I grandi allenatori vanno nelle grandi società e le grandi società cercano i grandi allenatori, ecco come si sono trovati nell’estate 2017 Roberto Mancini e lo Zenit San Pietroburgo. Il tecnico jesino è tra i più vincenti e quotati degli ultimi vent’anni nonostante manchi la tanto attesa affermazione internazionale.
Alexander Dyukov, presidente della squadra e padrone della Gazprom, stufo delle ultime due stagioni che hanno visto lo Zenit finire sempre al terzo posto, quindi fuori dalla Champions League, ha riprovato l’operazione italiana che tanti successi aveva portato con Luciano Spalletti. Mancini ha accettato immediatamente il ritorno in panchina dopo un anno di inattività e un burrascoso secondo addio con l’Inter. Dopo l’Inghilterra e la Turchia, per il Mancio è cominciata una nuova avventura estera, partita con ottime sensazioni e discreti risultati .
Lo Zenit ha cominciato con 8 vittorie in 11 giornate, tre pareggi, quattro punti di distacco dalla Lokomotiv Mosca seconda e inflitto un pesantissimo 5-1 allo Spartak campione in carica. Tutto sembrava andare per il meglio anche grazie a un undici iniziale sempre differente e ai vari cambi di modulo. Si passa dal 4-4-2 del trionfo con lo Spartak con Kokorin e Driussi in attacco ad un 4-3-3 nelle notti europee con gli inserimenti di Emiliano Rigoni e Dmitri Poloz.
A un tratto qualcosa si interruppe per colpa del suo torneo per eccellenza, la coppa nazionale. Da calciatore ha vinto sei Coppe Italia e da allenatore quattro volte ancora in Italia, una in Inghilterra e una in Turchia, ma in Russia il destino è differente. Al primo turno subito il derby con la piccola Dinamo San Pietroburgo che dopo 120′, un’espulsione di Mevlja e un divertente 3-2 per una volta riuscì a far gioire la parte povera e meno nota della città. Se in un primo momento la squadra di Mancini sembrava reagire grazia alla vittoria nella difficile trasferta di Krasnodar e a quella per 3-1 con la Real Sociedad in Europa League, successivamente si trovò a fare i conti con la prima piccola crisi della stagione. Una terribile sequenza di soli tre punti in cinque partite con due sconfitte in casa contro l’Arsenal Tula e nello diretto con la Lokomotiv nell’ultima sfida del girone d’andata sono costate la perdita della vetta.
L’anno sta proseguendo sempre peggio e i 7 punti di ritardo dai moscoviti a dieci giornate dal termine sembrano irrecuperabili e il Krasnodar, quarto e prima squadra fuori dalla Champions, dista solo un punto. Anche quest’anno Mancini ha mantenuto la sua fama di “allenatore che fa spendere” e i 71 milioni spesi per i soli Paredes dalla Roma, Mammana dal Lione, Rigoni dall’Independiente, Driussi dal River Plate e Kranevitter dall’Atletico Madrid devono essere ripagati. Come attenuanti ci sono sicuramente la giovane età di questi talentuosi calciatori e la loro poca confidenza con il calcio russo ma un crollo così drammatico in queste ultime nove giornate è davvero poco spiegabile.
Troppi pensieri per una possibile chiamata della nazionale italiana? Lo scopriremo, ma intanto ha tempo fino a febbraio per riorganizzare le idee e preparare al meglio la doppia sfida di Europa League, sogno più grande della stagione, contro il Celtic. Il tecnico marchigiano ha già avuto a che fare, sempre nei sedicesimi di finale, nel 2015 con gli scozzesi quando era alla guida dell’Inter e si augura che la storia possa ripetersi come allora.