Curve pericolose. Inter e Milan sono solo le ultime di una lunga lista di legami fra le frange più estreme del tifo e la criminalità organizzata. Quanto accaduto a Milano, purtroppo, non è una novità: da anni lo stadio e quanto gira intorno al calcio si rivela come humus ideale dove far attecchire attività illecite.
L’omicidio di Antonio Bellocco, nome pesantissimo e legato alla ‘ndrangheta calabrese, ucciso agli inizi di settembre è solo la punta di un iceberg. L’evento ha scoperchiato il vaso di Pandora accelerando le indagini legate alla connessione fra tifoserie e criminalità. Sembra che l’armistizio, siglato nel 1983, dopo che più e più volte si era rischiato il morto, fosse propedeutico proprio a lasciar proliferare gli affari. Il rapporto di non belligeranza, insomma, era finalizzato a massimizzare i proventi di affari illeciti legati a qualsiasi tipo di attività dentro e fuori dallo stadio: biglietti, parcheggi, merchandising, finanche alla vendita di bevande. Un controllo a tutto tondo con annesse e connesse minacce, al limite dell’estorsione, anche alla società arrivando persino, come sembra emergere, alla richiesta diretta all’allenatore Simone Inzaghi.
L’ultimo caso che intreccia pallone e pistole risale all’inchiesta “Last Banner” che ha fatto emergere un giro di affari illeciti all’interno della curva dello Juventus Stadium. Anche allora i nomi di chi è finito sotto le lenti della magistratura sono stati “eccellenti”. La scalata delle cosche Pesce – Bellocco, famiglie legate alla ‘ndrangheta calabrese, una delle più potenti al mondo, ha portato alla condanna dei capi della curva, colpevoli di aver esercitato delle pressioni sulla società per prendere il comando delle operazioni di un settore che poteva arrivare a fruttare sino a 30mila euro a partita. La condanna per associazione a delinquere ha portato cinque capi ultrà dietro le sbarre, con l’accusa di estorsione. Tutto per non perdere benefici e privilegi.
Anche la città di Roma non è stata esente dalla presenza della malavita nelle curve. L’operazione ribattezzata “grande raccordo criminale” aveva scoperchiato la presenza della malavita organizzata all’interno delle curve di Roma e Lazio. In particolare, il settore più caldo del tifo biancoceleste era sotto il controllo di Danilo Piscitelli, alias Diabolik, salito al potere grazie alla spinta dei clan camorristici napoletani. Fondatore del gruppo degli Irriducibili della Lazio, è rimasto vittima di un agguato che gli è costato la vita il 7 agosto del 2019, freddato al Parco degli Acquedotti.
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