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Derby del mondo: Atlético Madrid-Real Madrid

Madrid è da sempre la Capitale di una delle nazioni fulcro d’Europa che per anni è stata dominatrice del mondo. Il vero centro dell’orgoglio spagnolo che ha saputo passare da essere i conquistatori del mondo a luogo cardine della resistenza contro le invasioni delle truppe napoleoniche. La terra iberica non può quindi che essere perfettamente rappresentata da questa terra che è riuscita a dare anche al mondo del calcio due delle più importanti squadre facendo nascere così un derby stupendo e bellissimo.
Real e Atlético sono agli antipodi pur rappresentando appieno lo spirito e i valori della città. Nacquero nel 1902 i Blancos con l’intento di essere subito una squadra élittaria e per gente della Capitale, mentre i Colchoneros nacquero da una costola dell’Athletic Bilbao. Molti dei fondatori furono gli stessi della squadra basca e tra gli iniziatori del club ci furono vari studenti universitari arrivati a Madrid. Tutto doveva derivare alla compagine di ispirazione, dal nome, inizialmente infatti si chiamava Ahletic Madrid, fino alla maglietta, un biancoblu che arrivava direttamente dall’Inghilterra e più precisamente da Blackburn. Ma nei primi anni del Novecento il trasporto di oggetti e persone era molto più deficitario e così, quando un carico di nuove divise era necessario, la spedizione partì dalla più vicina Southampton e da lì nacque la peculiarità della divisa biancorossa con pantaloncini blu. Intanto la rivalità impazzava e nemmeno durante una Guerra Mondiale si riuscì a placare questo sentimento d’odio. Nel 1916 per una gara del Campeonato Regional ci fu una storica invasione di campo da parte dei tifosi dell’Atlético con l’unico intento di far capire all’arbitro cosa ne pensavano del suo operato.

Nel 1928 nacque ufficialmente la Liga e le due realtà della Capitale capirono che il calcio in Spagna era di grande livello e i successi scarseggiarono. Il Real riuscì a fare un’isolata doppietta nel ’32 e nel ’33, ma quando lo sport riprese a seguito della Guerra Civile il mondo si ribaltò. Furono i Colchoneros infatti a ottenere svariati campionati riuscendo addirittura a doppiare i rivali cittadini. La storia cambiò definitivamente a metà degli anni ’50 quando Alfredo Di Stéfano indossò la maglia dei Blancos. Da allora iniziarono le fondamenta per la nascita del mito madridista con le Merengues che vinsero le prime cinque Coppe dei Campioni della storia. La popolarità della squadra portò un ministro del governo di Franco ad affermare che il Real fosse il miglior ambasciatore mai avuto. Questa frase non fece certo piacere ai concittadini dell’Atlético che coniarono la frase:”L’equipo del gobierno, la vergüenza del país” (La squadra del governo, la vergogna del Paese). Nonostante queste schermaglie anche sul piano istituzionale anche i biancorossi avevano vicinanze con lo Stato, in particolare con l’esercito, anche se la propria tifoseria mantenne sempre una sorte di distacco dalla politica. Questo atteggiamento di disinteresse però causò le derisioni da parte dei puristi del Real che verso la fine degli anni ’60 iniziarono a chiamare i rivali “Indios“. Avrebbe dovuto essere in accezione negativa, ma come spesso accade in questi casi anche alla parte colpita piacque questa nomea e gli indiani d’America divennero un simbolo dell’Atlético.

Intanto nel mondo iniziavano a nascere vari movimenti ultras e hooligans, mentre in Spagna si iniziò un po’ più tardi. Dalle parti del Vicente Calderón c’erano già i primi abbozzi di gruppi organizzati negli anni ’70, ma lo storico Frente venne ufficializzato soltanto nel 1982, dopo che nel 1980 erano nati al Bernabéu gli Ultras Sur. Furono anni di fuoco a Madrid con scontri fisici all’ordine del giorno che portarono i due gruppi a essere tra i più temuti d’Europa, ma con il nuovo millennio la situazione è profondamente cambiata. Il governo spagnolo ha fatto e sta facendo di tutto per eliminare ogni forma del tifo organizzato dagli stadi e tra i primi a essere colpiti furono propri i sostenitori dei Blancos che, causa anche la vicinanza al precedente presidente Ramón Calderón, dal 2014 gli è vietato l’ingresso alle partite casalinghe della propria squadra. Una decisione drastica e momentaneamente irrevocabile e in Europa, dove non è possibile attuare certe restrizioni, sono surreali le immagini dove all’interno del settore ospiti gli Ultras Sur vengano confinati e rinchiusi e in angoli esclusivi.

Da un punto di vista calcistico la supremazia del Real è netta e insindacabile, tanto che le vittorie sono centoundici a cinquantesi, ma nell’ultimo decennio la rivalità ha assunto tonalità internazionali. Nel 2014 e nel 2016 infatti questo derby è stato anche la finale di Champions League e in entrambi i casi sono state due partite a cuori forti. Nella prima gara a Lisbona fu un colpo di testa di Sergio Ramos all’ultimo secondo a pareggiare la contesa e a mandare le squadre ai tempi supplementari dove si sarebbe concretizzata la “Décima” per i Merengues. Due anni dopo invece furono i calci di rigore di San Siro a far gioire ancora la sponda bianca del Manzarre negando il primo successo ai Colchoneros. Un’eventuale vittoria avrebbe portato la città di Madrid a eguagliare Milano come unica sede di due compagini in grado di laurearsi campioni d’Europa, ma comunque resta la soddisfazione di essere stato l’unico derby in finale. L’Atlético ottenne la sua rivincita a Tallin nel 2018 quando in un altro derby continentale riuscì a strappare ai rivali di sempre la Supercoppa Europea. Anche questo è un record nonostante perfino la città lombarda avrebbe dovuto avere uno scontro diretto in questa competizione. Nel 1994 infatti il Milan vinse la Champions League e l’Inter la Coppa Uefa, ma allora a contendersi questo trofeo toccava alla vincitrice della Coppa delle Coppe. In Estonia si assistette a un’altra meravigliosa partita dove ancora una volta servirono i tempi supplementari per stabilire chi fossero i migliori e le reti di Saúl e Koke riuscirono parzialmente a far dimenticare le seratacce nella Coppa dalle grandi orecchie.
Due volti della stessa città, una rivalità che non tramonterà mai, perché a Madrid o sei un Blanco o sei un Colchonero.

Francesco Domenighini

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