Lisbona come un incubo: Da Luz o Alvalade non fa alcuna differenza. L’Atlético Madrid ancora fuori nella città dei suoi fantasmi, stavolta non da eroe battuto all’ultimo, ma da perdente imbarazzato, sconfitto in maniera meritata da una squadra a cui non si chiedeva assolutamente nulla dopo il bel tragitto.
L’eliminazione è un colpo bassissimo, perché in questo periodo di flessione dei Colchoneros, questa sembrava essere l’unica stagione buona per provare a credere in quel sogno volato via prima a Lisbona e poi a Milano, sempre in una finale con il Real. Zero Champions League nella propria storia, tre finali perse su tre, nessuno ha fatto peggio tra chi non ha mai vinto il torneo. La prospettiva peggiore è quella che sembra anche non esserci soluzione a questo problema, per una squadra che ha trovato la sua identità e la sua anima solo nell’impegno più difficile, dimenticandosi che le partite in cui si è favoriti non sono per forza concluse in partenza.
Nella sfida contro il Lipsia sono stati tantissimi i limiti dell’Atlético Madrid, dal campo alla panchina. L’assenza di Thomas è stata quella che si è fatta sentire più di tutte: il ghanese è la garanzia di interdizione e tempi di gioco, la miccia per mettere in moto Koke e Saúl che, al fianco di un Herrera quasi preoccupante per la sua orribile stagione, non hanno saputo dare il solito contributo.
Le presenze che invece hanno fatto danni sono state quelle di Diego Costa e di Kieran Trippier. Il centravanti è ormai il ricordo di se stesso, reduce da una stagione decisamente negativa che rende quasi incomprensibile la scelta di mandarlo in campo e soprattutto di tenercelo per 70 minuti. Trippier invece ha ancora una volta dimostrato l’inadeguatezza della sua posizione a certi livelli: gode di una buona stima, sicuramente ingiustificata, derivata dalla sua esperienza al Tottenham con cui ha raggiunto la finale di Champions. Ma non è certo un giocatore da Champions, come dimostra la sua prova horror in fase difensiva: ok il buon piede, ok l’esperienza, ma già ad Anfield era stato necessario sostituirlo per evitare di affogare, e gli errori di Lisbona sono francamente imperdonabili. Ha straperso il faccia a faccia con Angeliño, un talento che la Spagna dovrebbe sbrigarsi a riportare a casa, ma soprattutto è uscito senza motivo addosso al pallone nell’azione del gol decisivo lasciando totalmente vuota la sua fascia, da cui poi è nato l’assist vincente.
Le colpe però stavolta vanno date anche a Simeone, che per quanto sia il vero simbolo di questa squadra, contro il Lipsia non ne ha azzeccata una. Troppa sicurezza, quasi un turnover in vista del Psg: inaccettabile a certi livelli, così come è inaccettabile lasciare fuori il capocannoniere della stagione Morata per tenere dentro un Diego Costa inesistente. Anche João Félix, con tutti i difetti di una stagione non particolarmente altisonante, ha dato uno strappo incredibile alla partita, ma viene da chiedersi perché se ne sia vista più di metà dalla panchina.
Ancora una volta per l’Atlético è un punto e a capo, un ritenta per l’anno prossimo. Ma stavolta con una rivoluzione già effettuata e senza risultati, con tantissimi dubbi per capire se effettivamente questa squadra potrà mai riuscire a vincere una Champions. Di certo non a Lisbona.