Questa sera la Roma ha una grande opportunità per fare lo stacco forse decisivo per il passaggio ai sedicesimi di finale, ma l’avversario è di primo livello. Il Borussia Mönchengladbach è capolista in Bundesliga anche se in Europa League non sta riuscendo a ingranare e sarà quindi fondamentale fare punti con i giallorossi. Grandi campioni hanno vestito la maglia dei bianconeri e anche qualche meteora che abbiamo potuto apprezzare in Serie A, ed ecco per voi cinque giocatori che probabilmente non ricordavate con i “Die Fohlen“.
OLIVER BIERHOFF
Attaccante icona del calcio tedesco e della Serie A di fine anni ’90, Oliver Bierhoff era l’attaccante non bello da vedere e non spettacolare ma devastante davanti alla porta soprattutto con i suoi perentori colpi di testa. Dopo gli inizi da giovane con il Bayer Uerdingen passò nel 1988 all’Amburgo dove però faticò a imporsi e i gol arrivarono col contagocce. A gennaio del 1990 passò al Borussia Mönchengladbach dove cercò di rilanciarsi, ma anche qui fu un completo disastro. Otto presenze e nessun gol il magro bottino nei sei mesi in Renania e la cessione a fine anno fuori dalla Germania all’Austria Salisburgo. In un campionato più semplice ritrovò stimoli e gol tanto che a fine anno l’Inter lo acquistò ma girandolo subito all’Ascoli e con i marchigiani retrocedette al primo anno, ma seguirono tre anni d’oro in Serie B e il passaggio all’Udinese dove divenne il re del Friuli. Riuscì nel 1996 con due gol in finale a far vincere l’Europeo alla Germania e nel 1998 passò al Milan dove al primo anno vinse il campionato. Chiuse la carriera col Chievo nel 2003.
THOMAS HELVEG
Compagno fedele di Oliver Bierhoff per tanti anni in Italia Thomas Helveg è stato un ottimo terzino e con le sue centotto presenze in nazionale risulta essere il quarto danese più convocato di sempre. Dopo gli ottimi inizi in patria nell’Odense venne acquistato nel 1993 dall’Udinese e con Zaccheroni riuscì a esplodere qualche anno dopo diventando un elemento importantissimo nel suo 3-4-3. Il tecnico romagnolo passò al Milan e volle portare con sé due elementi per lui fondamentali: Bierhoff ed Helveg. Il suo trascorso in rossonero fu di luci e ombre e soprattutto con l’arrivo di Ancelotti lo spazio fu sempre meno ma riuscì a vincere un campionato e una Champions League. Nel 2003 passò ai cugini dell’Inter ma anche qui le cose andarono male e allora l’anno dopo lasciò l’Italia andando prima al Norwich e poi al Borussia Mönchengladbach. Trascorse una stagione e mezzo in Germania e gli infortuni lo perseguitarono per tutta la sua avventura non riuscendo a lasciare un segno importante in bianconero. Tornò all’Odense dove chiuse la carriera nel 2010.
LOTHAR MATTHÄUS
Con Franz Beckenbauer è probabilmente il miglior calciatore tedesco di sempre. Un panzer, una vera forza della natura, un leader tecnico e carismatico e dimostrazione assoluta che si può diventare leggende anche senza vincere la Champions League. Lothar Matthäus era andato a un soffio dal vincere l’unico titolo mancante in carriera nel 1999 quando arrivato ormai a trentotto anni aveva vinto un Europeo, un Mondiale, sette Bubdesliga, una Serie A e due Coppe Uefa. Un campione che iniziò nel 1979 a soli diciannove anni quando dovette lasciare la sua Baviera per andare a nord, direzione Borussia Mönchengladbach. Dopo un solo anno da professionista venne convocato dalla Germania Ovest per gli Europei del 1980 e l’Italia gli entrò subito nel cuore perché fu elemento importante per la vittoria del titolo. Con il Gladbach giocò molto più arretrato rispetto ai suoi standard futuri e anche i gol arrivarono con meno frequenza nonostante rese già noto il suo micidiale destro. Rimase fino al 1984 in bianconero e il suo cruccio più grande fu la Coppa di Germania proprio nel suo ultimo anno. Matthäus era già promesso sposo del Bayern e la finale fu proprio contro i bavaresi e dopo l’1-1 dei centoventi minuti, fu Lothar a sbagliare il primo tiro dagli undici metri. Per sua fortuna anche Augenthaler sbagliò e alla fine l’errore decisivo fu quello di Ringels, ma dalle parti del Borussia Park ancora in molti non hanno digerito quel rigore calciato alle stelle nella sera di Francoforte.
ANDRIY VORONIN
Un ucraino trapiantato in Germania, Andriy Voronin fu un’ottima seconda punta ma che non riuscì mai completamente a sfondare nonostante le grandi doti tecniche. È stato portato fuori dalla sua Ucraina a soli sedici anni perché il Borussia Mönchengladbach ne avevo adocchiato le abilità e il talento. Debuttò nel 1997 e trovò il suo unico gol in bianconero alla fine della sua prima stagione contro l’Hansa Rostock, ma non riuscì mai a imporsi in prima squadra. Al Mainz diventò un elemento importante e dopo un anno a Colonia sfondò al Bayer Leverkusen dove visse gli anni migliori e nel 2007 si guadagnò la maglia numero dieci del Liverpool. In Inghilterra le cose però non andarono bene e tornò dopo un anno in Germania all’Hertha Berlino, prima di chiudere la carriera alla Dinamo Mosca.
AMIN YOUNES
Libanese con cittadinanza tedesca Amin Younes è cresciuto a Düsseldorf, ma ad accaparrarsi le sue qualità fin dalla più tenera età è stato il Borussia Mönchengladbach. Dall’età di sette anni fino agli inizi con la prima squadra e la cessione nel 2014 a ventun’anni. Quattordici anni lunghissimi dove è diventato uno dei giocatori più interessanti a livello giovanile avendo passato tutte le varie nazionali tedesche. Arrivato in prima squadra ha però subito il salto di categoria e nelle sue due tappe successive con Kaiserslautern e Ajax ha dovuto ancora giocare qualche gara con l’undici B. Con il Gladbach trovò il primo gol in Bundesliga contro il Borussia Dortmund, ma all’ Ajax dimostrò il suo vero valore tanto da essere acquistato dal Napoli nel 2018, ma Ancelotti fatica a vederlo come un possibile titolare e preferisce ancora schierarlo in occasione dei turn over azzurri.