El Gran Derbi è tra gli appuntamenti più attesi dagli amanti del calcio spagnolo, una sfida affascinante nonostante la diversa situazione dei due club. Il Real Betis è da anni in attesa di raccogliere i frutti da una rosa troppo completa e competitiva per non lottare per un posto in Europa; il Siviglia è invece una squadra in salute, campione d’Europa in carica che staziona tranquillamente in zona Champions League (e ha due gare da recuperare). Eppure il dislivello non si è notato.
Da due anni i béticos vivono la delusione di stagioni iniziate con i migliori propositi e terminate nel peggiore dei modi. Quella del 2017/18, tra le recenti rappresenta la migliore: chiusa al sesto posto con conseguente qualificazione all’Europa League. Da lì in poi una decima posizione e addirittura il quindicesimo piazzamento nella passata stagione.
Quest’anno con Manuel Pellegrini qualcosa sembra essere scattato. Sia chiaro, l’essere una squadra che alterna risultati altalenanti è una caratteristica che difficilmente verrà cambiata dal tecnico cileno, ma almeno si ha l’impressione che il Betis possa giocarsi il settimo posto.
Oggi i verdiblancos meritavano ampiamente i tre punti dopo un primo tempo a senso unico e un secondo in cui hanno schiacciato i rivali continuando a concedere pochissimo e subendo gol sull’unica svista difensiva. Meritavano la vittoria in una situazione di piena emergenza. Oltre agli infortunati Dani Martín, Bartra, William Carvalho, Víctor Camarasa e Cristian Tello, Pellegrini ha perso per Covid anche i titolari Joaquin, Guardado, Montoya e Alex Moreno.
In questa situazione hanno dominato il Siviglia, spunto che suscita due riflessioni.
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