I cambiamenti rispetto alla squadra che ha dominato la Serie A 2020-21 sono stati tanti e l’Inter non sembra aver ancora digerito questo passaggio. I ragazzi di Inzaghi alternano grandi vittorie a passi falsi che nel finale minano le certezze dei campioni d’Italia che in Champions non possono più sbagliare. Un punto in due partite e ora a San Siro arriva lo Sheriff Tiraspol incredibilmente primo e a punteggio pieno dopo la clamorosa vittoria a Madrid contro il Real. La Beneamata ha bisogno dei tre punti e andrebbe bene anche un marcatore poco noto, come questi cinque.
MARCO BENASSI
Emiliano di Modena, Marco Benassi è stato un autentico leader del centrocampo dell’Inter primavera che trionfò nel 2012 il Next Gen Series. Giocatore dotato di grande intelligenza tattica dimostrò subito maggiore maturità rispetto all’età effettiva e con la promozione in prima squadra di Andrea Stramaccioni anch’egli iniziò a giocare con i grandi. I molti infortuni patiti dai nerazzurri in quella stagione gli permisero di giocare svariate partite e anche in Europa League riuscì a mettersi in mostra trovando anche la gioia del primo e unico gol milanese. Nei sedicesimi di finale la doppietta di Palacio a Milano e quella di Guarín in Romania avevano già archiviato la sfida contro il Cluj e così a inizio secondo tempo Benassi venne inserito al posto del Trenza. La ripresa proseguì senza grossi sussulti, ma a due minuti dalla fine un lancio magistrale di Cassano lanciò in porta il giovane Marco che riuscì a trafiggere Felgueiras per il definitivo 0-3. Un gol valido solo per le statistiche ma per il diciannovenne modenese fu una gioia incredibile. A fine anno venne mandato in prestito a Livorno e a Milano non ci tornò più, ma riuscì a farsi apprezzare prima al Torino e ora alla Fiorentina.
ZDRAVKO KUZMANOVIĆ
Nato a Thun in Svizzera, ma legatissimo alle sue origini serbe, Zdravko Kuzmanović era uno dei prospetti più interessanti della fine del primo decennio del nuovo millennio. Il Basilea lo lanciò giovanissimo a soli diciotto anni e poco prima che compisse i venti Cesare Prandelli lo volle nella sua Fiorentina. Due stagioni importanti con due qualificazioni in Champions League ma la sensazione che non fosse mai riuscito a migliorarsi negli anni in Toscana e così nel 2009 andò in Germania allo Stoccarda. Per vari campionati fu il regista dei biancorossi fino a quando non arrivò l’austriaco Holzhauser a chiuderlo e nel gennaio 2013 venne acquistato dall’Inter per un ritorno in Serie A. In nerazzurro però le cose andarono male fin da subito prima con Stramaccioni e poi con Mazzarri. Un bagliore di luce sembrò arrivare nel novembre 2014 quando sulla panchina meneghina tornò Roberto Mancini e Zdravko ripagò subito la fiducia del tecnico marchigiano quando in Europa League segnò la rete del pareggio a San Siro contro gli ucraini del Dnipro. Fu l’unica sua marcatura con la Beneamata e servì per dare la qualificazione ai sedicesimi di finale. A fine anno però tornò nella sua Svizzera al Basilea dove si ritirò nel 2020, intervallato tutto da due brevi parentesi a Udinese e Málaga.
MANCINI
La carriera di Amantino Mancini fu a dir poco strana e travagliata. In Brasile girò per varie squadre fino all’esplosione nell’Atlético Mineiro che gli consentì l’approdo in Italia, ma la Roma aveva ancora dei dubbi nei suoi confronti. Venne così ceduto in Serie B a Venezia e sulla laguna non riuscì a lasciare il segno tanto che i giallorossi non trovarono nessun’altra squadra disposta a prenderselo in prestito. Il ragazzo di Belo Horizonte triplicò gli sforzi in allenamento e si fece apprezzare da Fabio Capello diventando la sorpresa della stagione e rimanendo nella Capitale per cinque anni, diventandone una colonna. Nel 2008 José Mourinho vide in lui l’uomo giusto per attuare il suo 4-3-3 e gli inizi in nerazzurro furono promettenti. Alla prima gara del girone di Champions la Beneamata andò in Grecia contro il Panathinaikos e fu lui a sbloccare il risultato con un preciso destro a incrociare. Nessuno però poteva immaginare che quel lampo di Atene sarebbe stato il suo unico centro in nerazzurro. Iniziarono anni difficili finendo sempre più ai margini della rosa e per sei mesi passò anche ai cugini del Milan continuando però a non convincere. Tornò in Brasile e si ritirò nel 2014 da giocatore del Villa Nova.
DOMENICO MORFEO
Doveva essere l’ennesimo grande talento sfornato dal vivaio dell’Atalanta e invece Domenico Morfeo fu uno dei più grandi rimpianti del calcio italiano. Non mancò mai nel mostrare al mondo la sua classe, ma il tutto fu sempre alternato a indolenza e poca voglia di allenarsi. A Bergamo ci restò per nove anni tra giovanili e prima squadra riuscendo anche a vincere con l’Under 21 l’Europeo del 1996. La Fiorentina lo acquistò per creare con Rui Costa un duo fenomenale per servire Batistuta ma la coesistenza col portoghese fu difficile e allora passò al Milan dove vinse lo Scudetto pur giocando poco. Iniziò a girovagare per l’Italia con tappe a Cagliari, Verona, ancora Bergamo e ancora Firenze, fino a quando nel 2002 non venne acquistato dall’Inter. La scelta di acquistare un trequartista con un allenatore rigido nel suo 4-4-2 come Héctor Cúper fu abbastanza cervellotica e lo spazio per Mimmo fu limitato. Il suo momento di gloria arrivò però in Champions League quando riuscì ad andare a segno nel trionfale 1-4 in casa del Newcastle. Avrebbe potuto segnare anche un secondo gol europeo quando contro il Bayer Leverkusen volle tirare a tutti i costi un rigore togliendolo al compagno Emre, ma Butt parò il suo tiro dal dischetto. A fine anno lasciò l’Inter per andare a Parma dove visse una seconda giovinezza prima di due tristi avventure a Brescia e a Cremona.
JOEL OBI
L’Inter lo prelevò dalla sua Nigeria in giovanissima età e divenne una colonna della Primavera iniziando a giocare nella stagione post Triplete riuscendo a guadagnarsi anche molti elogi. Un infortunio nel derby contro il Milan ne limitò l’inserimento in prima squadra ma nella stagione successiva giocò spesso e volentieri collezionando ben ventisette partite in Serie A. La terza annata avrebbe dovuto essere quella della consacrazione e iniziò anche nel migliore dei modi con il suo primo gol europeo e il cinquecentesimo nella storia nerazzurra in Europa. La rete arrivò nella seconda giornata del girone di Europa League nella lontana Azerbaijan contro il Neftçi Baku, ma un infortunio ne fermò la sua esplosione. Una volta rientrato Mazzarri lo mandò in prestito a Parma e quando tornò l’anno seguente riuscì a segnare il decisivo gol del pareggio in un derby contro il Milan. I guai fisici ne limitarono il rendimento e a fine anno vene mandato al Torino, prima di passare al Chievo e ora alla Salernitana.
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