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Da Vlachodimos ad Ansarifard: il derby di Atene ai raggi x

Sulla scia dell’interessante dossier pubblicato da Gazzetta.gr, ho deciso di analizzare Panathinaikos-Olympiakos ai raggi x. Non sperate di legger qui la cronaca, che invece ho scritto a parte. Quel che troverete qui, invece, è un lucido resoconto della partita, in cui per ogni giocatore vengono messi in luce i tratti che ne hanno caratterizzato (sia in positivo che in negativo) la performance. Buona lettura!

Comincio dal Panathinaikos: padrone di casa, padrone del campo, padrone del pallone (59% possesso palla per i verdi) e infine uscito vittorioso. Come ho scritto, il Pana ha ottenuto i tre punti massimizzando i profitti e minimizzando gli sforzi. Ha cercato una vittoria che ha voluto fortemente, quasi certamente più dei rivali, ha dominato incontrastato per 45′ consecutivi e grazie a Marcus Berg ha regalato una grande gioia ai tifosi del Gate 13. Tra le prove della sua netta superiorità, il fatto che Odisseas Vlachodimos sia stato pressochè inoperoso e rarissime volte chiamato in causa. Ha gestito bene le poche volte in cui si è trovato col pallone tra i piedi, ma la sua prova è giudicabile in modo sommario proprio a causa dei nulli pericoli corsi. Il terzino destro Ousmane Coulibaly è stato tra i migliori specie nella prima parte di gara con grandi suggerimenti (quello per Klonaridis al 19′), ottime chiusure (la diagonale difensiva su Elyounoussi, al 29′, è da applausi) e anche una discreta frequenza nel proporsi in avanti (al 41′ ha rischiato di segnare): nella seconda frazione ha gestito le energie, ma certamente è sul podio dei più positivi, ieri sera. Partita speciale anche per la coppia difensiva di Ouzounidis, con Georgios Koutroubis affiancato da Rodrigo Moledo: una stabilità impressionante, un muro invalicabile, mai messo in crisi né dalle incursioni di Ansarifard, né tantomeno dagli inserimenti di Domínguez, Un duo assai compatto e coeso, autore di una performance eccellente: hanno sempre chiuso ottimamente gli attacchi avversari arrivando per primi sul pallone. Quanto a Niklas Hult, il paragone con Coulibaly porterebbe a considerar la sua prova meno brillante rispetto a quella del dirimpettaio. Ma sarebbe ingiusto, dunque semmai è meglio sottolineare l’eccezionalità del franco-maliano piuttosto che sminuire lo svedese, ottimo in fase difensiva anche se non si è spinto troppo in avanti. Ma naturalmente tutta la difesa del Pana, in blocco, ha avuto gioco facile. Passiamo a centrocampo, e partendo dalla destra troviamo probabilmente il giocatore che maggiormente abbia deluso. O meglio, sempre che di delusione si possa parlare. In ogni caso, Lucas Villafañez è forse l’unico che l’Olympiakos non ha sofferto: l’argentino è passato inosservato, è parso quasi nascondersi in mezzo ai compagni, non è stata la sua miglior partita. Non si può dir lo stesso a riguardo di capitan Zeca, cervello del Pana nonché leader del gruppo. Presenza insostituibile in mezzo al campo, il portoghese è stato chiamato ad aggredire il portatore di palla dell’Olympiakos e ci è riuscito ad occhio e croce sempre. Quando i biancorossi hanno premuto sull’acceleratore, si è distinto per un impegno assai rilevante sul piano della rottura delle trame avversarie, insomma, un partidazo. Meno appariscente, ma non per questo meno efficace, il suo scudiero Dimitrios Kourbelis: autore di una prova senza infamia né lode, più incentrata sulla fase difensiva e sulla marcatura a uomo. In effetti Domínguez poche volte si è reso pericoloso. Paul-José Mpoku? No, non pensate a quanto visto in Italia con Cagliari o Chievo. Tutt’altro: complice forse la minor qualità del campionato, il belga naturalizzato congolese è stato il migliore (pari merito forse con Berg).  Sin dall’inizio ha mostrato la sua pericolosità, dimostrando di aver compreso l’importanza del derby e soprattutto di aver ancora delle qualità che parevano esser sparite per strada. Solo un buon Kapino gli ha negato la rete (40′ e 73′). Viktor Klonaridis è il co-produttore del gol-partita, la cui paternità va però attribuita a Marcus Berg. Geniale il suggerimento tra le linee dello svedese per greco naturalizzato belga, la cui conclusione ha trovato la respinta del portiere di Vouzas e la successiva battuta a rete (questa volta a segno) dell’ex Amburgo. L’unica differenza tra i due sta nella costanza: complice anche un estenuante lavoro in ripiegamento, il primo è calato alla distanza. Quanto al secondo invece, ha vinto praticamente tutti i duelli. La sua fisicità è stata una grandissima risorsa per l’intera squadra, la sua rete è quella che ha deciso l’incontro. E a livello stagionale, lo ripeto per l’ennesima volta, è a quota 18. Menzione per i subentrati Leto, Lod e Boumal: il primo ha provato a cercare la seconda rete della partita, senza riuscirsi, il secondo sembrava quasi un corpo estraneo al gioco ma almeno ha fatto legna nella zona mediana tra Zeca e Kourbelis, il terzo ha giocato pochissimo e dunque non è possibile giudicar la sua performance.

