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Cinque ex Serie A che non ricordavi in maglia Valencia

L’Atalanta sta continuando a stupire e dopo i timori reverenziali delle prime tre giornate sembra inarrestabile anche in Champions. Solo sconfitte nel girone d’andata ben compensate nel ritorno con un pari di lusso con il Manchester City e due grandi vittorie su Dinamo Zagabria e Shakhtar Donetsk. Ora agli ottavi l’ostacolo si chiama Valencia e il sogno dei quarti non è poi così impossibile. I pipistrelli hanno sempre guardato con buon occhio alla Serie A prendendo molti giocatori anche italiani, ma questi sono cinque che probabilmente non ricordavate o dalle parti del Mestalla o nel nostro campionato.

ROBERTO AYALA
Arcigno difensore argentino è stato per ben tredici anni una collona dell’Albiceleste con la quale è riuscito a vincere anche una medaglia d’oro olimpica ad Atene 2004. I primi undici calcistici, tra giovanili e prima squadra, li ha passati con il Ferro Carril Oeste prima che nel 1994 passasse al River Plate conquistandosi la nazionale. Un solo anno con i Millonarios prima della chiamata italiana, a Napoli. Ayala visse sotto al Vesuvio tre annate importanti entrando nel cuore dei tifosi e portando al braccio anche la fascia da capitano, ma gli Azzurri non stavano vivendo il loro miglior momento. Nel 1998 arrivò una pesante retrocessione, ma El Piraña venne rimase nella massima serie, voluto da Zaccheroni per il suo nuovo Milan. In rossonero però le cose non andarono per il meglio. Riuscì a vincere lo Scudetto, ma in due anni totalizzò solo trentacinque presenze fra tutte le competizioni e nel 2000 passò al Valencia dove divenne una bandiera. Sette lunghe e gloriose annate dove riuscì a vincere due campionati e una Coppa Uefa, mentre la Champions League svanì in finale contro il Bayern Monaco dove Ayala giocò novanta minuti prima di essere sostituito in vista dei supplementari. Il 2007 fu di fatto il suo ultimo anno dove diede l’addio ai Pipistrelli e all’Argentina a seguito di una pesante sconfitta in finale di Copa América contro il Brasile, dove causò anche uno sfortunato autogol. Due anni e mezzo al Saragozza prima di chiudere definitivamente nel 2010 con il Racing in patria.

FERNANDO GAGO
Grande centrocampista e amatissimo in Argentina fu sempre sfortunato in Europa causa una serie di infortuni che ne rallentarono sempre il definitivo adattamento al calcio del Vecchio Continente. Fernando Gago è un cuore Boca e dal 1996 al 2007 ha sempre vestito la stessa maglia, fino a quando il Real Madrid non decise di portarlo in Spagna. Coi Blancos vinse subito due campionati e fu molto importante negli anni di Schuster dove fu un titolare inamovibile del centrocampo madrileno. Il ritorno di Pérez come presidente però fece iniziare un periodo di acquisti di grande nome e Gago iniziò a retrocedere nelle gerarchie prima di Pellegrini e poi di Mourinho tanto che nel 2011 passò alla Roma di Luis Enrique. In giallorosso alternò buoni momenti ad altri più bui e il settimo posto finale per la Lupa rappresentò come anche tutta la squadra ebbe lo stesso rendimento. L’argentino non venne riscattato a fine anno e tornò in Spagna, questa volta direzione Valencia dove però non riuscì a lasciare traccia del suo passaggio. Tredici partite in metà campionato e la fuga a gennaio per tornare in Argentina al Velez prima di rimettere la sua maglia preferita, quella del Boca.

IVÁN HELGUERA
Per molti Iván Helguera è stato uno dei difensori più sottovalutati della sua epoca, per altri invece solo un buon giocatore che si è trovato nel posto giusto al momento giusto. La verità forse sta nel mezzo, ma di sicuro il contributo difensivo del ragazzo di Santander alla causa Merengues è stato di primo piano. Da giovane iniziò nelle serie minori tra Manchego e Albacete, ma nel 1997 la Roma decise a sorpresa di portarlo in Italia. Zeman sembrava credere in questo difensore dai piedi buoni, ma alla fine in giallorosso fu solo di passaggio con nove anomime presenze e immediato ritorno in Spagna. Il Belpaese aveva però fatto bene a Helguera che all’Espanyol si riscoprì più forte e maturo nei propri mezzi e nel 1999 passò al Real Madrid dove con Hierro formò una strepitosa coppia centrale che aiutò alla vittoria di ben due Champions League. Dopo aver vinto una ultima Liga con Capello nel 2007 passò al Valencia e nella prima annata non sfigurò andando anche a segno per l’ultima volta in carriera contro il Murcia. L’anno seguente un infortunio lo bloccò e a fine anno diede l’addio al calcio.

LUÍS NANI
Un inizio di carriera simile a quello di Cristiano Ronaldo, la nomea del predestinato fin dai tempi delle giovanili dello Sporting Lisbona e l’approdo al Manchester United a ventun’anni. Rispetto al connazionale di Madeira le cose però non sono continuate allo stesso modo per Nani. Un esterno destro capace di grandi giocate, autore di svariati gol da incorniciare e un importante avvio con i Red Deviles con la vittoria della Champions League al primo anno. Un grande difetto lo caratterizzò però per tutta la carriera: la difficoltà ad andare a segno con frequenza. Mai in doppia cifra a fine campionato, sfiorata solo nel 2010-11 con nove reti, e nonostante compensasse con gli assist forse avrebbe dovuto diventare più cattivo sotto porta per diventare un immortale della sua generazione. L’addio di Ferguson nel 2014 lo portò ai margini della squadra e così tornò allo Sporting Lisbona e da qui iniziò un girovagare continuo dell’Europa. Dopo un anno al Fenerbahçe passò al Valencia nel 2016 dove andò a segno per cinque volte ma incappò nella disastrosa stagione degli spagnoli che chiusero la Liga solo al dodicesimo posto. A fine anno lasciò il Mestalla per la Serie A e passò alla Lazio di Simone Inzaghi con la quale però non riuscì mai a convincere del tutto e le tre reti non bastarono per la riconferma. Adesso gioca negli Stati Uniti a Orlando.

RICARDO OLIVEIRA
In Italia non viene di certo ricordato come un grande campione e la sua esperienza al Milan è stata senza dubbio da dimenticare. Eppure Ricardo Oliveira in Brasile viene considerato un ottimo attaccante già dagli anni della Portuguesa che gli permisero di arrivare al Santos prima di passare in Europa al Valencia. Con i Taronja ebbe un buon impatto segnando otto gol e divenne anche campione di Spagna. Venne convocato per la Copa América del 2004, ma nonostante questo non riuscì a guadagnarsi la conferma e l’anno seguente passò al Betis Siviglia dove visse le sue annate europee migliori prima del passaggio al Milan. In rossonero prese la numero sette lasciata in eredità da Andriy Shevchenko ma la sua avventura meneghina fu da dimenticare e così tornò in Spagna al Saragozza dove ricominciò a segnare. Nel 2010 inziò una lunga alternanza tra Brasile ed Emirati Arabi Uniti fino ad arrivare all’Atlético Mineiro dove gioca anche oggi a quarant’anni.

Francesco Domenighini

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