Dean Smith è l’unico allenatore inglese presente nella top 10 della Premier con la sua Aston Villa. Il cambiamento radicale che il calcio inglese ha visto in questi anni è evidente. Si è arrivati a una rapida globalizzazione a tutto tondo, tra allenatori, presidenti e stelle delle squadre provenienti da ogni lato del mondo. E’ un un aspetto curioso collegato inevitabilmente con il fatto che non ci siano più allenatori inglesi vincenti. Il palmarès di questi manager è paradossale: nessuno di loro ha mai vinto un titolo di Premier League. I tempi di Brian Clough e Bob Paisley sembrano così, lontani di millenni.
Nonostante ciò, in quest’ultimo anno ha spiccato la figura di Dean Smith. Smith nella Premier è un baluardo per gli allenatori inglesi, insieme a Wilder (Sheffield) e Potter (Brighton), che cammina con in mano la sua croce personale e una radiolina attorno al collo che suona “God save the queen”. Al di là dell’immaginazione, è evidente come il lavoro di Smith con il suo Aston Villa è stato eccezionale. Restituire la nobiltà perduta a una squadra storicamente importante è stato l’obbiettivo principale nella testa di Smith, un allenatore che per carburare ha avuto bisogno di un po’ di rodaggio. Con la sua prima stagione in Premier conclusasi all’ultimo respiro, i tifosi gravitavano nel malcontento. Smith non stava rendendo dal punto di vista dei risultati.
Tuttavia per ottenere i risultati, gli elementi essenziali possono essere dei più disparati. Nel caso dell’Aston Villa sono stati un attento studio della rosa ma anche un importante rapporto con i ragazzi.
La filosofia di Dean Smith
Il calcio di Dean Smith è un calcio inglese rinnovato. Un calcio fatto di fame, agonismo ma anche di qualità che serve inevitabilmente per ottenere i risultati che contano. Una filosofia radicata nella personalità di Smith da quel che si evince dalle dichiarazioni del direttore operativo del Walsall, prima squadra in cui Smith ha allenato, Daniel Mole che al Guardian rivela: “Quando Dean è entrato in società come allenatore dell’accademia, sembrava non volesse continuare la sua carriera da manager. Eppure è uno in gamba, uno studioso, ha contribuito ha costruire una struttura della squadra per ottenere la promozione. E’ il migliore allenatore con cui ho lavorato perché ha qualità umane che a volte si perdono nel calcio.” Infatti la gavetta al Walsall è essenziale per delineare la figura del Dean Smith mostrata fino ad ora sulla panchina dell’Aston Villa.
Dalle interviste di Smith si nota tutto questo: l’etica del lavoro, la coesione del gruppo, ci tiene tanto a evidenziare queste caratteristiche. Dopo la sconfitta per 1-6 contro il Manchester City dello scorso gennaio 2020 Smith è andato a parlare singolarmente con ogni giocatore, chiedendogli di analizzare la propria prestazione. Non dovrebbe risultare straordinario come gesto ma invece lo è: non tutti gli allenatori della Premier lo fanno e forse è proprio questo il punto di forza di Smith che si ricollega alla gestione di un ambiente come il Walsall. È divertente vedere i manager della super globalizzata Premier League dire apertamente che fanno attenzione a queste semplici cose.
L’assenza di titoli vinti dai manager inglesi ha portato gli appassionati a domandarsi il perché di questo. Probabilmente la risposta sta che il calcio inglese ha fatto fatica ad adattarsi a uno sport in continua evoluzione. Le filosofie degli allenatori albionici considerati come dinosauri dalla palla lunga, sono distanti da quelle moderne fatte di giocatori tecnici, rapidi e leggeri sono state sorpassate. Dean Smith sul piano del gioco ha deciso allora di dare una nuova identità al proprio calcio proponendo una sorta di evoluzione.
Innanzitutto lo studio approfondito delle fasi difensive delle migliori squadre d’Europa. E’ risaputo che Smith dal primo periodo della pandemia, ha iniziato a confrontarsi con i suoi assistenti e i suoi giocatori su Zoom studiando a fondo le fasi difensive di Lazio, City e Liverpool visto e considerato la media alta di gol subiti a partita. Da evidenziare l’evoluzione di Konsa e Mings, pilastri della retroguardia Villans e il lavoro sporco eseguito da Matt Target.
? Burnley's defence has been a tough nut to crack of late, but Aston Villa will fancy their chances.
9⃣ Dean Smith's side rank second for goals scored (9) from set pieces with Tyrone Mings and Ezri Konsa chipping in with two each. pic.twitter.com/4ydyirNfs1
— Betfair (@Betfair) January 27, 2021
La squadra esprime un calcio veloce, aggressivo e tecnico: Barkley e Cash sono giocatori predisposti alla corsa e hanno anche quel fattore british tanto ricercato in determinati compiti. Non si può non citare il cambio di ruolo dato a Jack Grealish, capitano e stella della squadra, adattato dal ruolo di centrocampista centrale a quello di ala moderna dove sin da subito ha reso molto di più: gravitando nella parte alta sinistra del campo Grealish è diventato uno dei migliori giocatori di questa Premier League.
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L’ascesa dell’Aston Villa è data da una gestione del gruppo moderna, da una chiara idea di gioco, da un allenamento disciplinato e da investimenti seri e mirati. Una cosa è certa: i presupposti ci sono. Ora parleranno i fatti, Smith ha le carte in regola per riportare la sua Aston Villa in Europa, ai piani alti del calcio inglese, così come era successo nel 2010, prima dell’inesorabile tracollo. Nella stagione del 6º posto in panchina c’era un personaggio stimato in quel del Villa Park. Martin O’Neill, inglese ovviamente.