Era la partita della vita, il dentro o fuori che più esalta l’Uruguay; una nazionale che quando si tratta di disputare dei match per la sopravvivenza tira fuori il meglio di sé, gioca ogni pallone come se fosse l’ultimo e quasi sempre esce vincitore. Già quasi, perché stanotte non è stato così. La sconfitta nella gara d’esordio aveva costretto la “celeste” a giocare contro il Venezuela con un solo risultato a disposizione: la vittoria. Ma i 90 minuti hanno detto altro; uno a zero per “La Vinotinto” e uomini di Tabarez eliminati con largo anticipo. Spedizione statunitense che per l’Uruguay è stata un fallimento anche se, forse, bisognava aspettarselo.
Il fallimento di un’idea
L’eliminazione ai gironi è stata scritta prima che iniziasse la competizione; l’Uruguay è stato condannato da se stesso al momento delle convocazioni. A fallire non è stata la squadra, ma l’idea che questi giocatori potessero ancora farla una squadra; infatti molti di quelli che sono stati portati negli Stati Uniti (Muslera, Godin, Maxi e Alvaro Pereira, Fucile, Arevalo Rios, Lodeiro) hanno preso parte alle ultime cinque competizioni con la maglia della “celeste” (due Mondiali e tre Copa America). Sei anni in cui la spina dorsale della nazionale non cambia, e non sempre è un fatto positivo. Perché poi arrivi ad un punto di rottura e le cose che prima facevi ad occhi chiusi, ora fatichi solo a pensarle. E’ normale e fisiologico. L’età per alcuni giocatori, la mancanza di motivazioni per altri sono fattori che messi insieme hanno portato al fallimento della “celeste” e nemmeno un uomo di grande esperienza come Tabarez è riuscito a salvare una situazione drammatica. Il “maestro“, forse, avrebbe dovuto capire che bisognava rinnovare e non fare affidamento sul blocco storico, ormai logoro.
Cavani, la stella che non brilla
Anche il matador fa parte di quella serie di giocatori che dal 2010 ad oggi non ha saltato un torneo con la sua nazionale. Ma con lui si può fare un’eccezione perché, insieme a Suarez, è la stella della “celeste“. Ecco, in queste due partite Cavani non è riuscito a brillare come suo solito; nervoso e poco concreto sotto porta (l’errore nella gara con il Venezuela ha del clamoroso). Anche nella passata edizione della Copa, l’attaccante attualmente al Psg, aveva mostrato segni di nervosismo. Guarda caso sono le due competizioni dove l’Uruguay ha dovuto fare a meno di Suarez; forse il matador sente troppa pressione addosso, sente, in assenza del “pistolero“, la responsabilità di dover essere il leader e il trascinatore della nazionale. Oppure che sia arrivato anche per lui il momento di farsi da parte?
Ricambio generazionale
Il prossimo impegno della “celeste” è il Mondiale del 2018 in Russia. Bisognerà arrivarci con forze fresche perché passi falsi non sono più ammessi. Ringiovanire: questa deve essere la parola chiave. Il compito per Tabarez (se tra due anni sarà ancora lui l’allenatore) non è così arduo. Molti giovani sono stati lasciati a casa già prima della Copa e alcuni possono davvero essere il futuro di questa nazionale. De Arrascaeta, Gaston Pereiro, Rodrigo Amaral, Agustin Ale rappresentano il futuro e chissà che alcuni di loro non li vedremo protagonisti al prossimo Mondiale.
La Copa America Centenario è stata un vero e proprio fallimento per l’Uruguay. Un punto basso da cui ripartire, anzi rifondare una nazionale per tornare ad essere protagonisti.