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Dall’U21 alla maggiore: il calcio danese vive un momento d’oro

Con 6 vittorie in altrettante partite, 20 gol fatti e nessuno subito, la Danimarca è stata tra le più convincenti protagoniste della finestra di calcio internazionale. La nazionale maggiore danese ha vinto agevolmente le prime tre partite di qualificazione ai Mondiali del 2022 contro Israele, Moldova e Austria, mentre l’Under-21 ha chiuso a punteggio pieno il gruppo C degli Europei di categoria, mettendosi alle spalle Francia, Russia e Islanda.

Risultati sorprendenti che testimoniano la crescita di un movimento che nell’ultimo decennio ha saputo modernizzarsi, mescolando fin dalle giovanili princìpi di gioco di posizione – non a caso l’Under-21 è allenata dallo spagnolo Albert Capellas, coordinatore del vivaio del Barcellona tra il 2004 e il 2010 – e del calcio ad alta insensità di matrice tedesca cui si ispira il CT Kasper Hjulmand, che nel 2014 sostituì Tomas Tuchel sulla panchina del Mainz.

È anche grazie al lavoro coerente della federazione, quindi, che i giovani sembrano perfettamente integrati fin dalle prime partite con la nazionale maggiore: Mikkel Damsgaard, Andreas Skov Olsen e Jonas Wind – che per età avrebbero potuto partecipare al torneo giovanile – si sono subito ritagliati ruoli da protagonisti coi “grandi”, partecipando con 5 gol e 4 assist complessivi alle 14 reti segnate dalla squadra nelle ultime tre partite.

Delle 9 partite ufficiali giocate dall’arrivo di Hjulmand, ad agosto, la Danimarca ne ha perse 2, entrambe contro il Belgio (0-2 e 4-2); nelle restanti 7 ha subito un solo gol (dall’Islanda), ben figurando anche nel girone di Nations League terminato al secondo posto, dietro lo stesso Belgio, a pari punti con l’Inghilterra.

La solidità difensiva rimane un fattore-chiave dei recenti successi, ma sembra che il tecnico abbia finalmente trovato l’assetto giusto anche davanti, con l’inserimento in pianta stabile di Wind, attaccante classe ‘99 che, così come nell’FC Copenhagen, agisce da falso nove con un duplice effetto: favorire lo sviluppo della manovra attraverso una capacità rara di combinare presenza fisica e raffinatezza tecnica, e aprire spazi per i tagli degli attaccanti esterni Martin Braithwaite e Yussuf Poulsen o per l’inserimento dei centrocampisti o addirittura dei terzini.
Meccanismi evidenti nei primi due gol segnati all’Austria: il primo è nato da una gestione del pallone a centrocampo di Wind e dal conseguente movimento in profondità di Thomas Delaney, che ha poi servito Skov Olsen per il tap-in; il secondo da uno scambio tra Joakim Mæhle (schierato a sinistra) e lo stesso Delaney, che manda in porta l’atalantino in un’azione in cui ancora una volta risalta l’assenza di punti di riferimento per i difensori.

I prossimi Europei – che inizieranno nel girone con Belgio, Finlandia e Russia – saranno una grande occasione per un gruppo che, nonostante come detto non manchino i giovani di talento, dipende molto da alcuni giocatori esperti – Kasper Schmeichel (‘86), il capitano Simon Kjær (‘89), il terzino del Valencia Daniel Wass (‘89) – o nel prime della propria carriera, come Andreas Christensen (‘96), Pierre-Emile Højbjerg (‘95), Delaney (‘91) e Christian Eriksen (‘92).

Quest’ultimo in particolare riveste un ruolo fondamentale: dopo una parentesi da falso attaccante, la promozione tra i titolari di Wind ha riportato il 10 a centrocampo, dove partendo da mezz’ala destra gode di grande libertà di movimento, influenzando ogni fase del gioco – dalla prima costruzione, abbassandosi spesso per ricevere palla dai difensori, fino alla rifinitura e, più di rado, alla finalizzazione.

