In circostanze normali la qualificazione del Cruz Azul ai play-off per il titolo, dopo ben sei tornei di assenza dalla Fiesta Grande, sarebbe motivo di sollievo per i tifosi cementeros. C’è però poco di normale dalle parti dell’Estadio Azul, se si considera che la Real Academia Española ha dovuto smentire ufficialmente di aver mai introdotto nel dizionario il termine cruzazulear: “perdere in maniera inverosimile, sorprendente, una partita, un torneo, un premio”.
Lo ha imparato, con il tempo, anche Paco Jémez: arrivato nel novembre del 2016 dalla Spagna imbevuto di razionalità, convinto che “i vivi siano più pericolosi dei morti”, l’ex allenatore del Rayo Vallecano ha dovuto ammettere di “non aver mai allenato una squadra dove capitano cose del genere senza spiegazione”. Come quella capitata al termine dello scorso Clausura, quando il Cruz Azul, al termine di un anonimo semestre, ha detto addio ai play-off per colpa di un gol al 90′ del portiere del Pachuca Óscar Pérez, ultimo calciatore in attività ad aver vinto il titolo con la Máquina (tuttora proprietaria del suo cartellino).
Ora, dopo un altro torneo vissuto pericolosamente, con Jémez impegnato a fare gestacci verso la tribuna, prendersela con la stampa “vomitevole” e mettere in discussione lo status di “grande” della sua squadra, per il Cruz Azul è giunto il momento di affrontare i suoi fantasmi.
Una delle squadre più titolate e tifate del Messico, il Cruz Azul non vince infatti il campionato dall’anno 1997 e per qualcuno la colpa è proprio di un fantasma che infesterebbe il centro d’allenamento di La Noria: una bambina vestita di bianco, che qualcuno assicura di aver visto aggirarsi di notte, esprimerebbe tutto il disagio dei defunti per la scelta del club di stabilirsi a fianco del cimitero dove vorrebbero riposare.
Nell’ultimo ventennio il Cruz Azul ha perso otto finali delle dieci disputate tra campionato, coppe nazionali e internazionali, arrendendosi tre volte ai calci di rigore e altre due per un gol nei minuti di recupero. La più dolorosa, senza dubbio, la finale del Clausura 2013: dopo aver vinto 1-0 l’andata contro l’América, il Cruz Azul trascorse più di un’ora all’Azteca in vantaggio, prima di subire due reti nei minuti finali, una addirittura segnata dal portiere Moisés Muñoz, e perdere ai rigori. Proprio contro i rivali cittadini, allenati come quattro anni fa dal Piojo Herrera, inizia ora la Liguilla del Cruz Azul: ennesimo problema non da poco, considerando che sei delle ultime sette edizioni del Clásico Joven nella Liga MX sono finite con la sconfitta dei cementeros e che soltanto quattro giocatori dell’attuale rosa erano in campo ai tempi dell’ultima vittoria.
Qualcuno sostiene che tutto sia iniziato proprio con l’ultima trionfo in campionato, la finale dell’Invierno 1997 con il León vinta grazie al rigore trasformato nei tempi di supplementari da Carlos Hermosillo. C’è chi giura che in quell’occasione uno stregone avrebbe chiesto aiuto al club e, di fronte al rifiuto, avrebbe scagliato l’anatema. Da allora la maledizione del Cruz Azul avrebbe fatto vittime un po’ ovunque: addirittura la sconfitta dei New York Giants contro i Green Bay Packers dello scorso gennaio sarebbe dovuta alla maschera con lo stemma del Cruz Azul indossata da Odell Beckham Jr.
Lo scorso aprile la bruja Zulema, esperta di magia nera, si è esibita in un rito per chiedere a Satana di rompere la maledizione. L’ex Cagliari Peñalba, davanti alle immagini di teste di porco e di bue, non si è scomposto: “Finché continuiamo a vincere, molte grazie alla signora. Non mi interessa quel che dice la gente”. La psicologa dello sport Claudia Rivas sostiene che tutte le prese in giro siano ormai entrate nell’incosciente collettivo della squadra; Jémez è più ottimista e ritiene che i giocatori abbiano saputo digerire le “tonnellate di merda” che hanno dovuto ingoiare. In ogni caso, che nessuno dica loro dell’ennesima maledizione da spezzare: con l’attuale formato nessuna squadra arrivata sesta nella regular season ha mai vinto il titolo.
Marco Maioli (Romanzo Sudamericano – Tre3Uno3)
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