
ANSA / MATTEO BAZZI
L’Inter elimina il Bayern e vola in semifinale di Champions contro il Barcellona. Ferrante: “Questa squadra non è più pazza, è feroce. E Lautaro è diventato leggenda”
Scrivetelo pure sui muri di Milano, dipingetelo negli spogliatoi di Appiano, incidetelo sul marmo di San Siro: l’Inter non è più pazza. Non lo è da un pezzo. E la partita di ieri sera è la conferma definitiva. Il 2-2 contro il Bayern Monaco, una delle squadre più abituate a vincere nel mondo, vale una semifinale di Champions. Ma vale soprattutto una narrazione nuova.
Addio al caos, ai finali da infarto, agli alibi mascherati da passione. Questa Inter è lucida, letale, matura. Sa soffrire quando serve, colpisce quando può, resiste quando dovrebbe crollare. Ecco perché oggi lancio una provocazione (che tanto provocazione non è): “Altro che ‘pazza Inter’, oggi è ‘cinica Inter’. E va amata ancora di più.”
Lautaro: da capitano a simbolo
Se c’è un volto, un nome, un cuore da scolpire dentro questa qualificazione, è Lautaro Martínez. Gol pesantissimo all’andata, e ieri sera, quando tutto sembrava sul punto di sfuggire, un’altra prova da leader totale. Lotta, corre, guida, sbraita. Si carica la squadra sulle spalle, e lo fa con quella mistura perfetta di talento e coraggio che hanno solo i grandi. I grandissimi.
La fascia sul braccio non è più solo un simbolo. È la conferma che questo ragazzo è diventato un uomo. E non un uomo qualunque: il capitano dell’Inter che torna tra le prime quattro d’Europa, per la seconda volta in tre anni. Qualcuno storceva il naso, anni fa. Oggi nessuno più osa parlare. Perché Lautaro è diventato ciò che meritava: un’icona.
Solo quella del Triplete avrebbe potuto fare lo stesso
Il Bayern, dopo il vantaggio, ha avuto cinque minuti in cui lo stadio è piombato nel silenzio. Ma l’Inter no. L’Inter ha continuato a giocare. Senza panico, senza fretta. Ha rimesso il pallone al centro e ha cominciato a cercare le crepe. E alla fine, le ha trovate. Ecco il punto: “A parte quella del Triplete, nessun’altra Inter della storia recente avrebbe avuto la forza di restare in piedi dopo quel gol.”
Invece questa sì. Questa è diversa. Per struttura, per testa, per profondità, per spirito. Bastoni gigante, Calhanoglu direttore d’orchestra, Barella scatenato. E Sommer? Sempre lui: il portiere che non fa miracoli perché non ne ha bisogno. Fa tutto con freddezza. Con lo stile dei campioni veri.
A testa alta, verso il Barcellona
Ora arriva il Barcellona. Un nome che evoca sfide epiche, da Ronaldo a Mourinho, da Icardi a Messi. Ma questa volta, i catalani non sono gli unici ad avere la storia dalla loro parte. L’Inter arriva in semifinale con la forza di chi non ha più bisogno di raccontarsi leggende, perché le sta riscrivendo.
Il Triplete non è un tabù, è un’ispirazione. E Simone Inzaghi — destinato a firmare il rinnovo — non è più “quello bravo ma che perde”, è l’uomo che ha preso una squadra spenta e l’ha riportata tra i giganti. Con classe. Con logica. Con cuore.
“Inzaghi è il nostro Ferguson con l’anima romagnola e lo smoking addosso.”
E allora sì, cantiamola pure:
“Amala, cinica Inter amala.”
Perché a furia di crescere, questa squadra è diventata grande.
E adesso, il mondo deve tremare.