Ha impiegato 3 minuti per sbloccarsi in Champions League in questa stagione, gliene sono serviti 38 per segnare la prima tripletta europea con la maglia del Napoli. Il rientro di Arkadiusz Milik dall’ennesimo infortunio della sua carriera non poteva avvenire in un momento migliore: con gli azzurri alla deriva e senza un punto di riferimento, è toccato proprio a lui recitare il ruolo dell’attore protagonista nella partita che poteva decidere l’andamento dell’intera stagione.
Servivano i suoi piedi e la sua testa per mettere ordine in un attacco disordinato e disunito che aveva risentito in maniera pesante di tutto il trambusto che da qualche settimana a questa parte si vive all’ombra del Vesuvio. La mancanza di una prima punta di ruolo cominciava a farsi sentire in modo insistente all’interno del tridente dei piccoli, ormai non più imprevedibile come era nelle scorse stagioni. Da quando è arrivato a Napoli, nell’estate del 2016, il polacco ha saltato 60 partite, troppe per poter davvero diventare il top player della sua squadra.
Eppure, fra un problema muscolare e uno al ginocchio, Milik ha anche trovato il tempo di lasciare il segno nel modo in cui gli riesce meglio, ossia facendo gol: soltanto in questa stagione in 9 presenze fra campionato e Champions ha segnato 8 reti, una in media per ogni partita giocata. E il suo rendimento da vero centravanti non è di certo una novità, dato che anche negli anni passati era riuscito a chiudere il campionato con numeri da bomber di razza.
Non poteva chiedere di meglio il Napoli in un momento così delicato, in cui serviva più che mai una guida alla quale aggrapparsi disperatamente per uscire finalmente da questa crisi. E Milik è finalmente pronto a interpretare il ruolo che gli spetta: la tripletta decisiva contro il Genk arrivata in meno di un tempo è l’emblema di ciò che sarebbe potuto essere il polacco, se solo il destino fosse stato un po’ più generoso con lui.
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