Giugno 2015: notizia incredibile. André-Pierre Gignac, vice capocannoniere di Ligue 1, decide di firmare con il Tigres. In Messico. A 30 anni è una scelta che fa subito pensare al lato economico. I quattro milioni annui sembrano un buon motivo per emigrare, ma non è questa la ragione principale che spinge APG in centroamerica.
Nell’anno che porta agli Europei casalinghi del 2016, il centravanti francese cerca nuovi stimoli anche e soprattutto per conquistarsi un posto nei Bleu. Una decisione strana, ma che i numeri stratosferici ripagano: 33 reti in 50 presenze e Deschamps che decide di convocarlo. Di fatto, è la riserva di Olivier Giroud, ma si ritaglia il suo spazio con la caratteristica fisicità abbinata a un intuito tecnico niente male.
La prima stagione gli porta grandi soddisfazioni con la vittoria nell’Apertura e la finale di Copa Libertadores. Il 3-0 del River Plate in finale è perentorio, ma per il Tigres era la prima partecipazione alla massima competizione sudamericana e, alla fine, è stato comunque un successo.
Gignac è a dir poco un idolo da quelle parti. Un vero fenomeno di costume al punto che non mancano genitori che chiamano il proprio figlio André oltre al fatto che la famiglia, i figli in particolare, si siano ben ambientati. Non mancano immagini di Gignac coi bambini nei quartieri meno abbienti di Monterrey: non è sfrontatezza, ma un grande senso di appartenenza a questa città.
Tuttavia, la Francia non ha dimenticato Gignac e viceversa. Nonostante la sua storia con l’Olympique Marsiglia non sia partita benissimo con un paio di stagioni travagliate caratterizzate da pochi gol e il litigio furibondo con l’allora tecnico Didier Deschamps, ha saputo prendersi l’affetto dei tifosi dell’OM. Tredici, sedici e ventuno reti nelle 3 stagioni successive con l’ultimo anno al Vélodrome che lo vede partire come non mai: 10 reti in 10 partite. L’affetto è ancora tanto a distanza di anni al punto che l’account twitter dei francesi ha celebrato a 10mila km di distanza la bellissima coreografia dedicata dai tifosi del Tigres ad APG.
Parlando di calcio giocato, con i messicani ha raggiunto quota 126 gol segnati in 5 anni diventando il miglior marcatore della storia del club. Non solo. I suoi 32 assist non sono poca cosa e rispecchiano la sua doppia natura di centravanti e rifinitore.
Il suo 125esimo gol, quello del primato, è qualcosa di unico. Una rovesciata così per chi ha la fisicità di Gignac rasenta l’impossibile. Da notare che è lui a iniziare l’azione e lui stesso a farsi trovare in mezzo all’area: questo tipo di gioco lo ha sempre caratterizzato sia all’OM che soprattutto al Tolosa. Non trascura mai l’ipotesi di restare fuori dai sedici metri per sfruttare il suo tiro da fuori o rilanciare il gioco sulla stessa o l’altra fascia e ributtarsi in mezzo. Il termine ‘regista offensivo’ è inflazionato, ma non ne esistono di diversi per descrivere calciatori come ‘El Bombòn‘.
Sembrerà stupido, ma il Gignac di oggi assomiglia tanto a quello di Tolosa. Si carica tante responsabilità sulle spalle sapendo di essere IL giocatore della squadra. Nell’anno della vittoria del titolo di capocannoniere con 24 reti, il TFC è arrivato al quarto posto quasi soltanto grazie alle grandi prestazioni del suo bomber. Visto 11 anni dopo, quella versione di APG impressiona.
Gignac non si è modernizzato col passare del tempo, ma moderno lo è sempre stato. Futuristico 10 anni fa, attuale oggi. I 34 anni compiuti impongono di guardare al dopo-Gignac: invece, è bene guardare all’attualità e goderselo finche c’è.
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