cuore della gente: Boca Juniors e River Plate.
Una rivalità storica conosciuta e amata da tutti i grandi appassionati di calcio di tutto il mondo, che iniziò oltre cento anni fa addirittura come derby di quartiere. I biancorossi infatti non iniziarono subito come squadra ricca e altolocata, ma la fondazione avvenne nel 1901 da immigrati genovesi nel quartiere la Boca che si affaciava sul fiume Riachuelo. A ben vedere dunque i primi “xeneizes” furono propri quelli del River, mentre i gialloblu nacquero solo quattro anni dopo con le stesse modalità all’interno della casa Esteban Baglietto. Questo meraviglioso sport era ancora agli albori in Argentina eppure questa rivalità crebbe fin da subito, per dimostrare la superiorità nel quartiere anche se questa motivazione durò per poco. I fondatori del River iniziarono a ritenere il quartiere la Boca non adatto alle loro esigenze e dapprima cambiarono sede andando al Palermo, ma lo spacco sociale definitivo avvenne nel 1923 dove si instaurarono al Núñez, una delle zone più ricche della città. Da allora quelli del River sono dunque i Millionarios e lo confermarono soprattutto negli anni ’30, ’40 e a inizio ’50 dove costruirono una delle formazioni più forte di sempre in Sudamerica tanto da essere soprannominata “La Máquina“. Il Boca invece era rimasta la squadra del popolo, amata soprattutto da immigrati italiani inizialmente e poi via via da tutta quella parte dimenticata dalla società e con gli anni divenne un vero e proprio simbolo di rivalsa del proletariato. Ecco perché furono proprio queste due a dare vita al più importante e sentito derby in una città ricca di squadre.

Dopo vari incontri negli anni ’10 e ’20 nel 1931 nacque un abbozzo di professionismo e nel primo Superclásico di questa nuova era iniziarono subito a divampare le polemiche. All’Estadio Brandsen y del Crucero, predecessore della mitica Bombonera, il River passò in vantaggio con un Peucelle ma poco dopo il Boca pareggiò con un contestatissimo rigore trasformato da Varallo. L’arbitro Enrique Escola però non volle sentire motivazioni e rispose alle proteste dei Millionarios con ben tre espulsioni. Scattarono feroci rappresaglie sugli spalti che indussero i giudici di gara a sospendere la partita, causa anche l’abbandono dei biancorossi, e così i padroni di casa si ritrovarono con una inaspettata vittoria a tavolino. L’odio era quindi divampato e nel 1943 una rete di Severino Varela fece sì che il Superclásico finisse 2-1 per il Boca e quei due punti furono decisivi per il primo storico successo degli Xeneizes in campionato. La storia si ripetè a parti inverse l’8 dicembre 1955 quando fu proprio l’ultima giornata di campionato a dover decretare chi sarebbe diventato campione d’Argentina e alla Bombonera un uno due negli ultimi minuti di Labruna e Zárate riuscirono a ribaltare l’iniziale vantaggio di Etcheverrey e il River vinse il titolo davanti agli acerrimi rivali.

Un momento che segnò in maniera tragica e indelebile il Superclásico avenne il 23 giugno 1968 al Monumental. La sfida sul campo fu abbastanza dimenticabile con uno 0-0 senza troppe emozioni, ma fu a partita finita che accadde l’impensabile. I tifosi degli Xeneizes intenti a uscire dallo stadio dalla Puerta 12 si ammasarono non riuscendo più né a rientrare e nè a uscire da quel cancello veramente troppo piccolo per far passare così tanta gente. Scoppiò il panico tra la folla e in quel tragico pomeriggio persero la vita ben settantuno persone con un’età media di soli diciannove anni. La storia non riuscì a dare una spiegazione alle famiglie delle vittime e non si capì mai bene se si trattò di un malfunzionamento del cancello o causato da qualche carica della polizia. Questa tesi per molti sembra essere la più valida perché in Argentina nel 1966 vi era stato un golpe militare che portò a capo della nazione il Generale Juan Carlos Oganía e i tifosi del Boca intonarono per tutta la partita cori di stampo Peronista, assolutamente banditi all’epoca. Al successivo Superclásico infatti per la prima volta le due tifoserie furono unite in un unico coro:”No había puerta, no había molinetes, era la cana que daba con machete” (Non fu la porta, non furono i tornelli, fu colpa della polizia che picchiò col manganello).

