Doveva essere la stella più attesa del Mondiale Under 17 brasiliano, ma mentre la sua Spagna salutava la terra verdeoro dopo la sconfitta contro la Francia, Ansu Fati non era lì. Già, perché nei mesi scorsi il Barcellona ha fatto di tutto pur di trattenere il giocatore e impedirgli di vivere quella che sarebbe stata a tutti gli effetti la più grande esperienza della sua breve carriera calcistica.
“Se fosse convocato dall’Under 21 potrebbe stare più tempo con noi” aveva ipotizzato in una conferenza stampa Ernesto Valverde, al quale la federazione spagnola non è riuscita a dire di no: in effetti Ansu Fati di cose in comune con i suoi coetanei ne ha davvero poche, soprattutto il talento, già maturo al punto giusto per poter fare la differenza pur giocando insieme a ragazzi più grandi e con un discreto bagaglio di esperienze.
E di certo non si fa fatica ad immaginare l’attaccante ispano-guineense alle prese con un contesto più grande di lui, dato che nella sua vita niente è stato semplice da conquistare. La guerra civile in Guinea-Bissau e il successivo colpo di stato militare che hanno fatto da sfondo alla sua nascita lo hanno allenato ad affrontare la vita nel modo più duro possibile già quando era soltanto un bambino. Ma un’infanzia scandita dal ritmo dei colpi dei kalashnikov e segnata dalla povertà più assoluta non era quello che i suoi genitori sognavano per lui e i suoi quattro fratelli. Fu così che si ritrovarono catapultati in Spagna, l’unica nazione nella quale il padre Boji Fati (ex calciatore conosciuto per lo più nella sua nazione di nascita) riuscì a trovare una stabilità economica lavorando come autista di autobus, grazie alla complicità del generoso sindaco di Siviglia.
Ansu Fati muove i primi passi nel mondo dello sport proprio lì, in una delle città più affascinanti in cui respirare per la prima volta il profumo del calcio europeo. Ma nel suo cuore non c’erano il Siviglia né tantomeno il Betis. Il suo idolo assoluto era Cristiano Ronaldo: il portoghese era arrivato a Madrid soltanto da poche settimane, ma il tempo era già bastato al piccolo Ansu per innamorarsi follemente di lui e del Real, squadra del quale era un vero tifoso sfegatato.
Un piccolo dettaglio da non rivelare al Barcellona che lo ha corteggiato, incoraggiato e cresciuto calcisticamente parlando, fino a lanciarlo a soli 17 anni nel mondo dei grandi. E l’attaccante ci si è calato alla perfezione. I suoi primi mesi alla Cantera e l’esordio in prima squadra la scorsa estate sono stati praticamente il sogno di ogni bambino dall’animo blaugrana, proprio per lui che da piccolo non riusciva a separarsi dalla sua maglia blanca numero 9.
Eppure non mancano le difficoltà, anche in una storia talmente bella che sembra essere uscita direttamente da un film. Ci eravamo lasciati alle parole di Valverde che consigliava di far bruciare le tappe al suo Ansu per testarlo direttamente con l’Under 21. La federazione spagnola ha deciso di dargli ascolto, ma diventa lecito chiedersi cosa abbia fatto l’attaccante mentre i suoi coetanei si preparavano per volare in Brasile.
Nelle sei partite ufficiali disputate dal Barcellona in quel lasso di tempo, Ansu Fati è sceso in campo quattro volte, vestendo la maglia da titolare soltanto in due occasioni. Il risultato? 158 minuti in totale (sui 540 a disposizione), con un bottino di zero gol e altrettanti assist, troppo poco per un giocatore trattenuto a tutti i costi da un allenatore che sembrava voler puntare fortemente su di lui in questo punto della stagione.
Ma se è vero che un Mondiale (che sarebbe probabilmente stato disputato da protagonista) non può affatto valere una manciata di minuti nella Liga, è anche vero che adesso l’attaccante si ritrova già tra le fila dell’Under 21, sotto l’occhio vigile del CT della Spagna Robert Moreno che sembra già aver fatto più di qualche pensiero su di lui. È la doppia faccia della medaglia di Ansu Fati, un ragazzo per il quale il destino ha scelto sempre la via più intricata da percorrere per inseguire il suo grande sogno.
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