C’è chi aspettava questo momento da tutta la vita: tante generazioni non hanno mai visto l’Argentina, una delle nazionali storiche del gioco del calcio, vincere nulla. Eccezion fatta per l’oro olimpico di Atene, che però non ha il valore della nazionale maggiore, erano 28 anni che l’Albiceleste non dava una spolverata alla bacheca.
E allora ha dovuto fare la guerra coi propri fantasmi e prendersi le proprie rivincite una ad una: la chiusura del cerchio è stata battere il Brasile al Maracanã, lo stesso stadio del grande trauma del Mondiale 2014 dove arrivò la deludente sconfitta contro la Germania al supplementare. Tante cose sono cambiate da quel giorno, ma una ha inciso più di tutte: allora non c’era Di María, grande assente per via di un infortunio, stavolta sì. E non è un caso che sia stato proprio lui a decidere la partita più importante della storia dell’Argentina nel nuovo millennio.
Gritemos fuerte y unidos…
🏆 🇦🇷 🔥 ¡¡¡SOMOS CAMPEONES!!! 🔥 🇦🇷 🏆 pic.twitter.com/i8aiWz8slt
— Selección Argentina 🇦🇷 (@Argentina) July 11, 2021
Il Fideo che regala la più grande gioia anche al suo amico Messi: ha aspettato per tutta la vita questo momento, quello di scacciare l’ultimo fantasma che gli era rimasto. Ha vissuto tutta la Copa da protagonista, ha giocato come mai gli era capitato con la maglia della nazionale, ma alla fine ha scelto che il gol del titolo lo segnasse un amico fidato. Pallonetto stupendo di Di María su un assist geniale di De Paul. Quanto basta per battere un Brasile arrivato senza la compattezza di due anni fa, forse frastornato dalle difficoltà di spogliatoio e dell’ambiente nazionale poco vicino alla squadra.
Una vittoria di sofferenza, sicuramente con l’umiltà di capire che i più forti erano gli altri. Più forti sì, ma non imbattibili: Scaloni si è messo a difendere quello che poteva e alla fine ha trovato un successo che entra nella storia, che cancella le pagine più brutte del calcio argentino. Oggi di nuovo d’élite mondiale, con una vittoria che non potrà essere dimenticata. C’è un Maracanazo anche nel nuovo millennio, stavolta con firma argentina