Può un ragazzo appena 17enne entrare a far parte di una squadra inglese, e cambiarne le sorti di lì a pochi anni? Il ragionamento è semplice: se il ragazzo è un biondo alto poco meno di 1 metro e 80, nato nella Greath London nel 1941, ha una spiccata attitudine difensiva calcistica, e risponde al nome di Bobby Moore, allora la risposta è affermativa. Proprio così, perchè Bobby Moore fu davvero un eletto, un prescelto, il meglio di una generazione, “one of a kind” per l’appunto.
Il tempo impiegato a prendere le redini della difesa del West Ham United degli anni ’60 è veramente poco, tanto che nel 1962 riceve per la prima volta la chiamata in nazionale inglese, in quel momento allenata da un tale di nome Walter Wittembotton, esonerato da lì a pochi mesi dopo 16 anni trascorsi sulla panchina della selezione. Esonerato, è vero, ma provate a pensare quale meriti quest’uomo si sia preso per aver portato Moore per la prima volta ad indossare la maglia dei 3 Leoni… La reputazione del giocatore cresce, e in poche stagioni viene riconosciuto come un vero e proprio modello di difensore. Era stato in grado di spostare le qualità del libero da totalmente fisiche, a per la grande maggioranza mentali: infatti, da quel momento essere un difensore non significò più semplicemente avere un fisico grosso e spigoloso, ma possedere l’abilità di leggere le azioni di gioco, e mostrarsi eleganti nel recuperare palloni. Celeberrimi ancora oggi, sono i tackle scivolati della leggenda con il numero 6, sull’abilissimo Joaozinho, ala del Brasile stellare di quegli anni. Quelle palle rubate stupirono un tale di nome Pelè a tal punto da fargli dire in un intervista che Moore fu il miglior diretto avversario che ebbe in carriera…
Non si può negare, con tutte le offerte che ricevette il ragazzo londinese spesso pensò di abbandonare la fascia da capitano del West Ham per approdare in squadre ben più blasonate all’epoca, ma ci fu sempre un elemento che evitò tutto ciò: l’amore per il claret & blue. A Moore, dopo le riflessioni sul suo futuro, probabilmente tornavano in mente i cori del Boleyn Ground, il rapporto privilegiato con i tifosi…insomma, dedicò tutti i suoi anni giocati ad alti livelli alla sola squadra del West Ham United, raggiungendo vittorie nelle coppe nazionali e soprattutto vincendo, da capitano e da eroe, il mondiale del 1966 anche grazie ad altri due giocatori degli Irons, ovvero Hurst e Peters (e nonostante la diagnosi di un tumore ai testicoli, che una volta battuto, sarebbe poi tornato in futuro).
Un grande personaggio, tutt’oggi simbolo del calcio inglese ed in particolare del sentimento Hammer. Bobby Moore resterà per altri anni una vera e propria leggenda di questo sport!
Lautaro ha realizzato solo cinque gol in Serie A in 15 partite, un bottino ben…
Il belga è felice nella capitale e i giallorossi vogliono strapparlo definitivamente al Milan: ecco…
Se non si dovesse trovare una quadra per la prossima stagione il mister di Testaccio…
L’olandese ex Bologna sta ritrovando spazio allo United, ma per l’estate due club di Serie…
Vigilia di Natale, non una qualsiasi. È quello dell’apertura della Porta Santa che per i…
L’Inter di Simone Inzaghi non brilla contro il Como ma non le serve molto per…