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Darmstadt come Hollywood: viaggio nelle curiosità della Zweite

C’è una piccola Hollywood anche nell’Assia, una delle regioni più importanti della Germania. Non solo per merito della città circondariale di Francoforte. Dal punto di vista calcistico la regione alla Bundesliga non sta offrendo moltissimo, anche se l’Eintracht si sta dando discretamente da fare. Fino all’estate 2017 però c’era un’altra squadra che militava in prima divisione: il Darmstadt. Che con Hollywood avrebbe pochissimo a che fare, non essendo particolarmente rinomata. Ma la squadra della città regala magie. Non molto in campo, visto l’anonimo campionato di Zweite Liga che stanno conducendo i ‘Lilien’ (traduzione ‘i gigli’), bensì per un contorno quantomeno curioso.

Il Merck-Stadion am Böllenfalltor è situato fuori dal centro di Darmstadt, città comunque piccola di soltanto 150mila abitanti. È uno stadio datato, classica struttura con tre tribune distinte. Sì, tre, più le gradinate del settore ospiti che non valgono forse nemmeno mezzo punto. Ma a quelle ci arriveremo.

Un (presunto) valido motivo per cui l’impianto è di fatto ‘monco’ è dato dall’obiettivo di ristrutturarlo per renderlo più adatto al calcio professionistico tedesco. Un discorso che forse non preoccupava nemmeno troppo fino a una decina anni fa, quando la squadra ballava tra la terza e la quarta serie del calcio tedesco. Dopo aver però conquistato la promozione nel 2015 ed essere rimasta due anni in Bundeliga, con buone prospettive di riuscire a mantenersi tra le squadre di prima o seconda divisione tedesca, forse a Darmstadt si sono chiesti se fosse il caso di aggiustare lo stadio.

Oggi, però, quello che si vede è di fatto… un cantiere. Con tanto di ruspe sullo sfondo, chiaramente ferme, ma presenti tra le dune. Qualcuno a questo punto ha avuto la brillante idea di provare a camuffare questo cantiere. Non con teloni con disegnati tifosi finti – personalmente, rivedibili – piuttosto che sponsor vari, ma con 13 lettere giganti che compongono per l’appunto la scritta “Böllenfalltor”. Lo stesso carattere della scritta ‘Hollywood’, comprese le lettere storte.

L’altra metà del lato ‘mancante’ è invece, come detto, la gradinata del settore ospiti, che è peraltro l’unica tribuna (termine comunque troppo gentile per lo stato in cui versa, ma tant’è) scoperta. I tifosi dell’avversario di giornata, lo Jahn Regensburg, sono arrivati in buon numero nell’Assia. Consci che la trasferta sotto il sole battente sarebbe stata impegnativa, hanno portato sciarpe, birra, bandiere, altra birra, striscioni, ancora altra birra e… ombrelli bianchi e rossi, i colori sociali della squadra. Un po’ per sfottò, un po’ per divertirsi.

Il colpo di genio è arrivato prima del fischio d’inizio, all’ingresso in campo delle squadre. Gli ombrelli si sono aperti tutti quanti all’unisono, formando quella che sembrava una testuggine miliare – che di solito fatta con gli scudi, ma non stiamo qui a fare i pignoli coi dettagli. Poi all’improvviso, tutti i tifosi hanno iniziato a far roteare gli ombrelli fornendo un colpo d’occhio veramente meraviglioso. Peccato solo si sia esaurito troppo presto: dopo il fischio d’inizio sono risalite le sciarpe e le bandiere.

Giustamente anche i tifosi ospiti, come quelli di casa, volevano vedere la partita. In ogni caso, per chi non è riuscito a trovare un biglietto per entrare nell’impianto, non c’è stato comunque problema. La soluzione l’ha fornita lo stesso stadio. Piccolo (poco più di 10mila posti) e soprattutto vecchio stile: le tribune sono tutte separate tra di loro e all’esterno non ci sono muri o recinti che delimitino un pre-filtraggio o qualcosa del genere. Chiunque passi di lì può gettare un occhio e vedersi la partita dei Lilien in tutta tranquillità, certo dovendo fare i conti con una discreta calca, ma sempre nell’ordine e nella tranquillità.

Ovviamente nel corso degli anni lo stadio, che è stato aperto nel 1921, è stato soggetto a piccoli aggiustamenti, ma alcuni dettagli sono rimasti identici. Come ad esempio la panchina lontanissima dal campo: c’è di fatto una corsia stradale a separarla dal rettangolo verde. Così si è posto rimedio a questo limite piazzando due sedie, una per l’allenatore e una per il suo vice, in mezzo all’area tecnica. Risultato esteticamente discutibile, ma forse almeno può dirsi efficace. 

Alla fine però c’è poco da stupirci: la Zweite Liga è il campionato delle stranezze e delle follie. E anche gli stadi, a partire da quello del Darmstadt, non sono da meno.

Ah, dimenticavo: portatevi i contanti, perché la carta di credito nel sud della “città intestino” (traduzione letterale del nome) non è evidentemente contemplata come metodo di pagamento…

Giorgio Dusi

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