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Pokerissimo a Lisbona, il Benfica è Tetracampeão!

L’ufficialità è arrivata al termine di una serata incomprimibile nello spazio di un solo articolo. Si è visto di tutto, al Da Luz, in una Catedral mai così laicamente presa dal suo inconfutabile credo benfiquista: era il match point, è stato il match point. Non c’è tempo per calcoli: col 5-0 di sabato al Vitória Guimarães, O Glorioso è ufficialmente Tetracampeão. Ed è subito festa. Si stampano a ripetizioni magliette col 36 sopra, cioè il numero di titoli vinti, mentre i social sono intasati da celebrazioni sentite e popolate da folle immense di persone: l’entusiasmo è alle stelle, c’è gente ovunque che mostra quattro dita della mano a ricordare qualora ce ne fosse bisogno l’ammontare dei trofei nazionali consecutivi. Da quattro anni infatti la Primeira Liga si tinge puntualmente di encarnado, con buona pace del Porto e degli arcirivali dello Sporting. Ed è curioso ricordare come mai nella sua storia il Benfica abbia rifilato un poker del genere: ci è andato molto vicino, perchè negli anni che vanno dal ’60 al ’77 le Aguias hanno concluso il campionato davanti a tutti gli altri in 14 occasioni, ma puntualmente ogni tre anni, ad intervalli regolari, si mettevano di mezzo quegli odiosi Leões (1962, 1966, 1970 e 1974, nel 1978 toccò al Porto). Ma non stavolta.

Questa volta, come da un paio d’anni, la truppa dell’ex Jorge Jesus è stata spodestata e relegata al terzo gradino del podio dopo i biancoblù di Oporto. I Dragões hanno sperato, ma alla fine sono stati costretti a piegarsi all’onnivorismo di Rui Vitória e colleghi. Perchè possono passare i giocatori, ma la mentalità resta la stessa. Nel 2014, il primo del tetra, in rosa c’erano: Cardozo, Markovic, Lima, Ola John, Rodrigo, Gaitán, Sulejmani, Amorim, Enzo Pérez, Matic, André Gomes, Siqueira, Maxi Pereira, Garay, Oblak. In tutto, in questi quattro anni, gli unici ad aver festeggiato il poker volta per volta sono pochini: il portiere di riserva Paulo Lopes, un allora giovanissimo Victor Lindelöf, le colonne difensive Luisão e Jardel, il mediano Fejsa, l’ala Salvio. Sintomo anche di una società che, dilaniata dalla crisi del Banco Espírito Santo (principale azionista privato del club, detentore dell’8%), ha dovuto per forza monetizzare quanto più possibile. La forzata risoluzione del Benfica Stars Fund (una specie di TPO sciolta a causa dei problemi finanziari del BES, e che ha richiesto all’incirca 25 milioni senza troppo preavviso) ha fatto il resto: il morale della favola è che O Glorioso da anni a questa parte scandaglia vari mercati minori alla ricerca di futuri campioni dai quali trarre plusvalenze importanti. Il Brasile è una delle miniere privilegiate: Ramires e David Luiz sono i top della gamma, altri come Talisca riescono a pareggiare l’investimento, altri come Derley si ricordano a malapena. Forse.

Poco dopo le 17,30 di sabato, il Benfica Volley si era laureato campione nazionale. Un’oretta dopo, ecco l’onze ufficiale che sarebbe sceso in campo contro il Vitória Guimarães: davanti, spazio al tandem formato da Raúl Jiménez e Jonas. Si comincia, rola la bola na Luz. Franco Cervi segna in diagonale, A Luz explodiu, poi subito dopo tocca al messicano col numero 9 (ricordate, quando rilancia il portiere non vale la regola del fuorigioco: il sottoscritto se l’è data solo ora). Un simpatico commento sotto il post dice più o meno così: nemmeno il tempo di festeggiare il primo che già ci stava il secondo. Il tre a zero lo firma Pizzi, un altro tizio digita le seguenti parole: que maravilha de futebol. Difficile dargli torto, perchè poi c’è pure il poker, e porta la firma di Jonas. Tutto questo, ladies and gentleman, nei soli 45′. Nella ripresa la Catedral applaude la doppietta del 10 su calcio di rigore, poi tutto diventa #Tetra36. Segnalo che una pagina tematica sul Benfica ha ironizzato così: Fejsa in 10 anni tiene più campionati dello Sporting in 50.

Negli spogliatoi, sugli spalti, fuori dal Da Luz, in giro per Lisbona: la festa tinge di rosso e si propaga come una gigantesca chiazza petrolifera lasciata libera di vagare incontrastata per l’immensità dell’oceano. Non è nera ma encarnada, rossa, così come il pullman rigorosamente già pronto da giorni che è lì, ad aspettare i vincitori. Nella pancia della Catedral, più precisamente negli spogliatoi, addirittura c’è un tizio che si diverte a fare acrobazie in moto. Tutto folle, entusiasmante, nonsense. Uno dei main sponsor del Benfica è la Sagres, produttrice di (ottima) cerveja. Va da sé che tra le più goliardiche celebrazioni ci sia anche un “4 para a mesa 36”. Quattro birre al tavolo 36. Qui intanto, se volete, trovate un bel pdf in inglese che vi spiega tutti i possibili vantaggi che il birrificio avrebbe nel sponsorizzare il club. E’ tutto un festeggiamento: magliette, cappellini, ogni cosa è preferibilmente rossa e severamente decorata col numero 36. L’altro main sponsor, la Adidas, coglie il pretesto per ricordare al mondo come i campioni di Portogallo siano vestiti da lei. La festa si sposta al Marquês, dove Rui Vitória si prodiga in un discorso. Tutti sanno che i fatti son quelli che contano, l’ex tecnico ha vinto il suo secondo titolo a Lisbona dopo esservi arrivato dal Vitória Guimarães quando Jorge Jesus scelse deliberatamente di tradire il Benfica con lo Sporting. Inutile dire come non glielo abbiano mai perdonato. Chissà che Rui avrà ringraziato in cuor suo la partenza del tecnico, che gli ha aperto le porte per la panchina della squadra della quale era stato tecnico delle giovanili. Chissà. Ma non è questa la sede in cui discuterne. Habemus tetra. Perchè, in fondo, tutto si riduce a capitan Luisão alzare il trofeo.

Matteo Albanese

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