Lukasz Teodorczyk. Mi sento di dover partire da lontano, un po’ come quando l’epica applicata al soggetto debba essere ricostruita tramite degli stadi di repulsione e attrazione, in grado di far capire al lettore che la persona di cui stiamo parlando è un’entità fisica e nulla più. E’ strano parlare di un’entità solamente fisica (e che entità: qui parliamo di 185 centimetri di puro odio, rinforzato da una corazza tipica polacca) quando il soggetto di cui parliamo compirà il prossimo 3 giugno 26 anni, e nella piena maturazione calcistica arriverà molto presumibilmente ad indossare la maglia di un top team europeo (si parla di Milan,Torino e Fiorentina solo in Italia, ma quasi sicuramente andrà all’Everton per sostituire il partente Romelu Lukaku; solo piccole congetture astronomiche indicano che il “loco” d’esplosione dei due giovanotti sia stata la quanto mai ridente Anderlecht).
Quando dico partiamo da lontano, intendo dall’assoluto nulla che attribuiamo in merito all’attrattiva che pone agli occhi dei suoi turisti la città di Zuromin, comune rurale polacco nel voivodato della Masovia, a 120 kilometri dalla prospettiva aurea di un passaggio a Varsavia: Zuromin in definitiva, con i suoi 13000 abitanti, è il luogo perfetto per ritirarsi in tranquillità dopo anni seviziosi e assordanti, posto che potrebbe essere appropriato per ridiscutere il concetto di “noia”; dopo questa breve identificazione del passaggio, non possiamo che affermare che un’entità fisica come Teodorczyk sia il soggetto ideale, creato in provetta, in grado di sopravvivere in questo lurido nulla angosciante. E’ in questa scenografia sicuramente tratta dai “Cohen Brothers”, che la famiglia Teodorczyk vive da almeno 4 generazioni, uno stillicidio che riduce ad una fotografia misera quello che sarebbe stato il futuro se Lukasz avesse seguito l’impronta familiare. Ci si dovrebbe impressionare alla sola vista della vivacità del piccolo Lukasz nei primi anni di vita: ci si dovrebbe impressionare anche se è normale che un bambino lo sia, anche se è normale che un bambino abbia bisogno di attività fisica attua solo all’aspetto ludico; invece ci impressioneremo, perché l’entità mentale di Lukasz Teodorczyk decreta la sua fine con l’inizio della comprensione del mondo esterno, da lì non esisterà più il Lukasz “attivo”. Riuscendo a comprendere i primi movimenti “familiari” dentro e fuori casa, il signor e la signora Teodorczyk non sono proprio quella famiglia in grado di riuscire a mantenere un perfetto equilibrio familiare, o almeno in grado di riuscire a risolvere i loro problemi nascondendoli ai propri figli: Tomasz il maggiore, Lukasz e il minore Czarek. Partendo da un contesto ambientale in cui la più vivida accellerazione del battito cardiaco poteva essere assunta solamente per una cena nell’unico ristorante “Karczma Mlyn at Dworek Wapionka”, i coniugi Teodorczyk non avevano fatto altro che aumentare la difficoltà di un mondo senza aspettative, soprattutto con l’alcolismo nemmeno tanto nascosto del signor Teodorczyk: diciamo che questo vaso di Pandora completamente distrutto quando Lukasz aveva poco più di 10 anni, conteneva oltre all’alcolismo e le conseguenti perdite lavorative del padre, le tracce di una madre sofferente in un matrimonio senza uscite, ma soprattutto una povertà e una miseria che hanno costretto la famiglia ad arrangiarsi in modi estremi; i due esempi più significativi sono la comparsa quasi giornaliera delle custodie cautelari a causa della perdita del lavoro del padre per l’alcol, e l’arresto del fratello maggiore per tossicodipendenza e furti. In uno squallore del genere, solamente l’incertezza nascosta in un atteggiamento arrogante e la mole di lavoro autoinflittasi, poteva costituire un’ancora di salvataggio per Lukasz Teodorczyk (non a caso sue foto sono stampate nel liceo di Zuromin, come esempio di volontà oltre i mezzi). E cosa se non quella sfera di cuoio poteva salvare la vita di un giovane disadatto in cerca di una storia: penso praticamente nulla poiché fortunatamente il suicidio non è mai stato contemplato: per questo motivo lo sgraziatissimo biondo di Zuromin incomincia a sognare Varsavia, croce e delizia di un calcio polacco che non ha avuto tante alternative se non a Poznan.