A livello calcistico iniziarono grandi anni per il Boca che iniziò a dominare il calcio argentino e potè godersi per un certo periodo Diego Armando Maradona che timbrò il suo primo Superclásico come solo lui sapeva fare. Aggancio al volo, repentino cambio di direzione a superare un mostro sacro come Fillol e un dolce appoggio in rete all’angolino, il tutto fatto solo con il suo magico piede sinistro. Ma dopo tanto tripudio calcistico in campo e sugli spalti a metà anni novanta ricominciò a scorrere sangue. Il 30 aprile 1994 il River vinse per 0-2 in casa degli Xeneizes e molti tifosi vollero vendicare la sconfitta. Una sessantina di essi si scagliò contro un camioncino di trenta Millionarios armati fino ai denti come se stessero andando in guerra e finirono per uccidere Walter Vallejos e Ángel Delgado. Venne toccato così uno dei momenti più bassi di sempre nella storia di questo derby che portò all’arresto di vari gialloblu con la condanna di omicidio volontario fino a vent’anni di reclusione.

Nel 2011 il mondo si ribaltò e dopo varie annate deludenti il River perse il playout con il Belgrano e retrocedette per la prima volta nella sua storia nel Nacional, la nostra Serie B. Un momento disastroso nella storia dei Millionarios con i tifosi che diedero letteralmente fuoco al Monumental, mentre per gli Xeneizes fu un momento magico. Ancora oggi viene cantato probabilmente il coro più iconico dell’ultimo decennio di calcio in Sudamerica, quel “River decime qué se siente, haber jugado il Nacional“. L’inferno della seconda divisione durò solo un anno e nella stagione successiva tutti stavano aspettando il ritorno della partita più attesa. Finirono con due pareggi per 2-2 al Núñez e per 1-1 a la Boca, ma ciò che accadde alla Bombonera fu storia. I tifosi gialloblu si misero magliette con la scritta “B” al centro e la partita venne sospesa per svariati minuti causa i tentativi di ingresso in campo degli “hinchas” locali.

Negli ultimi anni invece è stato in Copa Libertadores che si è visto il peggio di questa rivalità. Nel 2015 venne spruzzato del gas urticante noto come “mostacero” da parte dei tifosi del Boca verso i giocatori del River che stavano rientrando negli spogliatoi a fine primo tempo. Una scena incredibile e assurda perché in ogni grande rivalità lo scontro è sugli spalti tra le tifoserie e in campo tra i giocatori. Qui invece si oltrepassò questo confine e Ponzio, Vangioni, Kranevitter e Funes Mori furono i calciatori biancorossi più colpiti con considerevoli danni agli occhi e alla pelle. La Conmebol fu costretta ad annullare la gara e a dare il passaggio del turno ai Millionarios che a fine anno vinsero il torneo. Non furono però solo i tifosi del Boca a macchiarsi di simili rivedibili imprese e il disastro scoppiò nel giorno più atteso, quello della finale di ritorno della Copa Libertadores 2018, quando il Superclásico per la prima volta sarebbe valso non solo il dominio cittadino o nazionale, ma addirittura continentale. Dopo il 2-2 alla Bombonera il 24 novembre si sarebbe dovuto giocare il ritorno al Monumental ma mentre il pullman dei gialloblu stava arrivando allo stadio venne preso a sassate e Pablo Pérez e Gonzalo Lamardo vennero portati in ospedale. Dopo svariati rinvii di orario si arrivò alla decisione clamorosa di sospendere la gara di ritorno. In una situazione normale si sarebbe assegnata la vittoria a tavolino agli Xeneizes, ma la Conmebol non voleva un campione non giocante e allora il secondo atto si sarebbe giocato a Madrid, al Santiago Bernabéu. Dopo una splendida finale il River riuscì a vincere per 3-1 solo ai tempi supplementari grazie a Quintero e Gonzalo Martínez alzando così sotto il cielo di Spagna il titolo più bello.
Due volti della stessa città, una rivalità storica che non tramonterà mai, perché a Buenos Aires o sei uno Xeneize o sei un Millionario.

Francesco Domenighini

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