L’Inter è pronta per l’andata dei quarti contro il Bayern Monaco. Dopo Parma, qualche dubbio. Ma stasera conta solo una cosa: continuare a sognare il Triplete
Sì, a Parma mi sono proprio arrabbiato. L’Inter era avanti 2-0, giocava con sicurezza e padronanza. Poi è successo qualcosa che non dovrebbe succedere: rilassamento, leggerezza nei cambi, confusione. È vero, ho criticato Inzaghi. Ma è anche vero che nel calcio, come nella vita, chi ha dato tanto merita una seconda, terza, quarta occasione. E Simone ce l’ha dimostrato mille volte: sa imparare dai suoi errori.
Chi oggi mette in dubbio il valore dell’allenatore che ci ha portato per il secondo anno consecutivo nei quarti di Champions e ci tiene saldi in testa al campionato (Napoli permettendo), forse non ricorda i pomeriggi grigi di Appiano con i vari Stramaccioni, Mazzarri e Pioli. Forse ha dimenticato i blackout europei, le notti in cui il massimo sogno era un ottavo di Europa League. Il tifoso interista ha memoria corta, a volte. Ma io no. Io ricordo tutto. E per questo stasera, al fischio d’inizio contro il Bayern, sarò lì con il cuore gonfio di fiducia.
Affrontare il Bayern Monaco è sempre una sfida che sa di epica. È come guardare “Il Gladiatore” e sapere già che finirai in lacrime. Loro sono solidi, spietati, abituati a dominare. Ma noi siamo l’Inter. E se c’è una cosa che ci rende unici è la capacità di trasformare le sfide impossibili in storie da raccontare ai nipoti.
Inzaghi ha un’arma che i bavaresi non hanno: il sentimento. Il fuoco di chi ha vissuto la finale di Istanbul con le lacrime agli occhi. Il talento anarchico di un Barella che gioca come se ogni partita fosse un tributo a De André. La freddezza di un Sommer che non ha mai tremato, nemmeno davanti alla curva del Milan. E là davanti, la solita sinfonia franco-argentina: Thuram e Lautaro, la coppia più complementare vista dai tempi di Eto’o e Milito. Non è blasfemia, è desiderio. È sogno. È Champions.
Ho già perdonato Simone. Perché so che stasera sarà l’Inzaghi delle notti di coppa, quella che disegna calcio con il compasso e cambia volto alla partita al momento giusto. So che ha imparato la lezione di Parma. E se anche sbaglierà qualcosa, poco importa: in Europa vince chi osa, chi crede, chi sposta il baricentro delle emozioni a un passo dal precipizio.
Stasera non è solo un quarto di finale: è un esame di maturità per una squadra che ha tutto per ripetersi. 2010 è nel nostro DNA, e se la Storia insegna qualcosa è che il destino ama le repliche. Forse non ci sarà un altro Chivu a immolarsi con la maschera da guerriero, ma c’è un Bastoni cresciuto con l’Inter nel sangue. Forse non ci sarà Cambiasso a organizzare i tempi, ma c’è un Calhanoglu che detta legge come un direttore d’orchestra jazz.
Stasera non si gioca solo una partita, si mette in scena un’idea. L’idea che l’Inter può ancora tutto, che può scrivere un’altra pagina eterna. Si parla tanto di turnover, di moduli, di approcci. Ma alla fine il calcio è semplice: è una palla che rotola e un cuore che batte. E il nostro batte forte, nerazzurro, da Milano a Monaco.
“Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso.” Lo diceva Che Guevara. E l’Inter, di sicuro, non ha mai smesso di lottare.
Avanti Simone. Avanti Inter. Oggi, più che mai, tutti in piedi per sognare.
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