Il viaggio iniziato nella squadra cittadina del Wrka Zuromin, in cui il ruolo di punta centrale era l’unico rimasto a causa della mancanza logistica di calciatori, lo protrae dal 2006 al 2010, dove dopo un’anno di juniores riesce a collezionare un buon numero di presenze che gli permetteranno di entrare nella lista dei desideri di una squadra abbastanza particolare: il Klub Sportowy Piłkarski Polonia Warszawa è una delle squadre con più storia della Polonia, ma è una delle pochissime ad aver dichiarato fallimento almeno 15 volte dal 1911; infatti dopo aver acquisito nel 2008 il titolo di una squadra partecipante al Ekstraklasa (la squadra era la quartultima in classifica: Dyskobolia), conquistandosi la partecipazione nella massima serie, ha visto naufragare i sogni di gloria nel 2013, dopo che l’allora presidente non sarebbe riuscito a pagare nemmeno la quota iniziale del campionato. Tra il 2010 e il 2013 però Lukasz Teodorczyk decide di affermare il suo status come attaccante eclettico, in grado di fare la prima e la seconda punta, in grado di essere un ariete arrestabile, ma soprattutto di appartenere a quella stretta cerchia di attaccanti in grado di saper offendere con entrambi i piedi: praticamente di essere il terminale offensivo perfetto per un tridente. Il primo anno nella Youth League indossa le vesti del capocannoniere con 15 goal in 21 match, attirando le attenzioni dell’Under 20 della Polonia, per cui esordirà in maniera clamorosa contro l’Albania: doppietta all’esordio e avviso al suo metro di paragone nella nazionale maggiore Lewandowsky; i’m ready. All’inizio dell’annata 2011/2012 sembra che il destino voglia farlo ritornare nel buio della cantinola di Zuromin, che gli voglia preservare qualsiasi attestato di grandezza a causa di un infortunio nel suo primo allenamento con la prima squadra che avrebbe giocato la massima divisione: dopo aver udito dapprima parole tranquillizzanti da parte dei medici, la diagnosi è chiara; lesione del polpaccio e 6 mesi fuori. Guardare la realtà che ti passa davanti, l’occasione sempre più improbabile di combattere la sfortuna che lo perseguita lo demoralizza, lo restituisce come un ragazzo che sembra sul punto di ma non ci riesce mai. Torna dall’infortunio e riesce almeno a proporre qualche numero, come il primo goal in partite ufficiali contro il Lech a cui ne seguiranno altri 3 in 11 partite, diventando punto fisso della selezione Under 21 polacca con cui colleziona 6 presenze e 2 goal. L’anno 2012-2013 sembra essere proprio il suo anno, maglia da titolare numero 10 sulle spalle e numeri da capogiro: oltre all’innato senso del gol, la sua tecnica di base incomincia ad avere un’evoluzione in grado di renderlo un pericolo pubblico anche nel conto degli assist; a gennaio si contano 11 partite con 5 goal e 6 assist e sembra ormai inevitabile la sua ascesa ai massimi livelli del campionato polacco. Con i “Ferrovieri” del Lech Poznan che pagano 100 mila euro per prelevarlo a gennaio dalla sua squadra, Lukasz Teodoczyk sembra essere diventato “the new Polish Striker” con l’attestazione di stima nei suoi confronti da parte di Robert Lewandowsky. E’ proprio lì che viene fuori il bambino, il dinoccolato Lukasz che osservava la “guerra” domestica dei suoi genitori in silenzio, tutto il dolore e la povertà che i primi anni della sua vita gli hanno scaraventato addosso senza tanti complimenti; forse è l’ultima volta che vedremo Lukasz Teodorczyk in difficoltà, proteso ad accettare una parola di conforto da qualcun altro che non sia se stesso, è lì che scompare definitivamente l’entità mentale di questo calciatore. I primi 6 mesi sono il racconto di questo inferno in cui non riuscirà a dimostrare il suo valore, anzi le sue debolezze saranno accentuate dall’incredibile perdita del campionato polacco da parte del Lech Poznan. Dopo un’estate passato a Zuronim in ritiro spirituale e fisico si presente ai nastri di partenza della stagione 2013/2014 del campionato polacco, con uno sguardo totalmente diverso, un ragazzo solamente concentrato sui suoi obbiettivi calcistici, in grado di nascondersi in ogni intervista e in ogni apparizione pubblica dell’intera stagione: non c’è storia quando questo decide di giocare a calcio, Lech Poznan festeggia il titolo con 10 punti sul Legia Varsavia, Lukasz Teodorczyk capocannoniere con 19 goal e 7 assist in campionato, a cui devono essere aggiunti anche i 4 goal e 2 assist in Europa League; è la cosa più vicina ad un realizzatore che si vedesse in Polonia da Lewandowsky, con l’aggiunto di un corredo tecnico in grado di seviziare gli avversari con rifiniture per i compagni precisissime.
