Vicini per la vita, rivali fino alla morte. Huracán e San Lorenzo, facce di un calcio argentino costruito sulle rivalità popolari, quelle di quartiere che passano dall’essere piccole vicende tra strade confinanti a grandi incontri nazionali. Così sono nati Boca-River e il Clásico di Avellaneda tra Racing e Independiente, ma anche un altro Clásico de barrio, quello proprio tra Huracán e San Lorenzo.
Stesso anno di fondazione, stessa zona di Buenos Aires. Dal porto verso l’Interior, lì nascono i quartieri della discordia. Il San Lorenzo viene fondato ad Almagro, anche se la successiva divisione della città lo porterà a essere per eccellenza il club di Boedo, zona che è stato costretto a lasciare quando il suo stadio, il Gasómetro, è stato sostituito da un grande centro commerciale. Da anni gioca a Bajo Flores, nel Nuevo Gasómetro, ma dopo tanto calvario tra poco potrà finalmente tornare nelle sue strade.
E a pochi metri di distanza da Boedo sorge Parque Patricios, barrio adiacente di una zona che vive al ritmo del fútbol. La squadra è l’Huracán, letteralmente “l’uragano”, nome fondamentale per capire alcune dinamiche della storia di questa rivalità. Come stemma ha una mongolfiera, il Globo come lo chiamano loro. Colpa o merito del primo presidente argentino-americano Jorge Newbery che nel 1909 a bordo della sua mongolfiera chiamata proprio Huracán partì da Buenos Aires attraversando i cieli di tre repubbliche, prima di atterrare nella città brasiliana di Bagé. Una traversata così grande per l’epoca che lo convinse ad adottare questo stemma per il suo club di calcio.
Que se pinche el Globo, Che si buchi la mongolfiera, è uno dei tormentoni del San Lorenzo quando sta per arrivare il Clásico de barrio, frase che qualcuno giura di aver sentito borbottare anche a Papa Francesco, che non ha mai nascosto la sua fede azulgrana. A lui e soprattutto alla propria tradizione clericale deve alcuni dei suoi soprannomi il San Lorenzo: quello di Cuervos, ossia i corvi, deriva dal colore nero dell’uniforme del parroco Lorenzo Massa, a cui il club deve anche il suo nome. Offrì il campo dell’oratorio in cambio della partecipazione alla messa a dei ragazzi per toglierli dalla strada dopo che un tram uccise uno di loro e così cominciò la storia del San Lorenzo.
L’altro soprannome è quello di Santo, anche qui riconducibile a queste basi fondanti, rafforzate poi dalla figura di Bergoglio. Ma l’altro soprannome, quello forse più utilizzato, è quello di Ciclón. Venne inventato dal giornalista Hugo Marini per descrivere gli attacchi potenti della squadra, ma alla base della scelta c’è soprattutto il fatto che un ciclone sia più forte di un uragano, ossia di un Huracán.
La rivalità nel calcio, nella geografia, ma anche nell’onomastica. Un Clásico de barrio a tutti gli effetti, dalle piccole cose di quartiere all’importanza di una sfida nazionale. Solo i derby Boca-River e Racing-Independiente vantano più titoli di questo in Argentina, segno del prestigio e della tradizione di questa partita nonostante per molti anni non si sia giocata per via dell’assenza del Globo dalla Primera. Ma nell’era attuale il Clásico è più vivo che mai, così piccolo nelle distanze, così grande nei sentimenti. Di nuovo costretto a scegliere se sia più forte un ciclone o un uragano.
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