Il tempo della minore età è quasi terminato: Ansu Fati e Pedri nel giro di un mese saranno entrambi maggiorenni, destinati a diventare grandi. Non solo anagraficamente, ma anche nel mondo del calcio, che gradualmente li ha consacrati con la maglia che più di tutti nella storia del calcio ha visto diventare campioni i ragazzi del proprio settore giovanile. La scorsa stagione Fati si è mostrato al grande calcio, questa invece sembra aver steso il tappeto rosso all’ascesa di Pedri, una sorta di fratellino che dopo la titolarità nel Clásico e la partita da fenomeno in casa della Juventus ambisce a una parte da protagonista nella stagione blaugrana.
Così simili e così diversi, con la proiezione di diventare i volti simbolo della nuova era del Barcellona, la squadra che ha puntato su di loro giocando d’anticipo, senza la paura di affidare a due minorenni le proprie sorti in partite delicate. In comune hanno davvero tanto oltre al talento di primissimo livello: sono entrambi nati nell’autunno del 2002, Ansu il 31 ottobre, Pedri il 25 novembre; entrambi vengono dalle parti più meridionali dei confini spagnoli, uno dall’Andalusia e l’altro addirittura dalle Canarie, entrambi hanno un eccellente piede destro ed entrambi rappresentano la giusta scommessa per trovare dei degni eredi alla leggendaria generazione precedente.
Sembrano essere predisposti per fare una carriera assieme, come le grandi coppie del calcio. E per coesistere c’è bisogno che a queste affinità corrispondano anche delle differenze, e tra Ansu Fati e Pedri ce ne sono parecchie. Perché non bisogna fare l’errore di guardare con superficialità a due ragazzini che si affacciano al grande calcio con numeri e gol illusori, immaginandoli uguali. Perché a livello tecnico ci sono tantissime differenze, forse quelle giuste per creare un binomio destinato a durare nel tempo e a fare le fortune di un Barcellona che nel momento della sua più grande crisi degli ultimi quindici anni ha comunque la forza di poter sognare un grande futuro.
Ansu Fati lo conosciamo da più tempo: è velocissimo, è una punta esterna che ama partire da sinistra per sfruttare il piede destro verso il centro del campo. È esplosivo e ha quel passo pattinato quando punta l’uomo che ricorda le movenze in area di Samuel Eto’o, con cui condivide anche la zampata in allungo che anticipa il portiere. Ha uno stile perfettamente in linea coi tempi, rappresenta la punta ideale per un tridente del calcio moderno: imprevedibile e cinico, forte nel saltare l’uomo sia tagliando verso il centro che puntando la linea di fondo.
Pedri invece è più raffinato e meno sporco. Ha un’eleganza da artista, balla sul pallone, preferisce saltare l’uomo più da fermo che in velocità e quando si allunga la palla sa sempre come riprenderla, spesso attorcigliandosi su se stesso per sfruttare quel bellissimo tocco di suola che ha. Lo aveva fatto vedere al Las Palmas, ma paradossalmente è stato più di impatto col Barcellona: è più un creatore di occasioni che un rifinitore, al contrario di Fati; è pura tecnica in perfetto stile spagnolo.
Per il momento partono entrambi come degli esterni d’attacco, ma la deriva della loro carriera potrebbe progressivamente allontanarli da lì: Ansu Fati è destinato a fare di più la punta, magari sempre partendo largo ma con una vocazione intensa verso la porta. Pedri invece sembra più chiamato verso il centro del campo, con possibili adattamenti futuri da mezzala o da trequartista che richiamano forte il paragone con Iniesta, uno dei mattoni che dovrà portarsi addosso fino a quando non sarà forte a sufficienza per farne a meno.
La cosa fondamentale però è mantenere i piedi per terra, soffiare con i giusti respiri le 18 candeline di questi giorni e non volare troppo con la fantasia. Perché il potenziale per avere due campioni c’è: lo sanno loro, il Barcellona e anche la Spagna. Ma per non bruciarli servirà il giusto tatto, e allora sì che inizierà la nuova era.