L’Arsenal di Mikel Arteta è sbocciato. Dopo diverse stagioni trascorse girando intorno all’élite calcistica, con il 3-0 rifilato al Real Madrid ha sfondato la porta entrando di prepotenza nel salotto buono del calcio. È vero che resta da giocare il secondo tempo ed è altrettanto innegabile come il Real non sia mai da dare per finito, ma la sensazione è quella di aver tratto il dado.
Quello dell’Arsenal non è un miracolo, ma il frutto di un lavoro e di un progetto iniziato nel 2019, quando l’allora giovanissimo Arteta è stato scelto dal club e imposto alla squadra anche al netto di un avvio non esattamente entusiasmante. Adesso è arrivato il momento di vincere qualcosa di importante per dare un senso ai passi avanti compiuti in questi anni. Del resto l’Arsenal è ormai palesemente in grado di essere pronto a competere. Lo testimoniano i più di 700 giorni senza sconfitte contro una delle sei squadre più importanti (Manchester City, Manchester United, Liverpool, Chelsea e Tottenham) e due qualificazioni consecutive ai quarti di finale della Champions League 15 anni dopo.
Arteta è sempre stato considerato uno dei tanti epigoni di Pep Guardiola e non lo ha mai nascosto, ma non vuole esserne considerato un clone dell’allenatore del Manchester City: “Ho imparato molto, sia a livello professionale, sia a livello personale. Imparare dai migliori e da chi ha maggiore esperienza fa parte del bagaglio delle persone intelligenti. Devo dire che mi ritengo molto fortunato ad avere al mio fianco persone che mi hanno aiutato molto”. Tuttavia l’Arsenal costruito dall’allenatore spagnolo non è né sarà mai il Manchester City forgiato da Pep Guardiola. Soprattutto perché il progetto dell’allenatore spagnolo, seppure le influenze siano innegabili, non ha una identità chiara e riconoscibile.
La sensazione, piuttosto, è che l’Arsenal possa raccogliere dal punto di vista sportivo e dei risultati l’eredità del Manchester City. È una squadra giovane, con un progetto sportivo a lungo termine che sembra in procinto di passare alla cassa e raccogliere quanto seminato. In questo senso l’arrivo di Andrea Berta come direttore sportivo è l’ennesimo passo avanti di un club che è pronto a salire l’ultimo gradino. Lo step necessario per passare da belli e giovani, a intraprendenti e vincenti. In questo senso, i più di 200 milioni di euro investiti per affascinare e convincere elementi come Isak , Zubimendi, Gyökeres o Nico Williams, non fa che aumentare l’entusiasmo attorno a questa squadra.
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