La formazione tipo danese è quindi costituita da calciatori che giocano nei migliori campionati europei, spesso in squadre di vertice, e non mancano alternative di alto livello, soprattutto in difesa dove Jannik Vestergaard e Joakim Andersen, punti fermi di Southampton e Fulham, sono decisamente affidabili al punto che in più occasioni è stata provata la difesa a tre, anche a partita in corso, con ottimi risultati.

Tra gli altri, oltre ai giovani già citati, meritano una menzione Robert Skov, esterno polivalente dell’Hoffenheim con un gran sinistro; Lasse Schöne, che dopo la triste parentesi genoana si è trasferito all’Heerenveen e gode ancora di grande considerazione in patria; Jens Stryger Larsen, che avendo più “gamba” rispetto a Wass potrebbe essergli preferito soprattutto in caso di difesa a tre; Kasper Dolberg, penalizzato nelle gerarchie per le sue caratteristiche da attaccante “vero” che però lo rendono un’alternativa tatticamente preziosa.

L’exploit dell’Under-21 danese

Benché il passaggio del turno fosse ritenuto un obiettivo alla portata, era difficile immaginare che la nazionale danese guidata da Capellas si sarebbe lasciata dietro la temutissima Francia (battuta per 1-0) e che avrebbe “passeggiato” contro Islanda (2-0) e soprattutto Russia (3-0), contro la quale, pur potendo giocare per il pareggio, i danesi si sono ritrovati in vantaggio di due reti dopo 11 minuti.

A impressionare, così come per la nazionale maggiore, è la capacità di interpretare i momenti delle partite passando da fasi di feroce pressing alto a lunghe fasi di difesa posizionale (come contro la Francia) senza mai sembrare a disagio, pur avendo utilizzato tutti i 21 giocatori di movimento a disposizione.

Anche qui, come detto, grandi meriti vanno alla fase difensiva, senza dimenticare il contributo del portiere Oliver Christensen (‘99), alla seconda stagione da titolare nell’Odense Boldklub e protagonista in due occasioni nella compilation delle migliori parate montata dal canale ufficiale UEFA, tra cui spicca il rigore respinto all’islandese Sveinn Aron Guðjohnsen (figlio di Eidur).
Christensen rispetto ai migliori moderni non eccelle nel gioco coi piedi – pur mostrando una discreta sicurezza sia col destro, sia col sinistro – ma è molto agile e reattivo tra i pali.

Anche i centrali difensivi si sono dimostrati molto affidabili. Il capitano Victor Nelsson (‘98), punto fermo dell’FC Copenhagen, è riuscito a compensare i limiti atletici con ottime letture ed è molto forte nei duelli fisici e aerei: ha vinto il 75% di questi ultimi, statistica in cui primeggia anche nella Superligaen. Al suo fianco ha fatto un’ottima figura Mads Bech Sørensen (‘99), centrale mancino del Brentford che ha impressionato non solo per solidità in fase difensiva, ma anche per la sicurezza nella gestione del pallone.

A centrocampo ha dominato il dinamismo di Nikolas Nartey – mediano classe 2000 in prestito dallo Stoccarda al SV Sandhausen – e di Jesper Lindstrøm (‘00), migliore in campo con due assist contro la Russia e rivelazione del Brøndby con cui ha già realizzato 9 gol e 8 assist in campionato.

In attacco Jacob Bruun Larsen (‘98) ha giocato da leader, nonostante venga da anni difficili a causa di alcuni infortuni dopo l’esplosione del 2018, quando fu titolare per qualche mese nel Borussia Dortmund: se dovesse liberarsi un posto in nazionale maggiore, probabilmente sarebbe lui la prima scelta.

Impossibile poi non menzionare Gustav Isaksen: ala classe 2001, negli ultimi mesi si è preso una maglia da titolare nel Midtjylland a discapito di calciatori più affermati come Pione Sisto e Anders Dreyer; alto 1.78, fisicamente è ancora piuttosto esile ma è dotato di un gran controllo in velocità e di un’ottima rapidità di esecuzione, oltre al fatto che, pur preferendo il mancino, è praticamente ambidestro. Contro l’Islanda ha segnato con un bel sinistro a giro dal limite dell’area.

Nei quarti di finale, in programma il 31 maggio, la Danimarca affronterà la Germania e, per quanto si è visto finora, non partirà da sfavorita.

matthiasgalbiati

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