Se il buongiorno si vede dal mattino, sarà una grande stagione. Brisbane Roar e Melbourne Victory hanno dato ufficialmente il calcio d’avvio nel venerdì australiano, poche ore dopo il pareggio della nazionale sul campo dell’Arabia Saudita nelle qualificazioni a Russia 2018.
I gol di Austin, primo assoluto della stagione, ed il pareggio rocambolesco di DeVere al 96° hanno scritto l’1-1 del “Suncorp Stadium“, per la verità non caldissimo – Brisbane è terra di rugby – ma comunque riempito dalla passione di quasi 16mila tifosi.
L’A-League 2016-17 è la dodicesima edizione del massimo campionato australiano dalla sua rifondazione; nel 2004 si è deciso di lasciare il vecchio format per lasciare carta bianca alla federazione, brava – step by step – a far crescere il calcio locale tramite una serie di accorgimenti di cui, in seguito, ha beneficiato anche la nazionale. Hyundai rimane il main sponsor, Fox ha confermato per altri tre anni il vincolo televisivo per la trasmissione del campionato, e la conseguenza è stata naturale: aumento di salary-cap e più possibilità di attrarre giocatori dall’estero. Ogni franchigia può tesserare fino a cinque stranieri, più un sesto proveniente dal continente asiatico.
LE FAVORITE – La stagione scorsa è stata quella di Adelaide, al suo primo titolo in A-League (nel 1992 vinse il campionato, ma col vecchio format), trascinata dall’anima spagnola in campo ed in panchina. Guillermo Amor, ex centrocampista di Barcellona e Fiorentina, due anni fa ha iniziato un progetto di “barcellonizzazione” della franchigia con sede nel sud dell’Australia. Il gioco di ispirazione blaugrana non è tardato ad arrivare, con Amor che ha traslato principi e filosofia appresi in anni di lavoro alla Masía, arrivando al titolo al secondo tentativo. La concorrenza di quest’anno però è tanta. Le due squadre di Melbourne sono attrezzatissime per andare fino in fondo; i Victory hanno probabilmente la rosa più forte e ricca, con un centravanti come il kosovaro Besart Berisha, da cinque stagioni stabilmente in doppia cifra. Nella metà azzurra della città invece i Melbourne City si godono le ricche sponsorizzazioni del Manchester City, proprietario del club, e i gol del Tuna Bruno Fornaroli. A cambiare molto è stata Sydney; passati gli anni targati Del Piero, gli Skyblues ripartono dalla certezza seduta in panchina, il santone Graham Arnold. La squadra, dopo un paio di stagioni balbettanti, sembra poter tornare a competere per il titolo grazie agli innesti arrivati nell’ultima sessione di calciomercato. Alle altre, almeno sulla carta, rimangono le briciole o poco più.
LE STELLE E IL MERCATO – Nonostante la A-League non abbia (ancora?) un grosso seguito all’estero, è indubbio che stia crescendo. Lo dicono i freddi numeri (affluenza negli stadi: la scorsa stagione sfiorava i 40mila di media), ma anche i singoli elementi che hanno deciso di venire a guadagnare (bene) in Australia. Ai già menzionati Berisha e Fornaroli, bomber di razza e idoli delle rispettive tifoserie, va ad aggiungersi il brasiliano Bobô, firmato da Sydney. Il centravanti ex Gremio può realmente spostare gli equilibri in un campionato di questi tipo, e regalare gol pesanti alla franchigia in ottica titolo. I Melbourne City invece hanno prelevato una punta da affiancare a Fornaroli: l’argentino Fernando Brandán, una vita passata a segnare nelle categorie inferiori albicelestes. Sempre i Citizens hanno ingaggiato Nicolas Colazo, mancino di scuola Boca Juniors, e i danesi Jacobsen e Sørensen (portiere arrivato dal Manchester City). Nicolas Martinez, vivaio Independiente, è invece il fiore all’occhiello della campagna acquisti dei Western Sydney Wanderers. A Parramatta hanno perso un paio di pedine importanti (Vidosic su tutti, emigrato in Cina), prendendo al suo posto l’uruguagio Bruno Piñatares. Basterà per tornare ai vertici?
GIOVANI E NUOVI – Per quanto riguarda le panchine, tra la stagione scorsa e questa solo due manager su dodici sono cambiati. Scott Miller e Tony Walmsley non allenano più Newcastle Jets e Central Coast Mariners (alla stagione decisiva: se non risolvono i problemi finanziari, verranno declassati): al loro posto due esordienti come Mark Jones e soprattutto Paul Okon. L’ex Lazio, dopo aver passato diverso tempo nei quadri federali, si mette alla prova con un club. Sarà una sfida complicata, vista la situazione dei Mariners. L’Australia è anche terra di talenti. Da Antonis a Taggart, passando per Garuccio, Sotirio e Brillante (tanto per citare i più famosi), tutti i giovani in rampa di lancio cercano l’ulteriore consacrazione. Le accademy funzionano, le nazionali giovanili fanno risultati – eccezion fatta per l’ultima spedizione dei Socceroos in Coppa d’Asia under 16 – e gli investimenti aumentano ogni anno. Australia nuovo mondo? Difficile dirlo ora. Certo è che nel paese del rugby, il calcio si sta ritagliando uno spazio sempre maggiore.
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