A vederlo oggi sembra quasi un altro giocatore: il capello più corto, il volto decisamente più maturo, il ruolo molto più vicino al centrocampo. Eppure il Sergio Canales del Betis è lo stesso calciatore che agli esordi con il Racing di Santander prometteva di essere uno dei migliori prodotti del rinato vivaio spagnolo, prima di andare incontro a una carriera che non ha valorizzato il suo grande talento.
Tonalità di verde differente tra la maglia degli esordi e quella attuale: mischiato col nero in quel Racing, bella realtà di Liga, capace addirittura di arrivare in Europa grazie al duo Munitis-Zigic e alla nascita di questo giovane fantasista che aveva attirato su di sé gli occhi di tutta la Spagna.
A 19 anni era già esploso: una stagione quella 2009/10 in cui tra verticalizzazioni, dribbling e giocate di fino, ci si era illusi di aver trovato un trequartista d’eccezione, che spinse il Real Madrid a forzare la mano sul calciomercato per assicurarsi colui che secondo Mourinho poteva essere l’erede di Guti.
Scelte di mercato e problemi fisici hanno fatto il resto, impedendo a Canales di proseguire la sua ascesa nel calcio dei grandi. Troppo pesante la maglia del Real, troppo sfortunata la sua carriera, passata poi da un buon inizio a Valencia interrotto bruscamente da un infortunio al crociato che ha asciugato la sua magia calcistica. Anche perché il danno fu doppio, vista la ricaduta con conseguente nuova rottura pochi giorni dopo il suo rientro ufficiale. Insomma, un dramma che ha segnato soprattutto sul piano psicologico il ragazzo: con il Valencia ha ripreso a giocare, anche bene in alcune occasioni, ma i cambi in panchina non lo hanno aiutato a ritrovare il suo livello e nonostante il pubblico di Mestalla fosse entusiasta del suo talento, dopo un rapporto spiacevole con Juan Antonio Pizzi scelse di lasciare il club per tornare a nord, stavolta con la Real Sociedad.
Altra esperienza da dimenticare in cui a livello mentale non è stato mai pienamente dentro al progetto: cinque stagioni, tutto sommato non da buttare, ma è chiaro che in quei piedi c’era la possibilità di fare e incidere di più, soprattutto in zona gol dove i numeri di Santander non sono stati neanche avvicinati.
Il Betis ha rappresentato una rinascita, lo ha visto di nuovo partecipe del gioco, gli ha fatto vivere di nuovo un’avventura da protagonista. Più centrocampista che trequartista, ma in grado di toccare maggiormente il pallone e dare luce al gioco. Si è rivisto il Canales dei tempi migliori, purtroppo però al livello dell’inizio della carriera e non a quello stellare a cui sarebbe potuto arrivare; le stagioni mediocri del club andaluso hanno oscurato il suo ritorno e ogni volta che si vedono lampi di genialità calcistica salgono i rimpianti per una carriera che sarebbe potuta essere davvero di un altro livello.
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