E’ tempo di migrare, e anche Teodorczyk sa di doversi confrontare con un calcio molto più competitivo: arrivano offerte dall’Italia (Genoa e Torino), dalla Spagna (Granada), ma un cuore freddo può trasferirsi nella South Europe che ha fatto la fortuna dei più grandi calciatori dell’ultimo ventennio? Certo che no, infatti dopo aver scambiato quattro chiacchiere con l’allenatore della Dinamo Kiev, si trasferisce in Ucraina dove il suo destino lo attende ancora ricolmo di sorprese (si trasferisce il 27 agosto, dopo aver affrontato le prime 4 partite in campionato, collezionando 4 goal e 3 assist, solo per far capire quanto sia eccentrico il ragazzo). Arrivato a Kiev, decide di fratturarsi il perone nella maniera più assurda possibile: per recuperare un pallone che stava per terminare in calcio d’angolo, decide di lanciarsi in un salto inaudito, in cui il piede gli rimarrà sotto; siamo a maggio del 2015 e il suo primo anno termina in questa maniera orrenda dopo aver siglato solamente 5 goal e 1 assist in 13 presenze. I 6 mesi fuori, lontani dal suo paese, sembrano molto più lunghi di quelli attribuibili nel 2012 alla lesione del polpaccio. La sua avventura in Ucraina è un continuo alti e bassi anche per la seconda stagione, in cui non troverà mai la sua forma perfetta, ma riuscirà a siglare almeno 8 goal in 20 partite totali tra campionato, Champions ed Europa League: vincerà due scudetti mai totalmente suoi, mai da protagonista, mai da salvatore della patria. Sembra essersi aperta una ferita in lui, qualcosa che non lo riesce a soddisfare sta prendendo i migliori anni della sua carriera e lo sta rispedendo verso il nulla di Zuronim: potrei affermare con certezza che sembra essere una continua fuga dal suo passato il suo decorso calcistico, una continua corsa con una pistola che lo punta da lontano, come a ricordargli dove la sua mente è riposta.
E’ arrivato ormai il periodo del calcio mercato dello scorso giugno, e l’Anderlecht dopo la vendita al Watford di Stefano Okaka Chuka, deve pensare all’ariete offensivo che potrebbe prendere il suo posto: Renè Weiler ha un solo nome: Lukasz Teodorczyk. L’attuale stagione, senza sè e senza ma, ha definito “the new Polish Striker” come il prototipo dell’ariete offensivo in un attacco a tre: Lukasz è riuscito già dalla prima partita ad intendersi in maniera fondamentale con tutta la squadra con un accordo tacito; dentro al campo ci penso io, fuori dal campo aiutatemi. E’ indiscutibile l’intesa creatasi tra Sofiane Hanni e il polacco, una relazione calcistica che ha i connotati amorosi del romanticismo ma che tradotta in freddi numeri ha portato all’Anderlecht: 38 goal (28 del polacco e 10 dell’algerino) e 19 assist (4 del polacco e 15 dell’algerino, quasi tutti praticamente per lui). L’Anderlecht ha un diritto di riscatto comprensibile in 4,2 milioni di euro da versare nelle casse della Dinamo Kiev, per riscattare uno dei prossimi uomini mercato della stagione 2017/2018: si sentono voci di disaccordo sugli attuali ricavi contrattuali del polacco, in cui una figura non propria diplomatica come l’agente Kubacki Marcin, sta sguazzando in cerca di rivendita ad un top team per agosto; l’unica voce sensata rimane quella del bambino di Zuronim seduto sul divano a guardare la desolazione, forse solamente lui sa come precederà questa lunga fuga dal passato.