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Come decidere le partite dalla panchina: Sampaoli e 12 punti nelle ultime 7 gare…

Dicerie, ipotesi, presunte ricostruzioni e affermazioni da parte di fonti più o meno attendibili. Parallelamente all’espressione più vincente del calcio di Jorge Sampaoli, ecco che sul suo sistema di gioco si sono sprecati fiumi di parole. Non ci è dato sapere, ad esempio, in che modo sia solito arringare i suoi per prepararli alla battaglia, o quali schemi usi per sviluppare il cosiddetto equipo. Ai tempi in cui Jorge allenava il Cile, tuttavia, l’aspetto mentale è sempre stato preponderante e non escludo che abbia potuto giocare un ruolo decisivo per il successo della Roja chilena. Oltre a questo video in previsione di Brasil2014 (l’avrete già visto, magari, è quello dei minatori rimasti intrappolati che incitano Medel e compagni a regalar loro gioie), chiamo a testimoniare a sostegno di quanto ho appena detto le parole pronunciate da Jorge il 20 maggio 2015, alle porte di quella che sarebbe stata la trionfale campagna di Santiago, la primera Copa America. “Dato che dobbiamo affrontare i migliori giocatori al mondo, dobbiamo pensare al Cile come una squadra di undici kamikaze in campo. Il funzionamento e le idee della squadra sanno i soliti di sempre, dobbiamo avere undici giocatori che danno la vita per la maglia del Cile. Voglio una squadra che giochi come ai tempi di Bielsa, quando el Loco disse che il Cile giocava in quindici per quanta intensità metteva”. Vedasi la voce: come saper toccare le giuste corde. Salto in avanti. 25 febbraio 2016: nel mentre, Sampaoli ha vinto la Copa lasciando poi la nazionale in un clima burrascoso (con la Federazione che lo accusava a gran voce di “voler abbandonare la nave”) e dopo un annetto di break ha scelto Siviglia come luogo da cui ripartire. L’Europa, la piazza precedentemente infuocata dalla pasion di Unai Emery e da tre Europa League consecutive. Il 25 febbraio si gioca il derby, al Benito Villamarin, quartier generale della metà betica del capoluogo andaluso.

Negli spogliatoi, dopo il termine della prima frazione, ecco che i rojiblancos sono in svantaggio. Ma non è una partita normale: il Siviglia visto fino ad ora non è quella maquina arrembante che rappresenta la pienezza del bielsismo in salsa sampaoliana, sembra quasi un giocattolo rotto che ripete a memoria gli ultimi movimenti che gli riescono, prima di spegnersi. E’ un undici spento, che cerca sul campo una quadratura sfuggente. E’ una sorta di sparring partner per un Betis che oltre al vantaggio (minuto 36′, con questo sinistro da calcio piazzato di Durmisi) preme con forza e a conti fatti avrebbe potuto aumentare considerevolmente il vantaggio (Sanabria, Rubén Castro, di nuovo il numero 24, Petros, Pezzella che coglie la traversa e, dopo il gol, anche Ceballos). Insomma, una sola squadra in campo. Nessuna traccia di quel Siviglia ammirato spesso fino a qui (e qui riassunto ottimamente da Flavio Fusi per UltimoUomo in relazione alla vittoria contro l’Atlético di Simeone).

La ripresa, però, si apre con tre cambi. Due a livello di uomini (fuori Vazquez e Sarabia, dentro Iborra e Ben Yedder), uno a livello di mentalidad. Per gli amanti della tattica, si passa al 4-2-3-1 puro: Iborra va ad affiancare N’Zonzi, mentre l’ex Tolosa si posiziona come terminale offensivo davanti al terzetto Jovetic-Nasri-Vitolo. Cambia la partita, il Siviglia ritrova quella tempra tipica della battaglie al Sánchez-Pizjuán. Saranno proprio decisivi questi accorgimenti, a gara in corso, da parte di Sampaoli. Al 57′ una punizione di Nasri trova proprio Iborra a deviare, respinge Adán ma nulla può sul tap-in di Mercado (gol anche all’andata per lui). Lo schema si ripete al 77′: piazzato di Nasri, torre più o meno involontaria di N’Zonzi che regala un invito a nozze al numero 8. Un gioco da ragazzi, un’épica remontada. E in testa alla Liga, a pari punti col Real (con due partite in meno, però).

Questo articolo di Marca, ad opera di Lorenzo Lara, è sufficientemente eloquente. “El entrenador que cambia los partidos” è il titolo affibbiato a Jorge Sampaoli, “el hombrecito”, ex impiegato di banca e giudice di pace, nel tempo libero anche carnefice (finale di Copa America: il suo Cile contro la terra natia Argentina, curiosa sorte poi toccata l’anno dopo a Juan Antonio Pizzi). Un perfezionista, un mago (ah, no, forse era Valdivia quello), sia nel preparare un match che nel comprendere appieno la sua evoluzione a gara in corso. E di gente che sappia farlo bene, credetemi, ce n’è poca. Se ce ne fosse bisogno, poi, ecco che con questa sera sono 14 le reti stagionali arrivate dalla panchina. E solo contando le ultime 7 gare, hanno portato ben 12 punti alla squadra.

La cronistoria parte da domenica 11 dicembre, coordinate geografiche dell’Estadio Balaídos, partita contro il Celta: Vicente Iborra entra al 46′ al posto dell’infortunato Nico Pareja, segna una tripletta e si porta il pallone a casa dopo aver eseguito tutto il suo repertorio (prime 3 reti stagionali: di testa, di destro e su rigore). Si prosegue dunque al 15 gennaio, questa volta tra mura amiche, quando il Real Madrid è stato beffardamente annientato dal neo acquisto Jovetic, subentrato al 69′ a Franco Vazquez e autore del gol partita al 92′ (2-1). Contro l’Osasuna, la settimana successiva, è toccato a Pablo Sarabia siglare il provvisorio 2-4 al 92′ (poi 3-4 con la marcatura al 93′ di Kodro): Pablo aveva sostituito Gabriel Mercado al minuto 66. L’ultima tappa di questo mini-tour è invece l’Estadio de Gran Canaria, dove il 12 febbraio Joaquín Correa entra al minuto 77′ sul terreno di gioco e all’80’ sul tabellino dei marcatori. 4 partite, 4 vittorie decise a gara in corso dagli uomini mandati in campo da Jorge. No es casual que el Sevilla sea el equipo de la Liga que más goles consigue desde el banquillo

Ps: confesso di esser un grande ammiratore del tecnico argentino. Dicono che dorma pochissimo (circa 4 ore per notte), che ascoltasse le conferenze stampa del suo idolo Bielsa mentre andava a correre, che dedichi gran parte del lavoro all’analisi visuale degli avversari, che sia letteralmente ossessionato dal futbol. Se vi interessa, vi rimando ad un bellissimo pezzo di Fabrizio Gabrielli uscito su UltimoUomo che analizza la figura del guru rosarino.

Matteo Albanese

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