La partita più bella della prima tre giorni di Copa America ci ha regalato un grande Messico capace di trovare il perfetto compromesso tra la rabbiosa grinta da mettere in campo e la tipica tecnica latinoamericana.
È proprio questo il segreto della squadra di Osorio: saper mescolare cuore e talento per dare vita ad una squadra che sa giocare a calcio e che dà tutto in campo difendendo i propri colori. Il tecnico colombiano non ha toccato il DNA della squadra, fedelissimo al 5-3-2 ha proseguito con i dettami tattici lasciati dal Piojo Herrera riuscendo però a trovare un’ulteriore valorizzazione degli elementi a sua disposizione.
Herrera e Guardado sono l’emblema di questa squadra: i centrocampisti di Porto e PSV hanno corsa e qualità, tackle e finezze. In campo li vedi ovunque: è quasi impossibile aspettarsi giocate tanto eleganti e raffinate da chi è così dannatamente ossessionato nella rincorsa del pallone in fase di non possesso ed è questa la vera forza del Messico perché queste sensazioni vengono trasmesse anche ai compagni.
Vengono trasmesse al giovane Diego Reyes che davanti alla difesa ha giocato un partitone; vengono trasmesse agli esterni Corona e Layun che per un’ora fanno ammattire la difesa dell’Uruguay; vengono trasmesse anche a Chicharito Hernandez e soprattutto ad Aquino, imprendibile nel primo tempo.
Dietro invece la leggendaria figura di Rafa Marquez dà sicurezza ed affidabilità alla difesa in cui emergono anche i profili di Hector Moreno (protagonista di un secondo tempo sopra le righe) e Araujo.
È una squadra il Messico che non molla mai e che allo stesso tempo ha ottime risorse per continuare a giocare un ottimo calcio. Ecco perché gli ingressi dalla panchina di Lozano e Raul Jimenez hanno spaccato la partita e rimesso tutto in discussione quando la gara sembrava aver trovato il suo equilibrio.
Durante la partita sono cambiati più volte gli schemi (primo tempo di grande attacco sfruttando tecnica e ampiezza, ripresa di contenimento e contropiede) ma la filosofia è sempre quella di dare l’anima per conquistare il pallone e una volta preso di custodirlo e toccarlo nella maniera più raffinata possibile.
Eccolo il nuovo Messico di Osorio, una squadra che può crescere e ha ancora tanto da dire in questa Copa America Centenario.