Alle ore 11 di Brasilia di un giovedì di maggio Carlos Dunga ha sciolto le ultime riserve, comunicando i ventitré giocatori che prenderanno parte alla Copa America Centenario, al via negli USA a partire dal 3 giugno. Non ci sono particolari novità, se non quelle già anticipate in passato; fuori alcuni pezzi da novanta come David Luiz, Thiago Silva e Marcelo (tutti per scelta tecnica) più Neymar e Danilo probabilmente arruolati per le Olimpiadi, il selezionatore della Seleção ha deciso di giocarsi con i suoi uomini più fidati quello che probabilmente sarà il suo ultimo torneo alla guida del Brasile.
Due curiosità; la prima riguarda la presenza di un unico “italiano”, Miranda, mentre sette dei giocatori presenti negli USA andranno poi anche a giocarsi l’Olimpiade di Rio de Janeiro. Si tratta di Ederson, Douglas Santos, Rodrigo Caio, Gabigol, Rafinha Alcântara, Fabinho e Marquinhos.
In questi mesi si è fatta molta polemica riguardo alle scelte di Dunga; polemiche accese, che hanno portato la federazione a mettere in discussione a più riprese la posizione del tecnico, sempre più uomo solo al comando di una nazionale povera di talento in questo preciso momento storico. A leggere le scelte di Dunga, comunque, si ha l’impressione che negli Stati Uniti non ci vada con la squadra migliore, nonostante tutto. Le già menzionate esclusioni eccellenti non sono passate inosservate, e per colui che è viene considerato il più “europeo” tra i brasiliani, la Copa America Centenario diventa il banco di prova decisivo. Da vincere, pena l’esonero, visto che alle spalle dell’ex centrocampista di Fiorentina e Pisa scalpita (da diverso tempo) Tite.
Analizzare la crisi del Brasile calcistico (non che dal punto di vista sociale stiano messi meglio…) non può prescindere da un ragionamento più ampio, non banalizzato come troppo spesso fanno i media sudamericani, che riguarda diversi fattori. Il primo, senza dubbio, è il nuovo trend intrapreso dalle dinamiche di mercato. Già, perchè oggi sempre più ragazzi giovani decidono di emigrare troppo presto in Europa, magari “guidati” da vari fondi di investimento che – una volta acquistato il loro cartellino – hanno interesse a farli girare il più possibile per lucrare sulla loro pelle. Questo perchè dall’altra parte ci sono club perennemente “in rosso”, bisognosi di monetizzare il più possibile, e disposti a privarsi anche di quei giocatori che in realtà non hanno ancora finito il corso formativo nelle categorie giovanili. Un altro grosso fattore sono i soldi che arrivano dall’Oriente o dai paesi arabi. Sia chiaro, nessuno ha pregiudizi o pensa che esista un calcio di serie A e uno di serie B (in Italia, su questo, non ci facciamo mancare nulla), ma oggi in quelle zone ci sono disponibilità economiche che non possono passare inosservate. Il che non rappresenta necessariamente un bene, visto che oltre ad “emarginarsi” calcisticamente, questi giocatori tolgono spazi importanti ai prodotti locali. Insomma, sembra la classica situazione in cui ci perdono tutti, Dunga e Brasile compresi. Tranne i giocatori.
Il secondo punto non può tenere conto del fattore tecnico; come capita a tutti, si incappa ciclicamente in momenti in cui mancano i giocatori che fanno la differenza. Ergo, mancano gli interpreti, perchè in questo preciso periodo storico il Brasile deficita dal punto di vista del talento cristallino; si potrebbe quasi dire che, seppur validi presi singolarmente, i brasiliani siano giocatori normali quando si ritrovano a vestire la maglia della nazionale. Con la sola eccezione di Neymar, ancora limitato caratterialmente per essere un vero leader a 360 gradi (basti guardare come si è autoescluso in Cile lo scorso anno). A tal proposito è quasi grottesca la situazione del centravanti, con Dunga che è quasi obbligato a chiamare Ricardo Oliveira (35 anni) causa mancanza di alternative, venendo massacrato per ovvi motivi.
E allora, che Brasile sarà quello che vedremo alla Copa America Centenario? A leggerne i nomi sembra che si andrà ancora una volta verso il 4-2-3-1, con le mezzepunte che partono dall’esterno per poi convergere a fare danni tra le linee, ma senza Neymar non sarà facile avere un riferimento in avanti visto che anche Jonas – 32 reti in Liga NOS ad oggi – è stato lasciato a casa. Pare che Dunga punti molto sui giovani, e per questo a trovare spazio potrebbe essere Gabriel Barbosa, talento di casa Santos classe 1996. “Gabigol” potrebbe affiancare Ricardo Oliveira, oppure schierarsi come esterno di un 4-2-3-1, nel quale entrerebbero prepotentemente anche due tra Hulk, Douglas Costa e Willian. In mezzo salgono vertiginosamente le quotazioni di Casemiro, autore di un’ottima stagione al Real Madrid; il centrocampista delle “merengues” verrà affiancato da Elias o Luiz Gustavo, mentre Renato Augusto e Coutinho rappresentano i veri grimaldelli per spaccare qualsiasi partita. A proteggere la (tanta) fantasia ci saranno Dani Alves, Miranda, Gil e Filipe Luis, davanti ad Alisson (nuovo volto della Roma per la prossima stagione) oppure Diego Alves, tra i migliori portieri della Liga. La cosa certa è che dai nomi si capisce come la fantasia debba rimanere al potere, perché seppur in formato ridotto, il Brasile deve giocare a calcio e far divertire la gente.
Anche Dunga ne è consapevole: “Copa America e Olimpiade? Il Brasile ha l’obbligo di vincere sempre – ha detto il ct a GloboEsporte – lavoriamo per quello e per far felice il nostro popolo“. Un popolo che lo sta abbandonando giorno dopo giorno chiedendone il cambio con Tite: “Io non rappresento me stesso, rappresento il Brasile. Quando non andrò più bene mi farò da parte“, chiosa il tecnico. Che forse avrà fatto qualche sbaglio, forse sarà troppo “europeo”, ma nel cuore ha scolpiti tre magici colori – giallo, verde e blu – e due parole: ordem e progresso.
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