Trentasette anni. Tanti ne erano passati dall’ultimo derbi mallorquin. Trentasette anni, quasi quattro generazioni. Per dare meglio un’idea di cosa potesse essere allora la Spagna, e Mallorca più in generale, basti pensare che la nazione iberica era uscita dal franchismo soltanto cinque anni prima. Un’altra era, anche se sembra ieri, in un mondo che va sempre più veloce e lascia meno spazio ai ricordi per proiettarsi nel futuro. Da quel derby, il Mallorca e l’Atletico Baleares hanno compiuto percorsi diversi: i bermellones hanno conosciuto la prima divisione del calcio spagnolo per sedici anni filati, con una parentesi, a cavallo fra la fine degli anni ’90 ed i primi del ’00, da protagonisti del calcio spagnolo. In quel periodo infatti il Mallorca ha vinto una Copa del Rey (2002-2003) ed una Supercopa de España (1998) classificandosi in seconda piazza, in entrambe le competizioni, per due volte. Oltre a questi successi, sono da ricordare anche i numerosi piazzamenti in Europa e l’incredibile avventura in Coppa delle Coppe nella stagione 98-99, terminata solo in finale. L’Atletico Baleares invece ha sempre navigato fra Segunda B e Tercera, con una stagione addirittura in Preferente, nella quale le categorie di differenza dall’altra squadra di Palma furono addirittura quattro. La premessa è necessaria, perché la settimana qui a Mallorca è stata vissuta proprio all’insegna del passato, di quei ricordi che sembravano ormai dimenticati e che sono improvvisamente rifioriti, trentasette anni dopo. Nuestro suelo es vuestro techo, hanno ripetuto i tifosi bermellones negli ultimi giorni, a marcare la differenza storica fra le due squadre; acostumbrense a vuestro techo, è stata invece la risposta dei balearici. Il passato è il passato, il tetto della Segunda B è uguale per tutti.
L’atmosfera
Il clima intorno Son Malferit, lo stadio dell’Atletico Baleares, comincia a surriscaldarsi presto. Già dalle 16.30 le prime code: per entrare, per acquistare gli ultimi biglietti, per cercare uno spazio dove parcheggiare. Eppure la partita non inizia che alle 19. Tanta infatti è la voglia di derby che l’atmosfera pre-partita potrebbe ingannare uno sprovveduto, nulla lascia presagire che il match è “solo” di Segunda B. C’è tempo anche per qualche contatto all’esterno, dove un gruppetto di tifosi del Mallorca tenta l’attacco al bar appena fuori l’impianto, luogo di ritrovo dei balearici prima di qualsiasi partita; in quel momento però sono presenti perlopiù famiglie, la polizia è presente solo nei punti, per loro, nevralgici dello stadio e così viene consumata l’aggressione. Fortunatamente niente di grave, grazie alla rapida risposta di alcuni tifosi dell’Atletico Baleares, e la guardia civil una volta accorsa sul posto può procedere all’identificazione di tre supporters bermellones.
Manca poco alle 19, i ritardatari si affrettano a trovare uno spazio dove poter vedere la partita, il settore degli ultras balearici invece è pieno già da un’oretta e fervono i preparativi per la coreografia; anche il presidente dell’Atletico Baleares con il suo DS si aggirano senza sosta nello stadio, fra un saluto, una promessa “no serà el ultimo!” ed una scappata negli spogliatoi dalla quale ne esce solo dopo una decina di minuti, verosimilmente per caricare i suoi. Entrano in campo le squadre, si srotola la coreografia dei supporters di casa accompagnata da una sciarpata, mentre la tribuna colora il proprio settore con palloncini blancos azules. Anche lo spicchio del Mallorca si trasforma, come un’unica entità rossa, anzi vermiglio, dal quale deriva il loro soprannome di bermellones. Non è mancato nulla, sin qui, degli ingredienti di un derby. Sono le 19.05, dopo trentasette anni la stracittadina di Palma è finalmente iniziata.
La partita
I primi venti minuti sono più intensi sugli spalti che non sul terreno di gioco, fasi di studio ma non solo, perché entrambe le squadre dietro sono chiuse a doppia mandata. Ma tutti i derby sono una polveriera, in attesa della scintilla giusta che incendi il campo. Scintilla che puntualmente arriva, sotto forma di due calci di rigore negati all’Atletico Baleares; entrambi vedono protagonista Gerard Oliva: nel primo episodio, al minuto 22, viene atterrato, anche se sarebbe meglio usare la parola schienato, in area dopo un prolungato abbraccio di un difensore maiorchino. Nel secondo, tre minuti dopo, l’attaccante balearico lanciato a rete viene travolto, ma per il giudice di gara è un normale spalla contro spalla. Non si capisce come l’arbitro, pur posizionato bene, decida di far proseguire, specialmente sul primo contatto, senza dubbio il fallo più netto fra i due episodi. L’Atletico Baleares reaziona alla doppia ingiustizia cominciando a farsi sempre più presente nella trequarti avversaria. Al 27° Kike Lopez s’inventa una percussione irresistibile sulla banda destra ed arriva sul fondo per il traversone, ne nasce un cross rasoterra per il ben posizionato Xisco che però cicca la palla da buona posizione. Questa l’occasione migliore dei primi quarantacinque minuti, nei quali non c’è stato nessun tiro in porta ma che l’Atletico Baleares vincerebbe ai punti. Irriconoscibile il Mallorca, presente soltanto con due tiri dalla distanza che non hanno creato problemi ad Aulestia, così come l’arbitro, che si è visto sfuggire di mano la gara dopo gli episodi dei due penalty.
