Sesto posto in Premier League, con soli 16 punti e 4 vittorie in 12 partite, dietro persino allo Sheffield United per differenza reti. Il bilancio dei primi tre mesi di campionato dell’Arsenal è già tragico e la zona Champions League dista 8 punti. Le certezze costruite l’anno scorso, almeno fino a marzo, sembrano tutte crollate, nonostante un agosto promettente. Poi da fine settembre in poi qualcosa si è inceppato, la squadra è andata in caduta libera e ora ha una striscia aperta di 5 gare senza vittoria tra campionato e coppe. Cinque gare in cui sono emersi cinque grandi problemi che Unai Emery dovrà risolvere il prima possibile.
È stato il colpo da 80 milioni, il grande investimento estivo che i tifosi dell’Arsenal si aspettavano e sognavano. Finora però l’ivoriano arrivato dal Lille sembra lontano parente del giocatore che lo scorso anno ha chiuso la Ligue 1 con 22 goal e 11 assist. L’ambientamento in un calcio diverso gioca necessariamente la sua parte, ma anche la poca chiarezza nei compiti in campo influisce. A volte gioca esterno a destra, a volte più centrale, in alcuni casi è stato dirottato a sinistra. Tutto molto improvvisato, così come è improvvisato il gioco dell’Arsenal in questo momento. Regna la confusione e anche Pepé ne è vittima. Gli basterebbe più chiarezza.
Ostracizzato prima dalla Germania, poi dall’Arsenal. Tre presenze da titolare in Premier League e due in EFL Cup, poi una lunga lista di gare senza nemmeno trovare spazio in panchina. Unai Emery ha sempre spiegato l’assenza di Özil come una scelta tecnica, a parte per le prime settimane dopo il tentato furto subito a inizio agosto. Poi da scelta si è passati a caso: ha giocato titolare contro il Liverpool in EFL Cup e in Premier contro Wolverhampton e Leicester, le ultime due. Dopo la pausa probabilmente si avrà la verità sulle intenzioni di Emery. Di certo una squadra a corto di idee non potrebbe fare a meno dell’ex Schalke, Werder e Real Madrid, uno che quando si tratta di creare dal nulla ha pochi secondi al mondo.
Il caso Xhaka ha aperto una questione che già da diverso tempo è tema di discussione, quella del ruolo di capitano. Dall’addio di Fabregas nel 2011 la fascia è passata sul braccio di diversi giocatori, dei quali soltanto Arteta forse non è stato criticato. La scelta di Xhaka ha fatto molto rumore soprattutto per i tifosi, che non hanno mai visto di buon occhio lo svizzero. Ciò che è successo nel match contro il Palace all’Emirates, con l’ex Gladbach che ha gettato la fascia a terra, ha fatto propendere Emery per rendere capitano Aubameyang, un “fan favourite” con numeri da sogno a Londra ma lontano dall’attitudine di leader emotivo secondo molti. La mancanza di una figura solida di riferimento, che conosca il club e lo possa trascinare, sta costando molto all’Arsenal.
Unai Emery dal canto suo non sta certamente aiutando la squadra ad avere le idee chiare, optando per formazioni sempre diverse e spesso molto cervellotiche. Guendouzi, ad esempio, ha giocato in tutte le posizioni del centrocampo (rimanendo sempre su altissimi livelli, ma senza dare continuità alla squadra), al pari di Torreira e Ceballos. La linea difensiva è stata spesso cambiata, così come gli esterni d’attacco. Insomma una confusione anche a livello di moduli che la squadra ha subito molto. I continui passaggi a centrocampo dai due ai tre, così come l’uso del trequartista soltanto a volte, così come i frequenti cambiamenti nella linea difensiva. 26 giocatori utilizzati, soltanto 5 sopra i 1000 minuti. Due talenti come Bukayo Saka e Gabriel Martinelli, esempi lampanti, schierati soltanto per cavalcare (male) momenti di hype. Segnali di una continuità inesistente: l’Arsenal è sceso in campo con 18 formazioni diverse in 18 partite.
Tutta la confusione ha portato l’Arsenal a mostrare nuovamente il suo lato più cupo, quello che nella scorsa stagione sembrava sparito. I Gunners avevano mordente, non subivano più tanto come prima nei big match, se la giocavano alla pari anche con quelle squadre con cui abitualmente perdevano. E non lasciavano per strada punti contro le piccole, pratica di cui a Londra erano maestri. Quest’anno tutti questi difetti sono tornati. L’Arsenal in Premier League non ha mai vinto una partita senza soffrire fino al 90’ e nelle grandi occasioni, soprattutto contro lo United, ha mostrato di avere ancora il cosiddetto ‘braccino’ quando si trattava di dominare la partita. Per dimenticare tutto questo Emery ha un solo modo: riportare chiarezza nelle scelte, come ha fatto l’anno scorso. Una volta definita questa, la qualità della rosa farà il resto. La dirigenza gli ha rinnovato la fiducia: ora il prossimo step tocca a Unai Emery.
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