Le note dolenti arrivano quando mi tocca parlare dell’Olympiakos. Ha preparato male la partita, è entrato in campo poso convinto e non si è mai reso pericoloso. L’Europa League di giovedì è una scusa ma non può esser del tutto valida. Sapevi che ci fosse il derby, dovevi far in modo di organizzarlo in modo migliore. E alla fine, hai perso meritatamente. Stefanos Kapino ha fatto tutto il possibile sull’uno contro uno in cui la sua difesa gli ha fatto trovar davanti Klonaridis, ma nulla ha potuto sul tap-in di Berg. Una prestazione fatta di buoni interventi, tra i quali uno per tempo su Mpoku, e anche la palma di migliore dei suoi, per l’ex (ha completato le giovanili nel Pana, con cui a debuttato prima di far ritorno a casa nel 2015: se ricordate l’ex Parma Ninis, bene, è suo cugino). Se Stefanos è il leader, ne consegue che la difesa dell’Olympiakos sia stata tutto fuorché impenetrabile. Diogo Figueiras ha avuto molto meno problemi nei primi 45 minuti, non è brillato ma non ha nemmeno demeritato troppo, finendo per venir trascinato via dalla mediocrità collettiva. Manuel da Costa non solo è stato protagonista in negativo a causa del buco lasciato e sfruttato dal Pana, ma ha convinto assai poco: non buono nella prima frazione, nella seconda ha perseguito sulla stessa linea. Il collega Alberto Botía è parso assai più concentrato in altre occasioni: ma tornava da un infortunio, in parte dunque è giustificabile, ciò non toglie che nelle pagelle di ieri sera sia stato rimandato. Per Aly Cissokho vale il medesimo discorso fatto a proposito di Coulibaly e Hult: in questo caso, tra i due il più attento è stato Figueiras, anche se bisogna anche dire che dalla parte dell’ex Aston Villa si trovava un Villafañez non propriamente irresistibile. Era considerato l’anello debole della difesa, nel primo tempo non ha demeritato pur lasciando spazio per offendere a Coulibaly, nella ripresa è migliorato ma solo in minima parte. André Martins avrà pure convinto Vouzas a lasciar in panca Cambiasso a suo favore, ma francamente la differenza si è vista tutta. Il confronto, impietoso: l’ex Sporting è un serio candidato al poco desiderato premio di peggior in campo. Su di lui si potrebbe trovar la scusante degli infortuni e delle non perfette condizioni fisiche, ma allora perchè schierarlo se non al meglio? Specie in un derby: l’esperienza del Cuchu non sarebbe decisamente servita di più? Ma la scelta è fatta, e col senno del poi non è troppo carino esagerare coi giudizi. Tuttavia, il portoghese ha perso molti duelli nella zona nevralgica del campo e soprattutto non è riuscito ad impostar quasi mai. Certamente peggio del compagno di reparto, Alaixys Romao, che certamente non ha ben figurato ma almeno ha messo impegno e ha lottato con caparbietà. Non è un centrocampista fantasioso che fa dell’estro la sua maggior qualità, l’ex Marsiglia. Piuttosto, un onesto gregario votato al sacrificio e al ruolo di mastino: l’unica sua colpa (che va condivisa con Martins), domenica sera, è stata quella di aver perso il controllo dei giocatori in maglia verde. Tarik Elyounoussi, sulla destra, è stato tra i più combattivi dei meno combattivi (spero si capisca l’eufemismo): ha coperto la corsia di Cissokho, ma in fase offensiva è mancato il suo solito apporto. E lo si è visto. Alejandro Domínguez, el Chori, il diez, il capitano e l’anima dell’Olympiakos del quale incarna lo spirito. Non gira il suo uomo di maggior talento, affonda la squadra: non ci vuole un genio per comprendere quest’equazione. Solo una volta, quando al 29′ è partito in dribbling e dopo aver saltato due avversari è stato chiuso in angolo, si è visto veramente. Il grosso problema è che ha toccato pochissimi palloni a causa della pochezza del centrocampo centrale biancorosso. Ci si aspettava molto di più, ha deluso: ma non è che Fortounis, subentratogli, abbia fatto tanto meglio. Sebá non è stato positivo, e non dico altro (in fondo, continuo a ripetere gli stessi concetti), Karim Ansarifard avrà combinato qualcosina di più ma sempre nettamente al di sotto del suo standard. Movimento senza palla, certo, ma pochissime volte servito. Qualche occasione, ma precisione pari a zero (al 14′ ha sparato lontano dallo specchio da posizione invitante). Tuttavia, è rimasto uno dei pochi dell’Olympiakos in partita. Che dire poi di Andoroutsos, Fortounis e Cardozo? Innocui, inconsistenti, ectoplasmatici. L’unico forse a spiccare è stato il primo, ma solo perchè ha rilevato André Martins e di peggio non avrebbe potuto far. Tirando le fila del discorso, un derby da dimenticare al più presto per il Θρύλος. Per il Pana, invece, i festeggiamenti si protrarranno ancora. Ma lo sanno benissimo da soli.

Matteo Albanese

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