La seconda frazione di gioco comincia con l’episodio che indirizzerà il match. Protagonisti? Ancora Gerard Oliva e l’arbitro, ovviamente. Premessa, anche qui necessaria: Reina, estremo difensore del Mallorca, era già stato protagonista nel primo tempo di una simulazione surrealista, talmente irreale che sarebbe stata apprezzata da Joan Miró, forse il mallorquin d’adozione più famoso dell’isola. Ma il suo capolavoro, Reina, doveva ancora dipingerlo. Minuto 50: un pallone innocuo arriva fra le braccia dell’estremo difensore, rincorso solo da Oliva. Come quasi sempre in questi casi, il portiere stoppa il pallone con i piedi ed attende l’arrivo dell’attaccante per farlo suo con i guantoni; appena accenna la presa, il delantero balearico prova, senza cattiveria ma soprattutto senza contatto, ad arrivare per primo sulla palla allungando la gamba, magari per approfittare di un’indecisione dell’ultimo momento di Reina. In questo preciso istante il portiere cade, crolla, neanche fosse stato schienato in area o travolto da un difensore che arriva alle spalle a tutta velocità. Chi (ci) cade però è anche l’arbitro, che ammonisce Oliva per ben due volte, senza che avesse mai preso il primo giallo, e dopo qualche secondo lo espelle. Qualche parola di troppo? Ripensamento sulla gravità del fallo? L’attaccante catalano, nel dopo partita, assicura di non aver detto nulla alla terna, ma il tabellino dice Atletico Baleares in dieci uomini. Non pago di questa sua personale pagina di protagonismo, il giudice di gara butta fuori anche l’allenatore ed il preparatore fisico dei balearici. Ne scaturisce una partita incattivita, continuamente spezzettata fino al 96°. Eppure, nonostante l’uomo in più, l’unica occasione buona per il Mallorca nasce da un retropassaggio sbagliato di Xisco e ben intercettato da Cedric, che solo davanti ad Aulestia tira fuori. L’Atletico non si dà per vinto, anche grazie alla straordinaria spinta proveniente dagli spalti, ma se prima trovare spazi era difficile, in dieci le cose si complicano ulteriormente. I balearici creano qualche pericolo solo dalla distanza e con qualche percussione dalla fascia sinistra, dove Guasp, alla prima da titolare in questa stagione, è molto bravo in copertura ed in fase propositiva. Lui, Fullana e Xisco, in quest’ordine, i migliori giocatori del match.
L’eredità di questo derby
La partita termina 0-0 senza ulteriori sussulti, con il più classico dei “cosa sarebbe successo” se Oliva non fosse stato espulso. Il derby consacra l’Atletico Baleares come una delle pretendenti a lottare per la promozione, non è stato un caso infatti se la squadra di Armando de la Morena ha tenuto il campo in maniera eccezionale, contro la favorita del gruppo ed in dieci uomini per quasi tutto il secondo tempo. La fase difensiva in particolare è stata positiva contro uno degli attacchi più forti della Segunda B e, nonostante l’espulsione, è stato ottimo il lavoro di Oliva davanti. Tutto un altro passo, e gioco, rispetto a Becchio lo scorso anno. Il Mallorca ne esce leggermente ridimensionato, non tanto sul ruolo di favorita quanto sul piano del gioco. I bermellones devono soprattutto migliorare nella fase offensiva, dove Cedric e Lago, i due giocatori che più di tutti nel Mallorca sono fuori categoria, restano isolati per lunghi spezzoni della gara e vengono cercati solamente dai soliti, inutili, palloni lunghi a scavalcare il centrocampo. Di trasferte difficili come quella di oggi al Son Malferit ne è piena la Segunda B, i maiorchini faranno bene a non regalare più un tempo come oggi, perché non sempre gli episodi girano a favore.
La prossima stracittadina lancerà entrambe verso la volata finale in campionato, con appuntamento fissato per il ritorno: il 21 gennaio al Son Moix. Probabilmente nessun tifoso, balearico o bermellon, lo ammetterà mai in pubblico, ma il sogno è che entrambe le squadre possano incontrarsi di nuovo, fra un anno, una categoria più in alto rispetto a dove sono ora. Per il Mallorca sarebbe solo un passo verso il ritorno in Liga, per l’Atletico Baleares il coronamento di un progetto sano ed organizzato, che non merita la Segunda B.
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