Sono passati 14 anni dal primo successo continentale di José Mourinho ma il sapore è sempre lo stesso. Coppa UEFA o Europa League non cambia, il prestigio rimane identico così come il valore per la carriera di Mou del successo nella seconda coppa più importante del Vecchio Continente.
La prima volta era servita per far conoscere al mondo le idee di questo singolare personaggio portoghese che da lì a poco avrebbe cambiato la storia del gioco del calcio a suon di tatticismi, contromosse e giochi mentali; ieri è servito invece a ridare credibilità ad una figura mistica che andava via via smarrendo la sua aurea magica, cosa intollerabile per uno dal carattere dello Special One.
Una coppa per mettersi o rimettersi in discussione, per essere comunque sempre al centro dell’attenzione. Mourinho ha nel suo DNA quello di fare notizia, di essere l’uomo del momento, di colpire al momento giusto. Ed ecco che ogni minima occasione va sfruttata per prendersi luci, meriti e successi: è partito tutto da quella finale di Siviglia vinta con il suo Porto contro il Celtic, è rinato tutto con il successo di Stoccolma ai danni dell’Ajax.
Quando hai una considerazione popolare come quella di Mourinho la vittoria è più un obbligo che una responsabilità e se a questo ci si aggiunge anche il valore delle campagne acquisti la linea di confine tra gloria e fallimento è davvero molto sottile. Ci si aspettava tanto dal suo Manchester United in questa stagione e i successi nei trofei minori nazionali non bastavano a salvare l’annata macchiata da un deludente sesto posto. E allora ecco che quella coppa torna ad avere un sapore ed un ruolo speciale nella vita e nella carriera di chi attorno all’aggettivo “speciale” ci ha costruito una reputazione.
Non è un cerchio che si chiude ma un nuovo ciclo che si apre, o almeno queste sono le speranze del primo allenatore ad aver vinto due volte entrambe le coppe europee. Il suo Porto riuscì nell’impresa di vincere la Champions League l’anno successivo, i Red Devils forse non avranno quell’immediata competitività ma sicuramente si presenteranno alla prossima edizione con l’obiettivo di alzare al cielo la coppa dalle grandi orecchie.
La portata dell’impresa ha ovviamente porzioni diverse: nel 2003 il suo Porto poteva considerarsi una sorpresa seppur contasse in squadra campioni del calibro di Vitor Bahia, Ricardo Carvalho e Deco; quest’anno invece ha dovuto convivere con il peso di essere la grande favorita sin dall’inizio e turno dopo turno le pressioni e le attese nei propri confronti sono andati aumentando.
Fatto sta che un successo in un torneo così lungo non può far altro che mettere sul piedistallo tutti i protagonisti, compreso ovviamente l’allenatore. In 14 anni anni sono cambiate più ere calcistiche ma non la filosofia vincente di un uomo che sa sempre far parlare di sé.
E allora come fu un trampolino di lancio nel 2003 questa coppa adesso deve riproporre Mourinho come allenatore vincente anche in competizioni più prestigiose: ultimo acuto o inizio di un’altra era Special? Questo il grosso interrogativo che dovrà risolvere il Manchester United nella prossima stagione.
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