Il Flamengo è campione della Copa Libertadores 2019, ma non lo è per caso. E neanche in maniera banale. Perché il suo successo è arrivato con il finale più incredibile, quasi come se Manchester United-Bayern Monaco del Camp Nou 1999 si fosse ripetuta a Lima a vent’anni di distanza. Tutto faceva presagire a un ennesimo successo del River, ancora una volta con Gallardo come interprete principale a cui tessere le lodi, e invece in tre minuti si è girato tutto.
Grazie a Gabigol, fantasma per praticamente tutta la partita eccezion fatta per un gol sbagliato a porta vuota, ma eroe assoluto del finale. Due gol e un espulsione che conta quel che conta. L’impronta sulla finale di Lima, la più incredibile degli ultimi anni, la prima di sempre a partita secca. L’ha decisa l’uomo più importante, quello da 40 gol stagionali, capocannoniere di tutto e diamante di un attacco che segna da impazzire.
NO MELHOR ESTILO FLAMENGO! BICAMPEÃO DA LIBERTA!
FICOU MARCADO NA HISTÓRIA! REALIZAMOS O SONHO DA NOSSA NAÇÃO! #VencemosJuntos #EsseÉONossoLugar pic.twitter.com/wI04pHrJvr
— Flamengo (@Flamengo) November 23, 2019
Perché Gabigol è solo il terminale di un vero e proprio squadrone, a partire dalla porta. Alves ha il record di rigori parati nella Liga spagnola, non è certo uno qualsiasi. Così come Filipe Luis e Rafinha, terzini che in carriera le finali le hanno viste anche di Champions League, o come Rodrigo Caio che una grande carriera europea sembra pronto per poterla affrontare. Solidità difensiva scalfita solo dall’acuto iniziale di Santos Borré, favorito da un velo forse involontario di Matias Suárez, ma poi mai messa seriamente in discussione.
E di livello anche la zona centrale del campo, con un Gerson che sembra totalmente padrone della fase d’impostazione al contrario di quanto visto tra Roma e Firenze, e Arão che non avrà giocato una grande finale ma è stato un pezzo importante per portarcela la squadra in finale. Diego è subentrato e ha fatto la differenza. la qualità dell’ex Juve non è mai stata messa in discussione, il suo stato fisico sì visto che recuperava da un infortunio, ma la classe ha avuto la meglio sugli acciacchi e il suo subentro è stato fenomenale.
Poi davanti l’imbarazzo della scelta: perché se Gabigol è il capocannoniere, Bruno Henrique è il secondo nella classifica marcatori di campionato e Copa, uno capace di segnare con una continuità impressionante. Eppure a giudizio unanime il miglior in campo della finale non è stato uno di loro, e nemmeno De Arrascaeta, il miglior 10 del Sudamerica. Ma Everton Ribeiro, un mancino di una classe impressionante a cui forse è mancato solo un po’ di passo per poter fare il fuoriclasse anche in Europa.
Una squadra così merita una competizione come la Libertadores, merita un finale così emozionante come quello di Lima. Contro un grande River che però si è piegato alla mistica del torneo, forse tornando un po’ gallina come non gli accadeva da anni.